Egitto e Marocco: un Esodo che non s'ha da vedere
Prima arrivano le proteste degli afro-americani perché Mosé e Ramses sono bianchi. Poi arriva la censura da parte di Egitto e Marocco. Perché è un film sionista per il primo e blasfemo per il secondo. Exodus, il kolossal biblico di Ridley Scott può non piacere, ma perché la censura?
Tempi molto duri per chi vuole girare un film. Qualunque film. Decidi di divertirti con un cine-panettone adolescenziale che prende in giro Kim Jong-un e subito scoppia un caso politico, diplomatico e una crisi di guerra informatica. Decidi di fare un film biblico? Peggio che andar di notte.
Ridley Scott ha lanciato il suo filmone post-natalizio da 140 milioni di dollari, Exodus, kolossal sul Libro dell’Esodo e ha subito trovato filo da torcere in America: come mai Mosé è interpretato da un attore bianco, così come Ramses il faraone d’Egitto, mentre i neri li si vede solo come schiavi? si chiedono i gruppi per i diritti umani e anti-razzisti. Lo scrittore David Dennis ha già definito la super-produzione biblica come un esempio di “colonialismo cinematografico dell’Africa”. Già Darren Aronofsky, nel suo Noah aveva fatto bianco Cam, ma proprio per evitare accuse di razzismo: Cam, figlio di Noè non fa propriamente una bella figura nella Bibbia. Ridley Scott non ha dimostrato altrettanta sensibilità nei confronti dei nuovi diritti e dei gruppi più sensibili e così si è beccato la risposta dal Web, dove è decollata la campagna di boicottaggio #BoycottExodusMovie. La prossima volta che un regista si occuperà di portare sullo schermo storie bibliche, riscriva l’Antico Testamento e rispetti le quote nere, e anche le quote rosa (e i diritti degli animali, i diritti degli abitanti di Sodoma e Gomorra e condanni la violenza contro i Filistei).
Ma se il boicottaggio degli afroamericani e di chi ne fa le veci era solo un antipasto di censura, il piatto forte è arrivato dal Nord Africa. Precisamente dall’Egitto e dal Marocco. Il film Exodus è stato censurato in entrambi i Paesi. In Egitto la motivazione ufficiale è quella della mancanza di accuratezza storica. Come in tutti i film sull’Esodo (anche quello più famoso, con Charlton Heston), gli ebrei sono rappresentati in condizione di schiavitù e costretti a costruire le piramidi. Questo, evidentemente, gli egiziani non lo accettano più, non perché neghino di aver usato schiavi, ma perché si offendono al solo pensiero che siano stati degli ebrei a costruire le loro piramidi (che per gli incalliti ufologi sono e restano opera degli alieni). Altra “imprecisione storica” è la rappresentazione del miracolo del Mar Rosso: la divisione delle acque, secondo la versione di Scott viene causata da un terremoto. Che miracolo resta, comunque.
Sembrano pretesti sufficienti per imporre in Egitto una censura di Stato? Ufficialmente sì. In pratica, però, al ministro della cultura Gaber Asfour, è sfuggita qualche parola in più: “film sionista per eccellenza, perché presenta la storia da un punto di vista sionista!”. Questa è una dichiarazione che vale più di ogni altra scusa. Perché in Egitto, così come nella maggioranza dei Paesi arabi e musulmani, gli ebrei non sono mai stati legati alla terra di Israele. E questa è la versione ufficiale, indipendentemente dal governo in carica (in Egitto il generale Al Sisi è un laico e lotta contro i fondamentalisti, ma la musica non cambia quando si tocca questo tasto). Le delegazioni europee, per esempio, non possono visitare in Israele mostre o musei che documentino l’antico Israele, quello biblico, prima della diaspora. Per gli archeologi egiziani e quelli provenienti da tutto il mondo musulmano, il Tempio di Gerusalemme non è mai esistito, è un falso storico. Per la storiografia diffusa in tutto il mondo arabo, Gerusalemme non è mai stata ebraica. Dietro a pretesti ben poco credibili, come la divisione delle acque rappresentata in modo errato o la domanda su chi abbia costruito le piramidi, i censori egiziani celano il loro vero motivo di ira: vedere Israele rappresentato come la terra promessa del popolo ebraico. E’ lo stesso Libro dell’Esodo ad essere inammissibile, non il modo in cui viene rappresentato. Inammissibile in un Egitto in cui, sia che governino gli islamici, sia che governino i laici, Israele è visto dal popolo come unico arcinemico, in barba a un trattato di pace che vige dal 1978. In un Paese in cui si festeggia ancora ufficialmente la vittoria della Guerra di Ottobre (1973), che nella realtà fu una sconfitta per gli egiziani, si può anche quasi comprendere.
Quel che si comprende ancora meno è il caso del Marocco che si è unito per ultimo alla campagna di censura del film biblico. Perché? I censori non hanno dato alcun ordine scritto, ma hanno amichevolmente suggerito alle sale cinematografiche e ai distributori di ritirare la pellicola. Ed Exodus è stato prontamente cancellato. Benché non vi sia un ordine scritto che lo documenti, il motivo della censura è religioso: Ridley Scott è colpevole di aver rappresentato Dio in forma umana. Questo dato dovrebbe preoccuparci maggiormente, perché, a partire dalla Cappella Sistina, noi abbiamo ovunque rappresentazioni di Dio in forma umana, ovunque, in tutti i nostri monumenti religiosi, nelle chiese, in quadri, affreschi, arazzi, statue. Il Marocco, che pure è il più laico, stabile e moderato fra i Paesi nordafricani, lo considera inammissibile e finisce per somigliare a quei terroristi iconoclasti che distruggono tutto ciò che rappresenta la figura umana, o divina non islamica. Sono episodi che fanno riflettere sui fragili confini che ci sono fra l’islam fondamentalista e quello che noi chiamiamo “moderato”.
Se questo è lo scandalo della censura di Exodus, ciò non implica che sia necessariamente un buon film. Anzi, dopo l’esempio di Le Crociate, un film che farebbe inorridire chiunque sia anche solo vagamente interessato alla storia, siamo quasi convinti che Ridley Scott abbia fatto un altro film pieno di errori storici, oltre che di forzature religiose. In un certo senso potremmo anche considerare l’anziano regista come vittima di un giusto contrappasso: Le Crociate era stato girato apposta per ribadire la condanna storica ai crociati e far passare l'islamico Saladino come un campione della tolleranza. Ora, due Stati musulmani, fra cui il suo amato Marocco (dove ha girato Le Crociate) non gli hanno mostrato riconoscenza. Se anche Exodus dovesse essere all’altezza delle (basse) aspettative, non ci asterremmo dal dirlo, come abbiamo già fatto con la versione vegana di Noah diretta da Aronofsky. Non è l’estetica ad essere in questione e nemmeno la fedeltà al testo biblico: ci sono tanti pessimi film in materia e vanno giustamente criticati. Non per questo devono essere censurati. E, soprattutto, non per questo devono essere censurati per quegli specifici motivi. Qui infatti ci troviamo di fronte alla protesta di chi vuole riscrivere la Bibbia in chiave afro-centrica, di chi vuol cancellare la storia di Israele e infine di chi vuol cancellare l’immagine di Dio. Di fronte a questa triplice morsa della censura, anche un capolavoro di Michelangelo verrebbe censurato.