Effetto Family Act: sul divorzio l'Ncd vota compatto no
Il disegno di legge sul cosiddetto divorzio breve, approvato in Commissione Giustizia, merita attenzione per i contenuti e per le ripercussioni politiche che ha avuto, fra i partiti e dentro i partiti. Pd e Forza Italia votano sì, mentre il Nuovo centro destra lo respinge. Ma anche nel Pd alcuni senatori si dissociano.
Il testo del disegno di legge sul cosiddetto divorzio breve, approvato in Commissione Giustizia, merita attenzione per i contenuti e per le ripercussioni politiche che ha avuto, fra i partiti e dentro i partiti. Partiamo dai contenuti. Il sistema in vigore fino a due mesi fa prevedeva che la domanda di divorzio fosse proponibile decorsi tre anni dalla comparizione delle parti davanti al presidente del tribunale per il giudizio di separazione personale. Quest’ultimo era ritenuto funzionale a prendere le distanze da una difficile convivenza/coabitazione: era un tempo che lasciava aperta la prospettiva di un ritorno alla vita comune (poco probabile, ma non impossibile), in virtù di una congrua esperienza di vita per conto proprio. Qualche settimana fa il Parlamento ha eliminato, quando vi sia il consenso dei coniugi e pur in presenza di figli minori, la figura del presidente del tribunale, o di un giudice suo delegato, essendo sufficiente un verbale redatto alla presenza di due avvocati, ovvero una doppia comparizione – con un intervallo di un mese fra la prima e la seconda – davanti al sindaco, o a un impiegato comunale suo delegato.
La privatizzazione della gestione della crisi matrimoniale, e quindi di riflesso del matrimonio, è ora seguita da tempi più celeri per scindere le nozze: il divorzio “facile” deve essere anche “breve”. Mentre il divorzio “facile” – con gli avvocati o con l’impiegato del Comune – viene fuori da un decreto legge del governo Renzi, il divorzio “breve” è l’esito di iniziative parlamentari: è passato alla Camera a maggio con 381 a favore, 14 astenuti e 30 contrari, e prevede – nella versione uscita da Montecitorio – la contrazione dei tempi dai tre anni attuali a un anno, ulteriormente riducibili a sei mesi se la separazione è consensuale. Alla Commissione Giustizia del Senato non è parso sufficiente: essa ha trasmesso all’Aula un testo che, mantenendo i termini di dodici e di sei mesi dalla comparizione al presidente del Tribunale per il giudizio di separazione, aggiunge una novità. Se i coniugi sono d’accordo e i figli sono maggiorenni, si può saltare il passaggio della separazione e giungere direttamente al divorzio: qualora queste disposizioni diventassero definitive, il loro necessario coordinamento con quelle approvate quindici giorni fa permetterebbe a marito e moglie che decidono di rompere il legame matrimoniale di recarsi dall’avvocato, e di risolvere il tutto all’istante, nel suo studio. Divorzio privatizzato, a richiesta e senza ritardo: meglio che a Las Vegas!
Quale è stato il comportamento dei gruppi rappresentati in Commissione Giustizia? Va premesso che l’emendamento “divorzio subito” è stato proposto nell’identica versione, virgole comprese, dall’intero gruppo del Pd, dal senatore Caliendo di FI e dal senatore Falanga, pure di FI: che il medesimo testo provenga da un partito di maggioranza e da uno di opposizione fa sorgere il dubbio che sia stato redatto da terzi e fatto pervenire a tutte le forze politiche, alcune delle quali lo hanno poi depositato tal quale. Non è così? E allora qualcuno spiega come mai i tre emendamenti sono sovrapponibili? Altra singolarità: al momento del voto del suo emendamento, il senatore Caliendo si allontana dall’aula denunciandone l’illegittimità costituzionale; ma il nome col quale l’emendamento è stato presentato è proprio il suo; che è successo?
Il Pd lo ha votato, con il dissenso del senatore Cucca. A distanza di qualche ora le dissociazioni nel partito sono diventate 30, considerando solo i senatori (alla Camera il divorzio sprint aveva fatto registrare per il Pd l’unico dissenso dell’on. Fioroni). FI si è fatta in tre: Malan, in coerenza con le posizioni più volte espresse in favore della famiglia, ha votato contro e ha spiegato perché; Falanga ha votato a favore; di Caliendo si è detto. La Lega ha approvato la riduzione dei termini per il divorzio, ma non la soppressione del passaggio della separazione. Ncd, col senatore Giovanardi, dopo aver insistito per il rinvio dell’intero provvedimento, lo ha contrastato nel merito e ha votato contro, anch’egli in modo motivato; sempre per Ncd, va registrata la presa di posizione fortemente critica col nuovo testo manifestata dal Sacconi, che pure non fa parte della Commissione Giustizia. Il governo, rappresentato dal viceministro Costa, si è rimesso alla Commissione, senza esprimere pareri.
I segnali interessanti sono più d’uno: a) perfino nel Pd ci si rende conto che si sta giocando pesante contro la famiglia, e una parte non trascurabile si dissocia; b) in FI la confusione è grande, ma la linea Luxuria non riesce a imporsi; c) dopo le debacle di droga, eterologa e divorzio facile, Ncd a mostra coerenza con quanto dichiarato in piazza Farnese una settimana fa. Sarà sufficiente che mantenga la posizione perché il provvedimento non giunga subito in Aula: e questo è già qualcosa.Se poi puntasse i piedi sulle cosiddette unioni civili, cioè sul paramatrimonio gay (nella stessa Commissione Giustizia la discussione generale è terminata), la manifestazione del 15 avrebbe avuto il senso di un deciso cambio di rotta. Coraggio!