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DIVIETI DI CIRCOLAZIONE

Ecologismo snob: l'Area B crea cittadini di serie B

Milano sarà oggetto di un esperimento ecologista. Non potranno più circolare nell'Area B (che si estenderà a quasi tutto il territorio del comune) tutte le auto diesel fino a Euro 3 e quelle a benzina verde fino a Euro 0. Per la salute cambierà poco. Ma chi non potrà permettersi una nuova auto sarà, di fatto, bandito dalla città.

Politica 12_02_2019
Uno dei prossimi ingressi nell'area B

Nell’autunno dello scorso anno il Comune di Milano ha programmato l'attivazione di una zona a traffico limitato, denominata “Area B”, che comprenderà oltre il 70% del territorio del Comune e si estenderà a quasi tutto il reticolo stradale all'interno delle autostrade tangenziali.

L'idea del Sindaco Sala e della sua Giunta è quella di impedire completamente l'accesso in orari di lavoro ai veicoli oggi circolanti che rientrino nelle classi fino ad Euro 3 compresa, per la propulsione Diesel, ed Euro 0 compresa, per la propulsione con benzina verde. Allo stato attuale, il divieto - salvo ulteriori rinvii - dovrebbe scattare entro la fine di Febbraio 2019. Successivamente, un progetto già delineato dalla giunta comunale prevede che, attraverso alcune tappe intermedie, il divieto di circolazione colpisca classi di veicoli sempre più ampie, in tempi relativamente brevi. Ad esempio, entro la fine del 2019 saranno vietati gli accessi a Milano ai veicoli Diesel Euro 4 e nel 2020 quelli a benzina Euro 1. E così via, fino al divieto di circolazione, dopo il 2022, per tutti i veicoli Diesel ad oggi circolanti ed anche per tutti quelli a benzina fino Euro 4 inclusa. Si tratta di un progetto pesantemente contestabile sotto diversi aspetti. Eccone alcuni.

Più che un’eufemistica “limitazione”, il divieto crea una pesante ed arbitraria discriminazione basata sul possesso di un'automobile di una certa classe Euro. Chi possiede un'auto di un certo tipo si vede riconosciuto un diritto (alla circolazione), chi di un altro tipo, se lo vede negato: per chi adopera l’auto quotidianamente in orario di lavoro, tale “limitazione” equivale a un impedimento totale alla fruizione del proprio mezzo di trasporto per gli scopi per cui tipicamente è stato acquistato (recarsi al lavoro, trasporto figli per/da scuola, etc.).

Non viene tenuto in nessun conto il fatto che i veicoli coinvolti nel provvedimento di divieto siano stati acquistati prima che il divieto di circolazione fosse ideato e siano stati immatricolati e revisionati nei modi previsti dalle leggi vigenti. Trattandosi di un’arbitraria limitazione del diritto di godimento della proprietà, inflitta (per ora) ai possessori solo di una certa classe di veicoli, dovrebbe essere riconosciuto un indennizzo a tutti i proprietari dei veicoli interessati, qualora il provvedimento entrasse in vigore. Di indennizzi non si fa ad oggi alcuna menzione nelle pagine web del Comune di Milano dedicate al progetto.

I proprietari dei mezzi interessati dal divieto appartengono alle categorie di più basso reddito. L'istituzione del divieto di accesso, costringendo di fatto all'acquisto di un nuovo veicolo, crea una discriminazione tanto più vergognosa quanto più colpisce categorie deboli economicamente, creando loro seri problemi di mobilità, spesso di difficile soluzione, mentre, per coloro che godono di redditi più elevati e posseggono i mezzi economici necessari all'acquisto di un'automobile ad alta tecnologia, il divieto costituisce un minore danno.

Il provvedimento è tecnologicamente privo di senso. Esso prevede di coinvolgere auto che rilasciano quantità di inquinanti trascurabili. La loro esclusione dalla circolazione stradale non avrebbe un rilevante apporto migliorativo rispetto all'obiettivo di riduzione delle emissioni, specie a fronte del pesantissimo apporto inquinante generato dagli impianti di riscaldamento e da quelli di incenerimento dei rifiuti. In realtà il programma pluriennale considerato nella sua interezza punta di fatto all'eliminazione del motore a scoppio (ciclo Diesel o benzina che sia) dalle strade di Milano. Tuttavia, ad oggi, non esiste, né è onestamente prevedibile che maturi rapidamente, alcuna alternativa tecnologica che consenta di realizzare le stesse prestazioni delle auto ora in uso. Auto elettriche o a idrogeno presentano scarso carico pagante, alti costi di acquisto e di manutenzione, basse prestazioni velocistiche e, soprattutto, limitatissima autonomia chilometrica ed ingenti difficoltà nei tempi di rifornimento, nonché, a lungo andare onerosissimi e inquinanti processi di smaltimento delle batterie esauste. L'eliminazione di una tecnologia esistente, senza che sia sostituibile con una migliore, è un evidente esempio di regresso tecnologico su base ideologica.

Il tanto citato “rischio per la salute” derivante dalla diffusione di residui carboniosi, specialmente legato alla propulsione Diesel, in realtà non c’è. Il tasso di mortalità e l'età media in Milano risultano del tutto simili (e il primo dato, di fatto, spesso è migliore) a quelle di Comuni lombardi situati lontano dalle aree metropolitane. Mentre il rischio per la salute è presunto, il danno economico per i soggetti coinvolti è perfettamente circostanziabile e coloro che non avranno modo di far fronte all'esborso per l'acquisto di un veicolo ad alta tecnologia si vedranno costretti a ricorrere alla rete dei trasporti pubblici e questo è davvero un notevole peggioramento della qualità della vita: ne sono un triste esempio le quotidiane vicende dei disservizi che, già ora, colpiscono i lavoratori pendolari.

Se la salute del cittadino, a Milano, non è in pericolo più che altrove, il vero obiettivo del provvedimento resta l'eliminazione dalle strade del capoluogo lombardo di tutti i veicoli non elettrici, secondo una logica ispirata ad un'ideologia anti-umana che mira a fare della città una sorta di oasi ecologica per chi è in grado di viverci spostandosi solo a piedi o in bicicletta. Un’utopia, questa, a tutto vantaggio di una èlite di giovani (o ricchi) ecologisti che viaggiano in taxi quando piove, che già oggi abitano in un centro urbano e che ora desiderano imporre a tutta la città, con un provvedimento che si definisce ipocritamente “equo”, in realtà intollerante e snob, la propria visione utopista e contraddittoria di 'aggregato urbano senza automobili'.

Come al solito, il costo dell’operazione è a carico dei cittadini che, volenti o nolenti, verseranno il loro “obolo” alle casse dei fabbricanti di auto elettriche e dovranno anche essere felici perché la loro salute è tutelata da questo “equo” provvedimento. Coloro che intendono aderire alla raccolta di firme contro l’istituzione dell’Area B a Milano, possono cliccare sul seguente link entro il 24 febbraio prossimo: https://www.citizengo.org/it/signit/167638/view