Ecco perché non sarà Berlusconi a far cadere Letta
Al vertice di Arcore avrebbero vinto le colombe, figli del Cavaliere in testa, che hanno fatto prevalere le ragioni delle aziende di famiglia, avvantaggiate dal governo di larghe intese. Intanto nel centro-destra si pensa al dopo-Berlusconi.
Le ricostruzioni giornalistiche del vertice di Arcore di sabato pomeriggio solo in minima parte rappresentano la realtà delle cose. Si è letto che avrebbero vinto i falchi, che sarebbe prevalsa la linea dura, che la fine del governo sarebbe imminente. Secondo fonti ben informate, la verità è un'altra. Le minacce pidielline a Letta (e a Napolitano) sarebbero solo un bluff per ottenere il massimo senza far cadere il governo.
A vincere nella riunione (infuocata!) del "gabinetto di guerra" berlusconiano sono state le colombe, non solo quelle politiche... In primis i figli del Cavaliere, per non dire di Confalonieri e Gianni Letta (assenti ma...presenti), lo avrebbero convinto definitivamente a non "varcare il Rubicone". Le ragioni sono intuibili. Bisogna salvare le aziende di famiglia e l'unico modo per farlo è continuare ad appoggiare un esecutivo certamente non ostile ad esse. Durante gli ultimi quattro mesi, infatti, le creature imprenditoriali berlusconiane hanno ottenuto ottime performance, anche nelle quotazioni in Borsa, e quindi sarebbe quanto meno azzardato interrompere o mettere seriamente a rischio questo trend positivo provocando una nuova instabilità politica.
Quanto alle vicende giudiziarie che riguardano il leader del centro-destra, una soluzione si troverà. L'ipotesi di temporeggiare, cioè di coinvolgere la Corte Costituzionale e di chiederle un approfondimento sulla legge Severino e la sua applicabilità al caso Berlusconi, appare la più praticabile per evitare che la riunione della giunta delle elezioni del Senato del 9 settembre si trasformi in una "linea del Piave".
Nel frattempo, Berlusconi potrebbe optare, entro ottobre, per l'affidamento ai servizi sociali (nove mesi di condanna da scontare passano in fretta) e in questo modo potrebbe vedere preservata la sua agibilità politica con ampi margini di movimento e di mobilitazione elettorale. Di fronte a una sua scelta "morbida" e di rispetto delle sentenze, si potrebbe affrontare con più serenità il nodo della sua interdizione dai pubblici uffici (riducibile a un anno?) e della sua incandidabilità.
A questa prospettiva starebbero lavorando le personalità più concilianti del centro-destra e perfino Mario Monti, con cui il Cavaliere ha riallacciato rapporti cordiali e di fiducia. Le esternazioni roboanti di alcuni falchi come la Santanché farebbero dunque parte di una strategia ben precisa per "alzare il prezzo" minacciando fulmini e saette per poi "incassare" la famosa agibilità politica del Cavaliere senza compromettere la stabilità di governo.
Peraltro, in caso di rottura Pd-Pdl, le elezioni anticipate sarebbero tutt'altro che scontate. Napolitano potrebbe riaffidare l'incarico ad Enrico Letta e a quel punto moltissime "colombe" del centro-destra sarebbero seriamente tentate di appoggiare un Letta-bis con nuovi ministri. Ancora più remota la strada delle dimissioni in massa di tutti i parlamentari del Pdl. Quanti di loro punterebbero i piedi e non si dimetterebbero, considerato il fatto che la legislatura è appena iniziata e che in caso di voto anticipato rischierebbero di non essere più ricandidati o comunque di non essere più rieletti?
Di fronte a tutte queste incognite, Berlusconi ha ben chiara la via d'uscita ai suoi guai: limitare i danni per se stesso, senza abdicare al suo ruolo di guida dei moderati e senza dover rinunciare in via definitiva a candidature o ruoli istituzionali; salvare le sue aziende e quindi il governo Letta (quello attuale o anche un eventuale Letta bis con una nuova compagine e un programma che comprenda anche la riforma della giustizia, peraltro sollecitata dal Presidente Napolitano); far emergere le contraddizioni interne al Pd tra giustizialisti e garantisti e la frattura tra renziani e lettiani, destinata ad esplodere in vista della resa dei conti congressuale.
Sullo sfondo restano le grandi e sotterranee manovre, in ambienti cattolici e non, per la costruzione di un nuovo centro-destra post-berlusconiano. Ci starebbero lavorando alacremente spezzoni di ex dc, anime più defilate del Pdl, parlamentari di Scelta civica e Udc, personalità apparentemente fuori gioco come Corrado Passera. Ovviamente aspettando una riforma elettorale che consenta una riaggregazione dei moderati e il ritorno alle preferenze.
In un disegno di questo tipo, Berlusconi potrebbe diventare "solo" il padre nobile e favorire una successione a se stesso e quindi l'ascesa di un personaggio nuovo e aggregante che faccia da contraltare a Letta o a Renzi. Tale prospettiva potrà realizzarsi solo se il governo Letta durerà fino al 2015. Berlusconi lo sa bene e si regolerà di conseguenza.