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ENERGIA NUCLEARE

Ecco perché l'Italia ha deciso la moratoria

La sospensione è una «pausa attiva» per ripensare a una strategia che non sia solo nazionale. Quel che occorre è un'agenzia di controllo europea.

Attualità 24_03_2011
centrale nucleare

 

Il Consiglio dei Ministri in data 23 Marzo 2011 ha approvato una moratoria di dodici mesi sul programma nucleare. La notizia non coglie di sorpresa, era già stata anticipata dal Ministro dello Sviluppo Economico Paolo Romani. Immediatamente viene riportata sulla carta stampata, sui quotidiani on-line e su numerosi siti internet . Difficile estrapolarne un indirizzo comune, molteplici infatti le considerazione associate che spaziano dall’attributo di saggia decisione a quello di vero e proprio raggiro.

Prescindendo dalla situazione politica italiana contingente, dal punto di vista tecnico una moratoria può avere molteplici interpretazioni? Una moratoria non è che la sospensione, per motivi eccezionali, della scadenza di una precedente diposizione.

Di per se stessa, pertanto non è né buona né cattiva. La sospensione non implica una annullamento o una revisione della decisione pregressa, ma prevede, a seguito di eventi eccezionali, un dovuto momento di riflessione che permetta di rivalutate in modo ponderato le mutate condizioni al contorno e le implicazioni sul precedente indirizzo. Non è una decisione, non è una non-decisione. Ma è l’evidenza di un atteggiamento che dovrebbe essere proprio dell’umano agire quando viene proposta una tecnologia e ne viene ponderato il valore alla luce del bene comune.

I motivi eccezionali esistono: Il terremoto e lo tsunami che hanno stravolto il contesto ordinato,  misurato e laborioso della realtà (e della geografia) giapponese, hanno causato malfunzionamenti e incidenti di alto livello ad alcuni dei reattori nucleari del Paese. Poco conta dire che gli incidenti sono occorsi ad alcune centrali, ma non a tutte, che gli impianti in questione sono in funzione dagli anni ’60 o concludere che, se il nucleare non fosse così sicuro le conseguenze di quanto vissuto in questi giorni sarebbero state spaventosamente più gravi. Poco conta, perché l’invisibile spettro radioattivo torna a far paura nei discorsi dell’opinione pubblica:  di tutti, simpatizzanti scettici e antagonisti.

La paura fa smettere di ragionare, ma il problema energetico è cosa serie e complessa e richiede una costante lucidità di giudizio perché ogni decisione presa sull’onda emotiva è destinata a portare con se pesanti conseguenze economiche, ambientali e sociali per l’uomo e la società.

La responsabilità di una scelta a favore o contro lo sfruttamento dell’energia nucleare nei piani energetici non è non può essere questione solo nazionale e la contingenza del momento ce lo ricorda in modo piuttosto evidente. Occorre tempo per riflettere sia  sulla sicurezza degli impianti ancora in funzione che sugli standard che dovranno essere richiesti ai rettori delle generazioni più avanzate ma anche sulla rilevanza strategica e le implicazioni che una scelta a favore o contro l’energia nucleare può avere negli scenari energetici mondiali.

La storia si ripete, ma possiamo imparare dagli errori. L’Italia,  già una volta, a seguito del referendum del 1987 e della moratoria del 1988 ha scelto di non far valere il peso della propria tradizione scientifica, tecnologica e culturale in Europa e ha optato per un lungo silenzio. Oggi potrebbe scegliere diversamente e tornare a giocare un ruolo importante e, come già riportato da alcune autorevoli voci nel settore energia, farsi promotrice di una agenzia europea che, sull’esempio della Nuclear Regulatory Commission americana, possa avere mandato e competenza sovranazionale.

Un modo sensato e ragionevole per non sminuire quanto sta avvenendo in Giappone, per evitare di non agire ma anche per evitare di prendere decisioni avventate e cercare, in tutti i modi, di pensare e proporre strategie per contenere l’aumento del consumo di combustibili fossili che è destinato (quasi inevitabilmente) a verificarsi e che non può che preoccupare, in prima istanza, per le ben note implicazioni economiche e ovviamente ambientali ma soprattutto perché la contingenza politica e sociale mondiale ci lascia rivolgere uno sguardo poco sereno verso i paesi dell’area mediterranea e araba e solleva perplessità non marginali sulla dipendenza energetica e la sicurezza degli approvvigionamenti nel prossimo futuro. Moratoria come “pausa attiva”.

Non mancano dunque gli elementi da includere in una comune riflessione di carattere per lo meno Europeo. Una occasione per rilanciare una politica energetica nazionale (e magari anche europea) che si costruisca in modo rigoroso a partire da una analisi dei bisogni attuali e futuri, dei vincoli e delle opportunità offerte da tutte le fonti energetiche e sappia includere in modo adeguato e senza demagogie le dimensioni economiche, ambientali e sociali indispensabili per uno sviluppo durevole dell’uomo e della sua società.