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L’ANNUNCIO DI FIORAMONTI

Ecco l’ora di clima: scuola in balìa delle ideologie

Il ministro dell’Istruzione annuncia che dal prossimo anno scolastico saranno dedicate 33 ore allo studio obbligatorio dei cambiamenti climatici e dello sviluppo sostenibile. Tra i consulenti ad affiancarlo nella rivoluzione: Vandana Shiva, ambientalista ostile alla scienza, ed Enrico Giovannini, che apprezza il Club di Roma e ne difende le ipotesi catastrofiste, già smentite dai fatti.

Attualità 08_11_2019

A partire dal prossimo anno scolastico in tutte le scuole pubbliche sarà introdotto lo studio obbligatorio del cambiamento climatico e dello sviluppo sostenibile. All’argomento saranno dedicate 33 ore, quasi una alla settimana. Inoltre i programmi di molte materie, ad esempio geografia, matematica e fisica, saranno modificati affinché d’ora in poi vengano studiate “in una nuova prospettiva legata allo sviluppo sostenibile”.

Lo ha annunciato in un’intervista rilasciata il 5 novembre all’agenzia Reuters il ministro dell’Istruzione, Lorenzo Fioramonti, deciso a plasmare le nuove generazioni sui testi di Wackernagel e Rees, gli ideatori del calcolo dell’impronta ecologica, e di Serge Latouche, il teorico della decrescita felice. “L’intero ministero sta cambiando per fare della sostenibilità e del clima il centro del modello educativo”, ha spiegato Fioramonti. “Voglio fare del sistema educativo italiano il primo al mondo che pone l’ambiente e la società al centro di ciò che impariamo”.

Nelle prossime settimane sapremo come il ministro intende realizzare la sua rivoluzione dei programmi scolastici: a chi verranno affidate le ore di “educazione al clima”, ad esempio, di quali supporti didattici verranno dotati gli istituti scolastici, come l’insegnamento di matematica, fisica e altre materie verrà rimodulato. Per il momento si sa che ad affiancarlo sarà un Consiglio scientifico sullo sviluppo sostenibile, che a fine settembre il ministro ha detto di voler istituire, dotandolo di consulenti di spicco, e che opererà in collaborazione con la Rete delle Università per lo Sviluppo sostenibile.

Qualche informazione su chi siano i consulenti di spicco è già trapelata. Tra questi c’è Vandana Shiva, l’indiana ambientalista che si definisce una scienziata, ma è ossessivamente ostile alla scienza e allo sviluppo al punto da inventare dati e fatti. Sostiene, ad esempio, che i semi Ogm siano sterili, concepiti tali per costringere i contadini ad acquistarli a ogni nuova stagione a beneficio delle multinazionali che li producono (Navdanya, l’Ong da lei fondata, ha lanciato nel 2012 una Campagna globale per la libertà dei semi, contro il monopolio dei semi e del cibo). Denuncia che l’introduzione in India di una varietà di cotone Bt, un Ogm, abbia indotto i piccoli produttori a indebitarsi per coltivare per il mercato e ha causato il suicidio di 250.000 contadini disperati, oltre a far crollare l’industria del miele per lo sterminio degli insetti impollinatori tra cui le api; che il golden rice (riso Ogm, contenente beta-carotene, creato per combattere la carenza di vitamina A) in realtà abbia fatto aumentare fame e malnutrizione nei Paesi poveri. Niente di tutto ciò è vero.

Molti ambientalisti più seri e responsabili la criticano severamente e ne  hanno preso le distanze. Vandana Shiva si è pronunciata anche in merito alla xylella, il batterio che attacca gli ulivi. Secondo lei quelli infetti non vanno tagliati perché con essi si taglia la cultura che è pace: “Perché la colomba vola tenendo con sé un ramo di ulivo? Dobbiamo fare pace con la terra e l’ulivo è il simbolo di questa pace con la terra”. Il suo rimedio, suggerito agli agricoltori italiani, è abbracciare in tanti con amore le piante ammalate.

Un altro consulente è l’economista Enrico Giovannini, cofondatore e portavoce dell’ASviS, Alleanza italiana per lo Sviluppo sostenibile, un’associazione fondata nel 2016 “per far crescere nella società italiana, nei soggetti economici e nelle istituzioni la consapevolezza dell’importanza dell’Agenda 2030 per lo sviluppo sostenibile e per mobilitarli allo scopo di realizzare gli Obiettivi di sviluppo sostenibile”.

Per chi non lo sapesse, gli Obiettivi di cui si parla sono quelli fissati nel 2015 dalla 70a Assemblea generale dell’Onu, come proseguimento dei Millennium Goals, un progetto varato nel 2000, articolato in otto obiettivi (lotta alla povertà, riduzione della mortalità infantile, scolarizzazione, sostenibilità ambientale, ecc.), nessuno dei quali era stato raggiunto nei 15 anni previsti. Il nuovo progetto ha anch’esso la durata di 15 anni, scade quindi nel 2030: gli obiettivi sono saliti a 17, suddivisi in 169 traguardi. Anche il bilancio è aumentato. Dai miliardi di euro dei Millennium Goals si è passati ai trilioni, almeno 15 all’anno, che gravano come al solito soprattutto sui Paesi sviluppati occidentali e vanno a favore di quelli cosiddetti poveri: perché i Paesi ricchi sono responsabili delle ingiustizie del mondo e quindi le devono risanare, dicono i sostenitori del progetto, e perché è comunque un dovere morale provvedere ai poveri e alla salute del pianeta e, se non lo fanno i governi dei Paesi in difficoltà, seppure per corruzione, malgoverno, indifferenza, bisogna che ci pensi chi ne ha i mezzi.

Il professor Giovannini aveva chiesto al governo precedente che si discutesse una proposta di emendamento della Costituzione italiana per introdurvi al più presto il principio dello sviluppo sostenibile. Crede nel global warming di origine antropica e per questo approva e incoraggia Greta Thunberg, con cui ha avuto modo di incontrarsi e felicitarsi. Apprezza il Club di Roma, l’Ong fondata nel 1968 e divenuta famosa nel 1972 con la pubblicazione di un documento intitolato “Rapporto sui limiti dello sviluppo”: anche se sono state smentite dai fatti, Giovannini ne difende le ipotesi catastrofiste. Il Club di Roma aveva previsto l’esaurimento dell’oro nel 1981, del mercurio nel 1985, dello stagno nel 1987, dello zinco nel 1990, del petrolio nel 1992, di rame, piombo e gas naturale nel 1993. Ancora nessuna di queste risorse è venuta a mancare.

Si vede che per il ministro Fioramonti questo non conta, imbevuto come è di ideologie, non solo quella ambientalista. È stato lui a proporre tasse su biglietti aerei, plastica, alimenti zuccherati, profitti derivanti dalle trivellazioni petrolifere. Ed è sempre lui che ha proposto di togliere i crocifissi dalle scuole per creare un ambiente più inclusivo per i non cristiani. “Voglio rappresentare l’Italia che si oppone a tutto ciò che Salvini esprime”, ha detto nell’intervista alla Reuters: “Dobbiamo costruire una narrazione diversa e non aver paura di dire qualcosa che a Salvini potrebbe non piacere, perché è per questo che esistiamo”.

Fioramonti, prima di diventare ministro del Miur, ha insegnato Economia politica all’università di Pretoria, in Sudafrica, dove stava coordinando la creazione del più grande campus per la ricerca sullo sviluppo sostenibile in Africa. Ma, nel continente in cui centinaia di milioni di persone non riescono a superare la soglia di povertà, forse la “decrescita felice” non ha osato proporla.