Ecco i vescovi che piacciono a papa Francesco
Le nomine in Spagna e Germania, e l'iter con cui ci si è arrivati, permettono di tracciare l'identikit del vescovo ideale per papa Bergoglio: ortodosso ma impegnato nel dialogo, attento a poveri ed emarginati, non incline al protagonismo. Così Osoro Sierra guiderà Madrid e Rainer Maria Woelki Colonia.
È finita in Spagna la ventennale stagione delle marce in strada a difesa dei princìpi non negoziabili e delle polemiche contro le scelte politiche antitetiche ai valori cristiani – «non solo la fede è negata, ma anche la stessa ragione umana», diceva il cardinale Antonio Maria Rouco Varela guidando la manifestazione contro la legge sui matrimoni gay promossa dall'allora premier José Luis Rodriguez Zapatero nel 2005.
A fine agosto, il Papa ha deciso di svoltare: la rinuncia dell’arcivescovo conservatore di Madrid, presentata tre anni fa a Benedetto XVI, è stata accolta da Francesco, non senza qualche tentativo da parte di Rouco – informano i media spagnoli – di allungare ancora per qualche mese la proroga a capo della diocesi spagnola. Al suo posto, è stato nominato mons. Carlos Osoro Sierra, sessantanovenne pastore della dinamicissima Valencia, che da qualche anno è protagonista di un aumento (in controtendenza con il resto del paese) di vocazioni e di partecipazione ai riti liturgici.
Sostenitore dell'uscita della Chiesa in periferia, attento ai poveri e agli ultimi e totalmente disinteressato a ingaggiare querelle con il mondo politico, è soprannominato "il Francesco spagnolo". Tanto in sintonia con l'attuale Pontefice quanto distante da Rouco Varela, che non a caso avrebbe preferito di gran lunga altri successori a quella che per vent'anni è stata la sua cattedra episcopale.
L'arcivescovo uscente aveva spinto per il primate di Spagna e arcivescovo di Toledo, mons. Braulio Rodriguez Plaza o, in alternativa, per l'arcivescovo di Siviglia, mons. Juan Asenjo Pelegrina, grandi esclusi dall'ultimo concistoro di febbraio – il nome del primate era dato quasi per certo nel novero delle porpore. Chiunque, a ogni modo, andava bene pur di non vedere il cardinale Antonio Canizares Llovera succedergli a Madrid. I rapporti tra i due, infatti, sono da tempo tutt'altro che idilliaci. Diversità d'approccio e di idee su come agire nello spazio pubblico, benché entrambi siano tutt’altro che progressisti.
Canizares Llovera, soprannominato "il piccolo Ratzinger" per la grande sintonia teologica e liturgica con Benedetto XVI – benché sui riti neocatecumenali il prelato spagnolo abbia sempre assunto una posizione più morbida rispetto a quella dell'ala più conservatrice attiva in curia –, era stato chiamato a Roma nel dicembre del 2008 per assumere l'incarico di prefetto della congregazione per il Culto divino e la disciplina dei sacramenti, dicastero che ora rimane vacante e per il quale non si esclude una futura riorganizzazione in base alle decisioni della consulta dei nove cardinali incaricati di riformare la Curia romana.
Voci di corridoio vaticane ricordano ancora che l'allora vescovo di Toledo ci pensò a lungo prima di accettare, preferendo originariamente rimanere in Spagna, e puntando magari proprio alla successione di Rouco Varela a Madrid (tra i due vi sono nove anni di differenza). Alla fine, Canizares disse sì a Ratzinger, ma – sempre stando alle indiscrezioni – a patto che il mandato quinquennale non fosse rinnovato e che al termine dell'esperienza in curia potesse fare ritorno in Spagna. La rinuncia di Benedetto XVI ha posticipato i tempi, e lo scorso dicembre sembrava imminente l'avvicendamento con il cardinale Rouco Varela.
Ma Francesco aveva altri piani, cercava il cambio di passo. Inoltre, dirottare Canizares a Madrid avrebbe significato implicitamente sconfessare pubblicamente la linea ventennale perseguita dall'arcivescovo uscente. Così, via libera a mons. Osoro Sierra, apprezzato dal clero iberico tanto da essere stato eletto, lo scorso marzo, vicepresidente della conferenza episcopale, numero due di quel mons. Ricardo Blazquez che aveva sostituito proprio Rouco Varela alla testa dei vescovi spagnoli.
Il Papa, hanno riportato diverse fonti locali, avrebbe personalmente avviato nei mesi scorsi consultazioni con il clero locale, rendendo la scelta del nuovo pastore di Madrid una sorta di "missione personale". Come ha scritto sul Boston Globe il vaticanista John Allen, questa tornata di nomine conferma il profilo dell'uomo che Francesco cerca per i posti-chiave: «ortodosso in dottrina ma impegnato nel dialogo, che non si prende troppo seriamente, che mette in rilievo la preoccupazione per i poveri e gli emarginati, che esce dall'ufficio e va in strada».
Profilo che s'addice anche all'altra importante designazione che Francesco ha compiuto in estate, quando ha nominato il cardinale Rainer Maria Woelki, arcivescovo uscente della problematica e vivace Berlino, nuovo pastore di Colonia, dopo il lungo "regno" del cardinale conservatore Joachim Meisner.
Scelta tutt'altro che scontata, anche perché nella terna proposta dal Capitolo della cattedrale di Colonia alla Congregazione dei Vescovi i nomi erano altri, e tutti marcatamente rappresentanti la linea della discontinuità rispetto a Meisner, a cui Benedetto XVI aveva respinto per cinque anni la lettera di rinuncia per sopraggiunti limiti d'età. Nomi che il dicastero guidato dal cardinale Ouellet ha rispedito al mittente, giudicandoli improponibili. Tra essi spiccava quello di mons. Stephen Ackermann, giovane e ambizioso vescovo di Treviri che lo scorso inverno definì "incomprensibile" per i fedeli l'insegnamento cattolico in materia sessuale. Alla fine, grazie anche al lavoro del nunzio Nikola Eterovic, tramite tra il clero tedesco e la congregazione per i Vescovi, la scelta è ricaduta su Woelki, già ausiliare dello stesso Meisner prima di essere promosso a Berlino. Ortodosso in dottrina, attento agli ultimi e soprattutto, poco protagonista.