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INTERVISTA

«È vero, Mussolini fece cose buone»

Lo storico Aldo Mola: «Guidò la trasformazione da paese agricolo a protoindustriale, portando numerosi cambiamenti nell'organizzazione della vita degli italiani e nelle strutture del paese. Fino al 1936 ebbe ampio consenso tra gli italiani. E anche moltissimi ebrei erano fascisti: un adulto su 3 era iscritto al partito».

Cultura 30_01_2013
Bonifica dell'Agro Pontino

«È vero, di cose buone Mussolini ne ha fatte molte e per questo ha goduto di ampi consensi all’interno e all’estero. Non c’è nulla di scandaloso in questo, ma purtroppo, se a livello di studiosi la strada è già stata aperta da tempo, a livello dell’opinione pubblica un serio discorso sull’Italia degli anni 1925-1943 non si è mai riuscito a fare. Il perché è semplice: avrebbe richiesto un grosso esame di coscienza dei partiti del Comitato di Liberazione Nazionale (CLN), in gran parte eredi di quei partiti dell’Aventino che furono i veri responsabili della catastrofe dell’Italia liberale e che hanno accelerato l’avvento del cosiddetto regime del partito unico». Così lo storico Aldo Mola interviene sulla polemica innescata dalle parole di Silvio Berlusconi nel Giorno della Memoria, il 27 gennaio. Un’uscita «infelice» non tanto per il contenuto quanto per il contesto in cui certe parole sono state pronunciate, e del resto è chiaro che in Italia anche la storia viene ridotta a strumento di battaglia politica.

Noi vogliamo invece fare il percorso inverso: prendere spunto dalla polemica per cercare di capire alcune questioni di fondo che riguardano un periodo storico così importante per l’Italia quanto poco compreso. Ne parliamo con Aldo Mola, famoso soprattutto per la sua Storia della Massoneria, ma che ha appena pubblicato un volume dedicato all’avvento del fascismo, Mussolini a pieni voti? (Edizioni del Capricorno).

Professor Mola, ma allora come si può fare per ragionare pacatamente su questo periodo storico?
Bisognerà necessariamente analizzare il periodo tra il 1925 e il 1940 prescindendo da quell’errore catastrofico di valutazione che fecero i partiti aventiniani, con il loro ritiro dal Parlamento. E prescindere da quella premessa che rende impossibile fare un discorso serio, ovvero l’asserzione in base alla quale ci fu un solo partito monolitico, con una precisa ideologia, il cosiddetto fascismo. Mentre in realtà il fascismo è un conglomerato di correnti, tendenze, ipotesi di varia natura confluite in un contenitore grossissimo che doveva far funzionare l’Italia dell’epoca.

Lei sembra un po’ minimizzare la portata del fascismo
Niente affatto. È che si parla di quel periodo facendo riferimento a un partito dominante, ma si dimentica che c’era lo Stato, c’era il Regno d’Italia con una quantità di istituzioni che prescindevano dal Partito. Ad esempio, che io sappia nessun ambasciatore era iscritto al PNF (Partito Nazionale Fascista), per diventare magistrati era del tutto irrilevante, per accedere agli ordini professionali era facoltativo ma non necessario: pensi che appena il 10% degli avvocati aveva la tessera del partito.
Inoltre hanno concorso a costruire l’Italia di quell’epoca tante persone che fasciste non erano, che avevano importanti ruoli che hanno contribuito a costruire l’Italia di quell’epoca.

Può fare qualche esempio?
Uno per tutti: Alberto Beneduce, antifascista, massone, dichiaratamente contrario all’avvento del governo Mussolini, chiamato nel 1929 dallo stesso Mussolini a organizzare quello che poi diventerà l’IRI, prima Istituto mobiliare, poi Istituto per la ricostruzione industriale: che rimette in ordine e salva le banche come la Banca Commerciale, Banca del Lavoro, e così via. E salvando la finanza riorganizza le grandi banche in modo daa dare il via a quella realtà della ricostruzione industriale, studiata anche all’estero come modello da adottare. Il New Deal di Roosevelt è l’applicazione agli Stati Uniti del modello IRI. Beneduce entra nell’IRI non perché fascista, ma perché italiano. Quindi al massimo si può dire mussoliniano, nel senso che collabora al governo Mussolini, anche perché era l’unica possibilità per servire l’Italia. Del resto partiti non ci sono più, hanno scelto il suicidio. Si sono andati ad appollaiare sull’Aventino, regalando al governo la possibilità di espellerli per inadempienza. Infatti non bisogna dimenticare che quando i deputati vengono dichiarati decaduti, lo si fa in base al regolamento del Parlamento.

Lei ha parlato dell’IRI, ed eccoci alla questione: allora Mussolini ha fatto davvero qualcosa di buono…
Ha fatto molte cose buone. Le cose fondamentali sono aver accelerato la trasformazione della società uscita a pezzi dalla Prima Guerra Mondiale. Intanto riconcilia il paese dopo la vicenda della guerra, ad esempio con i monumenti ai caduti. Poi guida il passaggio dell’Italia da paese agricolo a protoindustriale. Quindi perfeziona una quantità di provvedimenti di assistenza alle famiglie e al lavoro che già erano stati avviati dall’Italia giolittiana; provvedimenti di organizzazione della vita degli italiani, dalla scuola elementare al dopo lavoro; di trasformazione del paese con strade, bonifiche, e così via: tutta una serie di fatti oggettivi che si vedono. Se prendiamo le statistiche dell’Italia del 1921, 1931 e 1936 vediamo quali grandi miglioramenti ci furono: trasformazione dei piani urbanistici, tutela dei beni culturali, della salute, del paesaggio, dell’ambiente, tutte leggi cui si continua a fare riferimento. Nel 1942 viene varato il nuovo Codice Civile, che è restato in vigore fino a non molto tempo fa.
Poi consideri un aspetto: è impensabile che in 15 anni un governo le sbagli tutte, soprattutto se fa leggi che rispondono al comune sentire. Infatti il governo Mussolini gode di ampio consenso: dopo il 1929 c’è il plebiscito dove raccoglie oltre il 90% dei voti, così è nel 1934 e nel 1939, quando istituisce la Camera delle corporazioni,
Il consenso che aveva il governo è un dato oggettivo. Le cose cambiano con il 1936-1937, quando Mussolini s’avventura nella guerra d’Etiopia. Un errore grave e, date le reazioni internazionali, imbocca la strada dell’alleanza militare con la Germania, cosa che cambierà completamente lo scenario.
 
Quindi anche con gli ebrei fino a quel periodo non ci furono problemi.
Tutt’altro. C’erano tantissimi ebrei che erano fascisti. Non solo, la prima infornata di senatori nel marzo 1923 contiene diversi ebrei. A Torino c’era Ettore Ovazza, congiunto degli Agnelli, che aveva un suo giornale in cui sostiene la necessità della collaborazione delle comunità ebraiche con il fascismo, anche perché Mussolini garantiva il pluralismo religioso. Poi consideri che le cose più belle scritte sugli ebrei italiani, sono contenute nella voce “ebrei” dell’Enciclopedia italiana diretta da Giovanni Gentile. Esce a metà degli anni ’30, ed è firmata dai massimi esperti di storia ebraica, liturgia ebraica, arte ebraica, Bibbia: e sono tutti ebrei. E’ un monumento all’ebraismo a dimostrazione che da un punto di vista culturale non c’era alcun pregiudizio anti-ebraico. Tanto che nel 1933 gli ebrei iscritti al PNF erano 5800 e nel 1937 salirono a circa 10.000, in pratica uno ogni tre ebrei adulti. Per "ebrei" in quel momento si intende gli "iscritti" alle comunità ebraiche, nella generalità israeliti osservanti (almeno "tiepidamente": cioè con frequentazione della comunità).

Ma allora le famigerate leggi razziali, dipendono semplicemente dall’alleanza con la Germania?
Ci sono due componenti: il primo è l’improvviso scatto imitativo di Mussolini nei confronti della Germania hitleriana. Ma in secondo luogo quello diventa per  Mussolini il terreno sul quale sfidare la monarchia, che era assolutamente anti-razzista. Mussolini vedeva la monarchia come il grande incomodo e pensò che quello fosse il momento adatto per liberarsene. Bisognerebbe andarsi a rileggere i regolamenti delle varie associazioni fasciste di quel periodo: si toglie il saluto al re e si lascia solo quello al duce. Mussolini mette in atto una “repubblicanizzazione” del regime.