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FILIPPINE

É stata la Messa più grande del mondo

La santa Messa più grande della storia della cristianità. Oltre 7 milioni di fedeli hanno assistito alla celebrazione di papa Francesco nel Rizal Park di Manila, ultimo appuntamento del viaggio apostolico nelle Filippine. Durante i diversi incontri il Papa è tornato sui temi a lui cari: il mistero della sofferenza, l’uso delle nuove tecnologie e l’azione del diavolo.

Ecclesia 19_01_2015
La spianata di Manila con sette milioni di fedeli per il Papa

La giornata del 18 gennaio 2015, terza del viaggio di Papa Francesco nelle Filippine, è stata dedicata all’incontro con trentamila giovani nel campus dell'Università Santo Tomas di Manila e alla Messa celebrata sul parco permanente Quirino Grandstand dell’immenso Parco Rizal di Manila di fronte a oltte sette milioni di persone. Il Papa entra così nel Guinness dei primati per avere raccolto la più grande folla mai radunata da un leader vivente – folle maggiori si sono infatti radunate in occasioni dei funerali dell’ayatollah Kohmeini in Iran nel 1989 e dell’uomo politico indiano C.N. Annadurai nel 1969 - superando il precedente record stabilito da san Giovanni Paolo II nel 1995 sempre a Manila, quando erano affluiti per la Giornata Mondiale della Gioventù cinque milioni e mezzo di fedeli. 

Nell’ultimo giorno di incontri nelle Filippine il Papa è tornato su diversi temi a lui cari: il mistero della sofferenza, l’uso corretto delle nuove tecnologie e il significato dell’amore – due temi al centro dell’esperienza e delle preoccupazioni dei giovani – e l’azione del diavolo, che oggi suscita anche «attacchi insidiosi» alla famiglia, che va dunque «protetta» con ogni mezzo. Ai giovani il Papa ha parlato a braccio in spagnolo, rispondendo alle loro domande, di cui una sola veniva da una ragazza, June; «troppo poco», ha detto Francesco, date più spazio alla presenza femminile. La ragazza «ha posto l’unica domanda che non ha una risposta», tornando sul tema affrontato ieri dal Pontefice commemorando le vittime del tifone del 1993: «perché soffrono i bambini?». Come aveva fatto Benedetto XVI rispondendo in televisione a una bambina giapponese dopo il terremoto che aveva colpito il suo Paese nel 2011, anche Francesco ha insistito che la domanda non ha una vera risposta e che solo «quando il cuore sarà pronto ad interrogare se stesso e piangere, allora saremo in grado di comprendere qualcosa». Ma non basta la «compassione ‘mondana’ che non serve a nulla»: «nel mondo di oggi manca la capacità di piangere», mentre «alcune realtà della vita si vedono soltanto con gli occhi lavati dalle lacrime». La vera risposta alla domanda di June è: «impariamo a piangere». «Se non imparate come si piange non potrete essere buoni cristiani». Piangere non significa essere pavidi, ma «coraggiosi».

Francesco ha poi affrontato il tema del continuo collegamento di tanti giovani, tramite i computer e gli smartphone, con canali che trasmettono informazioni: fin troppe, e «siamo sempre iper-informati. È un male? Non necessariamente. Va bene, è può essere utile. Ma corriamo il pericolo di vivere accumulando informazioni. Abbiamo moltissime informazioni, ma non sappiamo come utilizzarle. Corriamo il rischio di trasformarci in giovani ‘museo’, che hanno tutto, ma non sanno cosa farci. Non abbiamo bisogno di giovani ‘museo’, ma di giovani santi».

Ma come si diventa santi? «Qual è la materia più importante che imparate all’università?» – ha chiesto il Papa. «E quale la materia più importante che dovete imparare nella vita? Imparare ad amare! É questa la grande sfida della vita, imparare ad amare. Non solo accumulare informazione, senza sapere cosa farne. È solo attraverso l’amore che questa informazione diventa feconda». Il Vangelo ce lo insegna attraverso una pedagogia in tre linguaggi: della mente, del cuore e delle mani. «Fare ciò che pensi e ciò che provi»: pensare, sentire, fare. Né si tratta solo di amare gli altri. «Il vero amore è amare e farsi amare. È più difficile farsi amare che amare. Per questo è tanto difficile comprendere l’amore perfetto di Dio». Anche qui, avere tante informazioni non basta: «Se disponi soltanto di informazioni, non hai accesso alla sorpresa, l’amore invece ti dispone alla sorpresa». «Rifiutiamo la psicologia del computer che ci fa pensare di sapere tutto. Sul computer si trovano tutte le risposte sullo schermo, ma nessuna sorpresa». Per contrasto, il Papa ha evocato il quadro della chiamata di san Matteo dipinto da Caravaggio: Matteo è un pubblicano, un peccatore ma quando passa Gesù «la sorpresa di scoprirsi amato lo vince». E Caravaggio coglie il momento preciso di questa sorpresa.

Molti giovani, ha detto il Pontefice, pensano che amore significhi dare e darsi agli altri – alla persona amata o ai poveri – e questo è certamente vero. Ma non basta, e come Gesù al giovane ricco a ognuno di questi giovani si può dire: «ti manca solo una cosa». Ti manca la capacità non solo di dare, ma di ricevere. «I sadducei, i dottori della legge dell’epoca di Gesù, davano molto al popolo, davano le leggi, insegnavano loro, ma non hanno mai permesso alla gente di dare loro qualcosa. Doveva arrivare Gesù per permettere loro di provare compassione, per essere amati». «Quanti giovani tra voi sono in questa condizione?», ha chiesto Francesco. «Sapete donare, ma non sapete ricevere». «Voi che vivete dando sempre e credete di non aver bisogno di nulla, sapete che anche voi siete poveri? Sapete che siete in povertà e che avete bisogno di farvi evangelizzare dai poveri, dagli infermi, da coloro che aiutate?».

Il Papa ha anche consegnato ai giovani un discorso scritto, dove aggiunge altri due temi: la cura dell’ambiente e l’integrità morale. Quest’ultima, tanto più in un Paese segnato da tante forme di corruzione, è un’autentica sfida, ma «il termine “sfida” può essere inteso in due modi». «Il primo in senso negativo, come un tentativo di agire contro le vostre convinzioni morali, contro quanto voi professate circa il vero, il buono e il giusto. La nostra integrità morale può essere “sfidata” da interessi egoistici, dall’avidità, dalla disonestà, o dall’intenzione di strumentalizzare gli altri». Ma c’è anche un significato positivo: la sfida è «un invito ad essere coraggiosi, a dare una testimonianza profetica della propria fede e a quanto viene ritenuto sacro», anche se prendere sul serio le cose sacre oggi espone a «opposizioni e critiche, lo scoraggiamento e persino la derisione». Rispondendo a questa sfida i giovani faranno memoria anche di san Giovanni Paolo II che in occasione della Giornata Mondiale della Gioventù di Manila del 1995 chiedeva «“un nuovo tipo di giovane” – uno che sia impegnato con i più alti ideali e desideroso di costruire la civiltà dell’amore».

Nelle Filippine il 18 gennaio si celebra con grande devozione la festa del Santo Niño, il Bambino Gesù, quasi un secondo Natale. Nella Messa dei record Papa Francesco ha ricordato ai sette milioni di fedeli che questo Bambino ci porta «la liberazione dalla schiavitù» e ci ricorda la nostra identità: siamo figli di Dio, fratelli e sorelle di Gesù Cristo. Queste parole hanno «una speciale risonanza nelle Filippine, perché è il primo Paese cattolico in Asia; questo è già uno speciale dono di Dio, una benedizione. Ma è anche una vocazione. I Filippini sono chiamati ad essere eccellenti missionari della fede in Asia».

Anche agli adulti, come già ai giovani, il Papa ha ricordato che siamo tutti chiamati alla santità, a realizzare il piano originario di Dio che voleva gli uomini santi. Ma «mediante il peccato, l’uomo ha anche distrutto l’unità e la bellezza della nostra famiglia umana, creando strutture sociali che hanno reso permanente la povertà, l’ignoranza e la corruzione». Qualche volta pensiamo che sia solo un bel sogno, ma «la Bibbia ci dice che la grande minaccia al piano di Dio per noi è ed è sempre stata la menzogna. Il diavolo è il padre della menzogna». È importante capire», ha detto il Pontefice, «come opera oggi il diavolo. «Spesso egli nasconde le sue insidie dietro l’apparenza della sofisticazione, il fascino di essere “moderni”, di essere “come tutti gli altri”. Egli ci distrae con il miraggio di piaceri effimeri e di passatempi superficiali. In tal modo noi sprechiamo i doni ricevuti da Dio, giocherellando con congegni futili». Il Papa ha citato anzitutto ad esempio di due piaghe filippine, il gioco d’azzardo e l’alcolismo: ma questi sono sintomi di un male più grande, di un’azione del diavolo più ampia. «Trascuriamo di rimanere centrati sulle cose che realmente contano. Trascuriamo di rimanere interiormente come bambini. I bambini infatti, come ci insegna il Signore, hanno la loro propria saggezza, che non è la saggezza del mondo».

Il Santo Niño è un segno dell’identità cattolica delle Filippine e «ci ricorda anche che questa identità va protetta». Ingannandoci con il falso invito a «essere “moderni”» il diavolo oggi se la prende specialmente con la famiglia. Il Bambino Gesù «ha avuto una famiglia qui sulla terra: la Santa Famiglia di Nazaret. In tal modo Egli ci ricorda l’importanza di proteggere le nostre famiglie e quella più grande famiglia che è la Chiesa, la famiglia di Dio, e il mondo, la nostra famiglia umana». E «oggi purtroppo la famiglia ha bisogno di essere protetta»: protetta «da attacchi insidiosi e da programmi contrari a tutto quanto noi riteniamo vero e sacro, a tutto ciò che nella nostra cultura è più nobile e bello». Papa Francesco ci ricorda che gli attacchi a quanto è vero e sacro vengono dal diavolo: e richiedono che, diventando santi, diventiamo capaci di resistergli.