Schegge di vangelo a cura di don Stefano Bimbi
Cristo Re a cura di Ermes Dovico
PROSPETTIVE

E ora per Renzi si prepara un autunno caldo

Dopo il responso delle urne, si prevede un autunno caldo per il premier. Finita la luna di miele fra Renzi e l'elettorato, prevale il voto di protesta e il Movimento 5 Stelle è diventata forza di cambiamento. In vista del referendum può consolidarsi la "santa alleanza" fra grillini e centrodestra in funzione anti-Renzi. E nel Pd si prepara la resa dei conti.

UTOPIE A 5 STELLE di Stefano Magni

Politica 21_06_2016
Matteo Renzi

La prima vera sconfitta di Renzi da quando è a Palazzo Chigi alimenta forti inquietudini dentro il Pd e galvanizza non poco l’universo grillino, che vi intravvede l’inizio della fine dell’attuale premier e l’alba di una stagione politica dorata.

Non si tratta di deduzioni azzardate o di velleitarie fughe in avanti. Il voto di domenica ha sancito che i Cinque Stelle, grazie a un forte radicamento territoriale, sono percepiti come forza di cambiamento e non solo di sterile protesta. Lo ha ammesso lo stesso premier, commentando i risultati delle urne. L’uscita di scena di Beppe Grillo dalla cosiddetta “governance” del Movimento sembra aver fatto bene. Ormai i leader pentastellati sembrano capaci di camminare con le loro gambe e i loro candidati si affermano in città governate a lungo dalla sinistra. In 19 ballottaggi su 20, prevalgono sul Pd e il centrosinistra, a riprova del fatto che il doppio turno, storicamente alleato della sinistra, che al ballottaggio faceva il pieno di consensi e batteva il centrodestra, potrebbe diventare il tallone d’Achille per Renzi e i suoi.

Dopo i successi netti di Raggi a Roma e Appendino a Torino, si apre certamente una nuova fase politica. La luna di miele tra l’ex sindaco di Firenze e gli italiani è terminata da tempo, il Pd al 40%, come accadde alle elezioni europee di due anni fa, è solo un pallido e sbiadito ricordo, rimangono le fratture interne, con una minoranza dem sempre più battagliera e convinta di chiedere a Matteo di lasciare il doppio incarico e quindi la segreteria del partito. Venerdì ci sarà una direzione che si preannuncia infuocata e che metterà a nudo i malumori che già serpeggiano tra le diverse anime del Pd dopo un risultato elettorale deludente e al di sotto delle aspettative.

E’ vero che un italiano su due non è andato a votare (a Napoli addirittura due elettori su tre hanno disertato i seggi), ma questo dato non può rappresentare un alibi per nessuno, anzi alimenta l’idea che l’antipolitica sia il primo partito e scavi un fossato crescente tra le istituzioni e l’opinione pubblica, facendo leva sulla rabbia sociale, sull’insoddisfazione per la situazione economica e occupazionale e per le tante emergenze che affliggono la società italiana, dall’immigrazione all’incognita pensioni.

La “Santa Alleanza” tra centrodestra e Movimento Cinque Stelle, in alcun modo formalizzata, si è però materializzata nelle urne ed è stata decisiva nel capoluogo piemontese, dove la Appendino non avrebbe mai vinto senza l’appoggio di centristi, azzurri, leghisti e altri elettori di centrodestra. Mentre a Roma i voti degli esclusi dal ballottaggio non sono stati decisivi, a Torino certamente lo sono stati. E questo apre una riflessione sul naturale orientamento degli elettori di centrodestra se chiamati a scegliere tra un candidato di centrosinistra e uno del Movimento Cinque Stelle: in maggioranza scelgono quest’ultimo. Con l’Italicum, a prescindere dal fatto che possa essere modificato nei prossimi mesi con l’assegnazione del premio di maggioranza alla coalizione vincente piuttosto che al partito vincente, i grillini potrebbero vincere le elezioni politiche e conquistare la guida del Paese, soprattutto se l’appuntamento referendario di ottobre dovesse riservare spiacevoli sorprese al premier.

Non è detto, infatti, che nelle urne di ottobre non ci sia il bis e quella Santa Alleanza non si solidifichi nuovamente sull’antirenzismo, dopo aver fatto le prove generali in questa tornata elettorale amministrativa. Peraltro, con gli attuali numeri e la carenza di leadership, il centrodestra può  solo candidarsi a un ruolo di comprimario nel ballottaggio sempre più probabile tra la sinistra e il Movimento Cinque Stelle. Esce, infatti, ridimensionato lo schieramento berlusconiano, che non è riuscito ad affermarsi se non in città medie o medio-piccole (Trieste, Grosseto, Savona, Benevento con il redivivo Mastella), e che ha fallito a Milano, dove Parisi si era posto come il catalizzatore di tutte le anime, dagli alfaniani a Fratelli d’Italia, dalla Lega a Forza Italia. Inoltre, in alcuni centri lombardi come Varese il Carroccio ha perso sindaci importanti e mostra un esaurimento della sua spinta elettorale espansiva, il che conferma che un centrodestra a guida Salvini non è nell’ordine delle cose e che l’elettorato moderato piuttosto si rifugia sotto le ali del renzismo o azzarda un voto per il cambiamento dando fiducia ai grillini.

Fra qualche giorno, forse, sopraffatti da altre incombenze, gli attori politici non si occuperanno più di queste amministrative, ma è certo che, dopo il responso delle urne, ci sono tutte le premesse per profetizzare, per la politica italiana, e soprattutto per il Presidente del Consiglio, un autunno caldo.