È giunta l’ora di nuovi test sulla Sindone di Torino?
Dopo l’articolo di Archaeometry sui dati grezzi dell’analisi radiocarbonica del 1988, la giornalista Jane Stannus ha ascoltato vari esperti e quasi tutti, sia pro che contro l’autenticità del Sacro Lino, sono concordi: servono nuovi, rigorosi, esami multidisciplinari. Il campione prelevato nel 1988 proveniva da un unico angolo, pesantemente inquinato e rammendato, e i risultati di quella ricerca (che datava la Sindone al Medioevo) sono inaffidabili.
È ora di nuovi test sulla Sindone di Torino? Questo è l’interrogativo che si pone la giornalista Jane Stannus sul Catholic Herald dello scorso 2 maggio dopo aver letto l’articolo, apparso su Archaeometry, che esamina dal punto di vista statistico i dati grezzi dell’analisi radiocarbonica del 1988 e dimostra che i campioni non erano omogenei, dunque non potevano ritenersi rappresentativi dell’intero lenzuolo. Quel test del C14, perciò, non permette di affermare che la Sindone è medievale.
La Stannus ha deciso allora di consultare vari esperti di analisi radiocarboniche per sentire il loro parere in merito. Dalla sua inchiesta emerge un dato certo: quasi tutti, negatori o sostenitori dell’autenticità della Sindone, sono d’accordo sulla necessità che si conducano nuovi esami, rigorosamente pianificati. Oggi per un test attendibile sono sufficienti pochi microgrammi di materiale, da prelevare però in diversi punti del telo. Va ricordato che il campione prelevato nel 1988 proveniva da un unico angolo, pesantemente inquinato e rammendato.
Interessante quanto sottolineato dal dottor Liam Kieser, direttore del laboratorio per le datazioni radiocarboniche dell’Università di Ottawa: “Per una reliquia come la Sindone, la decontaminazione del campione è fondamentale. È stata maneggiata da molte persone nel corso dei secoli. Ci si dovrebbe preoccupare dell’effetto del sudore delle mani. Inoltre è sopravvissuta a diversi incendi: mentre si può eliminare il danno dovuto al fumo, i vapori organici associati agli incendi possono anche essere assorbiti e incorporati in modo permanente”.
L’esame di una stoffa è estremamente problematico dal punto di vista della contaminazione, perché un tessuto è interamente esposto all’ambiente in cui si trova. Per un osso o un pezzo di legno si può campionare una parte interna, ma questo non è possibile nel caso di un telo.
Un importante laboratorio per le datazioni radiocarboniche, la Beta Analytic di Miami (Florida), pone alcune condizioni per la datazione di tessuti. Una è molto importante: “Beta Analytic non effettua la datazione di tessuti, a meno che questa sia parte di un processo di ricerca multidisciplinare”. Questa necessaria multidisciplinarietà mancò del tutto nell’esame del 1988.
La Beta Analytic sottolinea anche l’importanza del pretrattamento: “È importante comprendere i pretrattamenti che saranno applicati ai campioni, dal momento che questi influenzano direttamente il risultato delle analisi”. E c’è un’importante domanda da considerare: “Tutti i tessuti possono essere datati con precisione?”. Ecco come rispondono: “I campioni di tessuto ben conservati, con una buona struttura e non trattati con materiali conservanti generano risultati precisi. I campioni prelevati da un tessuto trattato con additivi o conservanti generano un’età radiocarbonica falsa. Per assicurarsi che il campione sia databile, si prega di inviare per email al laboratorio una descrizione del tessuto o una foto ad alta risoluzione che consenta una valutazione preliminare”.
La necessità della multidisciplinarietà viene sottolineata di nuovo dalla Beta Analityc poco dopo, quando precisa: “Il laboratorio non esegue la datazione di tessuti o altri oggetti di valore elevato o inestimabile, a meno che il pagamento e l’invio del campione siano effettuati da un ente statale, da un museo o da un altro istituto riconosciuto che stia studiando i materiali all’interno di un processo di ricerca multidisciplinare. È possibile inviare il materiale tramite un archeologo professionista, che dichiari che il campione è adatto per la datazione al radiocarbonio”.
Dunque, non tutti i reperti sono adatti per la datazione radiocarbonica e la Sindone ha tutte le caratteristiche per essere proprio uno degli oggetti che non forniscono datazioni attendibili con questo metodo. Ma allora, perché rifare una datazione radiocarbonica della Sindone? Per comprovarlo una volta per sempre. È bastata l’analisi statistica di un campioncino di pochi centimetri a dimostrare che i suoi frammenti non erano omogenei. Figurarsi cosa emergerebbe dal confronto di campioni prelevati a quattro metri di distanza l’uno dall’altro. Per dedurlo, comunque, se nuovi esami non si faranno, basterà il buonsenso.