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IL CASO DEUTSCHE BANK

E dopo Berlusconi, ombre di complotto pure su Renzi

C’era, nel 2011, un piano internazionale per fare cadere il governo e Berlusconi? Più di un terremoto politico, si trattò di una tempesta finanziaria, sulla quale oggi la Procura di Trani ha deciso di vederci chiaro, mettendo sotto inchiesta, due giorni fa, la Deutsche Bank per manipolazioni di mercato.

Politica 09_05_2016
Silvio Berlusconi

C’era una volta lo spread a oltre 500 punti, l’Italia a rischio default, i mercati finanziari in subbuglio, la comunità internazionale preoccupata per l’Italia, prossima a precipitare nel burrone come la Grecia. Tutta colpa del governo Berlusconi, bisogna abbatterlo e sostituirlo con un governo tecnico che salvi il Paese dalla deriva. 

Correva l’anno 2011, mese di novembre, e il pensiero dominante era quello. Tutti o quasi tutti persuasi della necessità di disarcionare il Cavaliere e di rimpiazzarlo con il rassicurante Mario Monti, apprezzato in Europa e in grado di riportare stabilità e ordine. Già due anni fa le rivelazioni del giornalista americano Alan Friedman sul ruolo giocato dall’allora Presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, nella crisi del governo Berlusconi, raccolte nel volume “Ammazziamo il gattopardo”, destarono clamore e confermarono i sospetti di un complotto ai danni dell’inquilino di Palazzo Chigi, democraticamente eletto nelle elezioni politiche del 2008.

Il presidente della Bocconi fu subito visto come il salvatore della patria, come colui che poteva far uscire il Paese dal tunnel in cui il governo Berlusconi l’aveva condotto. In realtà, le manovre per far cadere quell’esecutivo erano iniziate nell’estate del 2011 con la complicità del Quirinale. In quell’occasione non si badò a preservare la stabilità istituzionale ma solo a favorire un diverso equilibrio di poteri. Ora arriva l’ennesimo indizio di un piano internazionale per scatenare un terremoto politico nel nostro Paese e cambiarne la guida politica. Più che di un terremoto politico, anzi, si trattò di una tempesta finanziaria, sulla quale la Procura di Trani ha deciso di vederci chiaro, mettendo sotto inchiesta, due giorni fa, la Deutsche Bank per manipolazioni di mercato. 

La banca tedesca dovrà chiarire la massiccia vendita, nel primo semestre 2011, di sette miliardi di euro di titoli di Stato italiani. Nel mirino delle indagini la condotta di cinque manager, tra cui l’ex Presidente, Ackermann. Quell’attacco al debito sovrano italiano, come si legge nel decreto di perquisizione, fu «autorizzato o comunque disposto» dall’allora management della banca «con condotte artificiose, a carattere informativo ed operativo, da ritenere manipolative del mercato». Regge poco la giustificazione ufficiale: «Decidemmo di vendere quei titoli per ripianare l’esposizione dovuta all’acquisizione di Postbank». Ma la Procura di Trani ritiene falsa tale argomentazione e potrebbe ascoltare nelle prossime ore come persone informate dei fatti anche l’ex ministro dell’Economia, Giulio Tremonti e l’ex Presidente della Commissione europea, Romano Prodi.

La vicenda si tinge ancor più di giallo perché in quegli stessi mesi, tra febbraio e marzo 2011, Deutsche Bank, definì sostenibile il debito sovrano dell’Italia, ma nascose ai mercati finanziari le sue reali intenzioni di ridurre drasticamente i titoli italiani in portafoglio. E dunque, la vendita massiccia di quei titoli non fu divulgata ai mercati, il che integrerebbe gli estremi di un reato finanziario. Vendere una tale mole di titoli equivaleva ad abbassarne il prezzo e ad alzarne il rendimento, con inevitabili conseguenze sfavorevoli per l’Italia per quanto riguardava lo spread, cioè il differenziale tra i titoli tedeschi e i titoli italiani. 

La Banca centrale europea, con la famosa lettera del 5 agosto 2011, inasprì ancor più il clima, chiedendo all’Italia misure urgenti «per rafforzare la reputazione della sua firma sovrana e il suo impegno alla sostenibilità del bilancio e alle riforme strutturali». Un mese dopo, Standard and Poor’s tagliò il rating dell’Italia e la ciliegina sulla torta arrivò il 23 ottobre col siparietto tra Merkel e Sarkozy che sorridono in modo complice e ironico quando viene loro chiesto un parere sulle misure anti-crisi adottate dal governo Berlusconi. Il 12 novembre il premier fu costretto a salire al Quirinale per dimettersi; quattro giorni dopo gli subentrò a Palazzo Chigi Mario Monti.

Subito Forza Italia, all’indomani dell’apertura dell’inchiesta da parte della Procura di Trani, grida al complotto. Una congiura internazionale, con l’avallo della prima carica dello Stato, potrebbe aver provocato un sovvertimento della volontà popolare. É giusto che si indaghi, ma nel frattempo anche chi sta oggi a Palazzo Chigi, e, secondo qualcuno, in un futuro non lontanissimo potrebbe ricevere analogo trattamento, dovrebbe chiedersi quanto pericolose e inopportune siano tali ingerenze nella vita italiana e quanto fragile e claudicante sia la sovranità del nostro Paese.