Due sacerdoti uccisi a gennaio, una suora ancora in mano ai jihadisti
L’anno si apre con due sacerdoti uccisi, in Burkina Faso e nelle Filippine, e con una suora da quattro anni nelle mani dei jihadisti in Mali
Si rafforza l’ipotesi che siano stati dei jihadisti a uccidere don Rodrigue Sanon, il sacerdote cattolico parroco di Soubaganyedougou il cui cadavere è stato rinvenuto il 21 gennaio scorso nella foresta di Toumousseni, nel sud est del Burkina Faso. Don Sanon era scomparso due sere prima mentre in macchina percorreva la strada che dalla sua parrocchia porta a Banfora. Secondo gli inquirenti è molto probabile che l’intenzione fosse di rapirlo e che sia stato ucciso quando i suoi rapitori si sono resi conto che la polizia era sulle loro tracce: un comportamento più simile a quello dei terroristi che dei delinquenti comuni che eseguono sequestri a scopo di estorsione. Nel Sahel il jihad ha esteso il proprio raggio d’azione e ha approfittato della conflittualità etnica per radicarsi. Burkina Faso, Mali e Niger sono tra i paesi più colpiti e i religiosi cristiani ne fanno le spese. Il 7 febbraio sono trascorsi quattro anni dal sequestro in Mali di suor Gloria Cecilia Narvaez Argoti, della Congregazione delle Suore Francescane di Maria Immacolata. È stata rapita la sera del 7 febbraio 2017 nella sua missione di Karangasso, nel sud del paese, una zona fino ad allora ritenuta relativamente sicura. L’operatrice umanitaria francese Sophie Petronin, liberata insieme a padre Pierluigi Maccalli l’8 ottobre 2020, ha trascorso gran parte della sua prigionia insieme a suor Gloria, trasferite entrambe in una trentina di diverse basi jihadiste. Secondo la donna, suor Gloria ha bisogno di cure. Nell’anniversario del sequestro le sue consorelle hanno celebrato una novena speciale per la sua liberazione. Di recente il cardinale Jean Zerbo, arcivescovo della capitale maliana Bamako ha invocato la liberazione di tutti gli ostaggi ancora detenuti dai gruppi jihadisti: “ogni volta che preghiamo – dice - chiediamo al Signore la liberazione di suor Gloria e di tutti gli altri ostaggi. Questa è una grande umiliazione per il Mali. Sono venuti per fare del bene e sono stati rapiti dai banditi, come se fossero schiavi. È un peccato per il nostro Paese”. Sembra essere invece stato vittima di un episodio di delinquenza comune don Reme Bayang Regalado, ucciso nelle Filippine il 24 gennaio mentre stava rientrando nel suo seminario a Patpat, nell’isola di Mindanao. È stato ucciso con diversi colpi di arma da fuoco alla testa da ignoti che, dalla ricostruzione dei fatti, hanno fermato la sua auto in un punto isolato della strada che porta al seminario. Don Regalado si aggiunge al lungo elenco dei religiosi uccisi non espressamente in odio alla fede, ma perché accettano di vivere in contesti in cui violenze e abusi sono frequenti per portare una testimonianza evangelica di misericordia, prossimità e fraternità, come segno di speranza cristiana, e per questo mettono in conto il rischio di essere vittime di malviventi e persino delle stesse persone di cui si prendono cura.