Due film (in lockdown) per sorridere e pensare
Con le sale tristemente serrate per decreto sono le piattaforme internet, visibili pure sugli schermi tv, a offrirci i film più recenti. Abbiamo così gustato due commedie del 2020, È per il tuo bene di Rolando Ravello e Cambio tutto! di Guido Chiesa, leggere e divertenti, ma anche interessanti per capire come si sono trasformate le nostre relazioni familiari e come ci dibattiamo per cercare il meglio per noi stessi. Nella confusione del mondo d’oggi c’è ancora spazio per un anelito al bene e per cercare la felicità.
In questi giorni di festa siamo per gran parte del tempo chiusi in casa, così come sono chiusi dal lontano 26 ottobre i cinema e i teatri, impedendoci di usufruire di preziose occasioni culturali. Ma per fortuna, per gli appassionati della settima arte, non manca la possibilità di guardare le pellicole più recenti, messe a disposizione del pubblico direttamente sulle piattaforme digitali come Prime Video.
Abbiamo giustamente desiderio di leggerezza, ma senza perdere il nostro senso critico, che può essere stimolato anche da due commedie frizzanti come E’ per il tuo bene e Cambio tutto! Due storie che, pur nella semplicità delle trame, fanno riflettere per i flash impietosi ma veri sulla nostra esistenza quotidiana e sulla fragilità delle nostre famiglie, sempre più disastrate.
È per il tuo bene di Ravello riprende nel titolo quella giustificazione che più o meno tutti i genitori prima o poi buttano in faccia ai figli per orientarli (o condizionarli) nelle scelte della vita. Una convinzione che, se portata alle estreme conseguenze, come negli eventi comicamente inverosimili del film, non può che suscitare ribellioni e danni. Soprattutto quando non si conoscono affatto i propri ragazzi (in questo caso ragazze), le cui decisioni sono lontane anni luce dalle aspettative tranquille e borghesi di mamma e papà.
La storia racconta in modo paradossale e assolutamente irrealistico i casi-limite di tre famiglie, in cui i padri e le madri si trovano ad affrontare le impreviste scelte d’amore delle rispettive figlie. Il disinvolto avvocato Arturo (Marco Giallini), l’integerrimo poliziotto Antonio (Vincenzo Salemme) e l’irascibile Sergio (Giuseppe Battiston) lottano per impedire che le loro ragazze scelgano legami giudicati inaccettabili e fonte di infelicità. Gli stereotipi dei futuri compagni di vita delle fanciulle sono decisamente legati all’attualità e al politically correct: Valentina, la figlia di Giallini, addirittura scappa dall’altare dove doveva sposarsi con il classico bravo ragazzo, per unirsi alla “fidanzata” di colore vegana ed ecologista, di cui nessuno conosceva l’esistenza; Marta, l’erede di Salemme, è affascinata da un rapper senz’arte né parte, per di più maleducato, che non disdegna le canne; e Sara, l’adolescente di Battiston, si fa ammaliare da un quasi coetaneo di suo padre, un donnaiolo che la immortala in foto scandalose che di artistico hanno ben poco.
Le madri, Isabella Ferrari, Valentina Lodovini e Claudia Pandolfi (tra di loro sorelle) cercano invece di mostrarsi più comprensive e pronte ad accettare le decisioni delle figlie. Ritengono infatti che sappiano riconoscere da sole quale sia la loro felicità.
Insomma, i padri credono di agire per il bene delle pargole imponendo a tutti i costi il loro punto di vista, mentre le madri, più concilianti, accettano di superare ogni pregiudizio. Ma lo fanno solo per un quieto vivere e una cedevole affezione sentimentale. Gli uni e le altre, ugualmente incapaci di educare, alla fine si trovano costretti ad accettare il volere delle figlie, più che altro per riparare i numerosi guai combinati dagli indomiti papà-cognati, determinati a scongiurare quello che considerano un destino avverso per le loro fanciulle.
All’apparenza un lieto fine per genitori e figlie. Ma che non convince affatto. Qual è infatti “il tuo bene” invocato dal titolo del film? Non quello auspicato dai borghesi genitori, ma neppure quello costruito con accanimento istintivo dalle figlie ribelli (in realtà perfettamente omologate ai confusi modelli di libertà arbitraria del mondo contemporaneo). Gli spettatori del film, aldilà delle più o meno riuscite gag della commedia, dovranno pur chiedersi cosa significa educare e aprire i figli al futuro; che non sarà certo felice solo andando controcorrente rispetto alle aspettative degli adulti, quasi per scrollarsi di dosso l’eccesso di amore paterno (e materno), che non apre mai a una libertà costruttiva. Per i nostri giovani la libertà non può ridursi al cedere a un impulso che poco ha a che fare con una scelta motivata e autentica, così rara ai nostri tempi.
Guardiamo a un’altra generazione, quella dei quarantenni, probabilmente educati da genitori (i reduci del Sessantotto?) che ben poco hanno da proporre per una vita ricca di senso e gioia. Possiamo trarre spunti interessanti godendoci la commedia leggera e ritmata di Guido Chiesa, interpretata con simpatia - anche qui - dalla stressatissima Valentina Lodovini, in cerca di una nuova vita. Cambio tutto! racconta la storia di Giulia, appunto una quarantenne debole e fin troppo educata e corretta, che cerca un riscatto per la sua vita piena di contraddizioni e soprusi.
Conduce infatti un’esistenza nevrotica e frustrante, dovendo sopportare un compagno pseudo artista in crisi di ispirazione, con adolescente inquieto a carico, che la sfrutta bellamente senza muovere un dito nel faticoso menage familiare. Non va meglio neppure sul lavoro dove lei, abile responsabile marketing, viene costantemente vessata da un capo superficiale e del tutto inadeguato, che la considera ormai “stagionata”. E purtroppo anche gli affetti non brillano, tra una compagna di palestra incapace di ascoltare, perché perennemente incollata ai social, e una sorella che organizza ridicole feste di compleanno per il suo gatto, nuovo “figlio” dei tempi moderni.
Giulia, sull’orlo di un esaurimento, non ne può più e si affida alle cure di Neri Marcorè, un reclamizzato counselor olistico, per ritrovare la consapevolezza di sé. Da questo momento inizia il cambiamento della quarantenne disperata.
In che consiste la terapia? Nel dire semplicemente quello che pensa davvero, senza filtro, per liberarsi da convenzioni, sudditanze e manie. Così sul lavoro trova il coraggio di smascherare l’inconsistenza di una influencer ventenne, aggiornatissima ma totalmente priva di cultura, con cui l’inetto suo capo l’ha costretta a collaborare. E a casa si libera dell’artista fallito e parassita, per poi abbandonare le amicizie insincere e provare a guardare in modo nuovo la sorella. Per se stessa, infine, cancella l’ossessione della bilancia per accettarsi così com’è.
Insomma Giulia vuole rinascere, a costo di stravolgere la sua vita segnata da troppi compromessi e da una sottomissione agli altri per nulla positiva. Il finale è la sua partenza per un viaggio alla ricerca di sé, metafora di un percorso di verità necessario per tutti coloro che che accettano ogni cosa, senza ascoltare il desiderio profondo del cuore. Certo, il cambiamento di Giulia è fin troppo repentino, soprattutto considerando l’abitudine inveterata alla frustrazione; l’improvvisa spinta alla trasformazione di sé ha effettivamente e ironicamente del miracolistico, con tanto di gocce fornite dal guru di turno.
Ma se il film ci fa sorridere sulle nostre debolezze, che ci spingono ad accettare una vita in cui in realtà non ci riconosciamo, il suo merito più grande è un altro: apre le porte sulla necessità di cercare il vero cambiamento di sé, e così la risata raggiunge lo scopo di farci riflettere su quale sia l’attesa vera, che segna l’esistenza di ogni essere umano.