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SARAH E BURKE

Due cardinali e la Chiesa che attrae

La presentazione di un libro e un'intervista. Due esperienze diverse in contesti diversi, quelle dei cardinali Sarah e Burke, ma nel racconto del loro incontro di bambini con dei sacerdoti c'è tutto il significato della tanto famosa quanto fraintesa affermazione di Benedetto XVI, per cui la Chiesa si sviluppa per attrazione e non per proselitismo.

Editoriali 12_11_2019
I cardinali Burke e Sarah

Per una curiosa coincidenza in questi giorni ci siamo imbattuti nelle testimonianze di due grandi cardinali che raccontano che cosa, da ragazzi, li ha attratti verso la Chiesa e verso la vocazione sacerdotale. Stiamo parlando dei cardinali Robert Sarah, che sabato scorso abbiamo avuto a Milano, ospite della Nuova Bussola Quotidiana, e  Raymond L. Burke, che ha rilasciato un’intervista al New York Times.

Entrambi, più o meno da adolescenti, sono stati colpiti da alcuni sacerdoti, dal loro modo di pregare. Il cardinale Sarah si è riferito ai missionari spiritani francesi che erano nel suo villaggio, alla loro fedeltà nella preghiera nelle varie ore della giornata, cominciando dal mattino prima ancora dell’alba. Aveva raccontato nel dettaglio questa sua esperienza, alla base della sua vocazione, nel suo primo libro “Dio o niente”: «Tutti i giorni – scrive Sarah – gli spiritani vivevano al ritmo dell’ufficio divino, della Messa, del lavoro, del rosario, e non derogavano mai ai loro impegni di uomini di Dio. Da piccolo bambino che ero, mi dicevo che i padri andavano con una tale regolarità in chiesa, che dovevano essere certi di incontrarci qualcuno e di parlargli, in tutta confidenza. Era evidente che la mia ambizione era di poter incontrare Cristo anch’io». E ancora: «All’inizio mi mettevo in fondo alla chiesa e, guardando questi uomini, mi chiedevo che cosa facessero in ginocchio o seduti nella penombra, perché non dicevano nulla… Però avevano l’aria di ascoltare e di conversare con qualcuno in questa semioscurità della chiesa, illuminata dalle lampade. Sono stato realmente affascinato dalla pratica dell’orazione e dall’atmosfera che genera».

Circostanze diverse, ma un’analoga esperienza è quella raccontata dal cardinale Burke a Ross Douthat, sul New York Times del 9 novembre: «Quando ero in seconda elementare, nel 1955, a mio padre fu diagnosticato un tumore al cervello. Fu operato alla Mayo Clinic, ma in realtà non potevano fare molto. Trascorse a casa gli ultimi mesi della sua vita, e il sacerdote era solito venire per ascoltare la confessione e portargli la Santa Comunione. In quei giorni, quando il sacerdote veniva, andavo alla porta e lo trovavo con una candela accesa. Nella camera da letto, dove c’era mio padre malato, avveniva una piccola processione. Il sacerdote lo confessava e poi ci invitava a rientrare per il rito della Santa Comunione. Questo mi impressionò moltissimo. Solo negli anni successivi ho compreso il vero significato della sofferenza e della morte di mio padre. Ma ho potuto capire, pure da bambino, quello che stava succedendo. Ho visto come quel prete si comportava. Quindi l’idea di diventare sacerdote è cresciuta in me».

Ecco dov’è il fascino della vita cristiana: in questo dialogo reale, concretissimo con Dio, in questo essere segno visibile della presenza reale di Cristo. È in questo senso che si deve intendere che «la Chiesa si sviluppa per attrazione e non per proselitismo». Questa affermazione di papa Benedetto XVI è molto spesso fraintesa o ridotta nel suo significato, addirittura per svilire la missione. Ma il proselitismo che Benedetto XVI condanna consiste – lo afferma nell’enciclica Deus Caritas Est - in una azione caritativa esercitata allo scopo di «imporre agli altri la fede della Chiesa», mentre l’amore vero è gratuito. Cosa significa dunque che «la Chiesa si sviluppa per attrazione»? Benedetto XVI lo ha spiegato nell’omelia della Santa Messa di inaugurazione della Conferenza generale dell’episcopato dell’America Latina al Santuario dell’Aparecida il 13 maggio 2007: «Come Cristo “attira tutti a sé” con la forza del suo amore, culminato nel sacrificio della Croce, così la Chiesa compie la sua missione nella misura in cui, associata a Cristo, compie ogni sua opera in conformità spirituale e concreta alla carità del suo Signore». 

Non è dunque un invito a ritirarsi facendo semplicemente delle opere buone, ma è vivere lo stesso amore gratuito di Cristo, «culminato nel sacrificio della Croce». L'attrazione non è il fascino mondanamente inteso. La semplice esperienza di due bambini, poi diventati preti, vescovi e quindi cardinali ce lo spiega meglio di qualsiasi discorso. Quello che ogni fedele desidera veramente da un sacerdote, ciò di cui ha veramente bisogno non è la disponibilità di una serie di servizi, ma di vedere Cristo.