DSC: le due fratture da sanare
Che oggi la Dottrina sociale della Chiesa sia bloccata è stato più volte detto in questo blog. Basta vedere la posizione presa dalla Chiesa su Covid e vaccinazioni: nessun aiuto a valutare la questione sulla base dei suoi principi, anzi un ossequio alla versione del potere politico.
Tra le altre cose, a tenerla bloccata ci sono due fratture, la prima riguarda il rapporto tra la legge morale e la coscienza, la seconda riguarda il rapporto tra le scelte personali e la solidarietà. Possiamo vederle brevemente.
Oggi la Chiesa insegna che la legge morale è astratta e la coscienza la deve concretizzare nella situazione. Tra le due ci sarebbe come una opposizione, una tensione – come quando si fa il tiro alla fune – delle quali bisogna trovare un equilibrio, e la coscienza sarebbe l’organo di questa mediazione. Essa dovrebbe trovare il punto di incontro tra due tendenze opposte, tra il “sempre e in ogni luogo” della norma e il ”qui e ora” della situazione. Per fare questo lavoro la coscienza non deve essere solo “applicativa”, perché in questo caso non troverebbe il punto di equilibrio tra i due poli ma ridurrebbe un polo all’altro. Deve invece essere “creativa”, ossia reinterpretare norma morale per farla incontrare con il concreto. Tutti vedono però che in questo modo la norma morale viene modificata dalla coscienza e per liberarla dalla “astrattezza” la si priva della “assolutezza”.
Questa visione “creativa” della coscienza morale, denunciata dalla Veritatis splendor di Giovanni Paolo II, è stata invece applicata da Francesco nella Esortazione Amoris laetitia.
Bisogna invece ribadire che tra norma e coscienza non c’è polarità né tensione, perché la legge morale è presente fin da subito nella coscienza, che è il luogo della sua presenza, il luogo dove Dio creatore l’ha collocata. Infatti la coscienza conosce la legge morale “per connaturalità” come hanno sostenuto molti filosofi e teologi da San Tommaso alla Anscombe. Ciò vale soprattutto per norme morali negative che la coscienza vede essere sempre cattive e che non hanno bisogno di nessuna applicazione alla situazione concreta. Si capisce il motivo del rifiuto di queste azioni intrinsecamente negative da parte della Chiesa di oggi, se si pone mente al fatto che ogni norma deve essere reinterpretata dalla coscienza, cosa impossibile per le norme di questo tipo.
La seconda frattura è tra le scelte di etica sociale personali e quelle fatte secondo criteri di solidarietà. Sembra spesso che le scelte personali vengano intese come “individuali” o private, mentre sono personali e, come tali, sono sempre immediatamente anche sociali. Per esempio la scelta dei genitori di educare i figli in proprio è una scelta personale, ma non individualista, bensì per ottemperare ad un dovere a carattere universale e non privato. Non si tratta di un capriccio o di una opinione.
Così la scelta di non vaccinarsi nelle condizioni attuali di incertezza sanitaria e politica non deriva da un individualismo anti-solidale, ma dalla testimonianza dell’ossequio dovuto ad un dovere universale, valido per tutti e non perché scelto scriteriatamente dagli interessati. Anche in questo caso, come nel precedente dei genitori e della educazione dei figli, la testimonianza personale ripropone a tutta la collettività un dovere oggettivo e non soggettivo, universale e e non individuale, quindi pubblico e politico. Richiama anche il potere politico alle proprie responsabilità e quindi non è solo esercizio di soggettivismo emotivo o egoistico.
Queste due fratture sono molto dannose per la Dottrina sociale della Chiesa. Ambedue finiscono per relativizzare i principi e le norme insieme al loro rapporto con il concreto. Come si può capire, si tratta di minare il fondamento stesso della Dottrina sociale della Chiesa, che invece richiede proprio questo rapporto.