Droga, soli, ma alla ricerca del lembo del mantello
Il racconto della solitudine dei genitori di fronte alla droga. Ma anche la speranza riposta in Gesù.
Buongiorno,
sono un vostro lettore/sostenitore. Conosco tutti disagi e tutto il calvario che consegue dall'avere in famiglia una persona affetta da dipendenza dalle cosiddette droghe "leggere" (che, come ben sa chi incappa in questo genere di cose, ben presto si scopre che tutto sono fuorchè.... "leggere"). Come avete ben messo in evidenza nei vostri numerosi articoli, spesso questo tipo di situazioni sono legate a grossi disagi psichici, in un rapporto sia di causa che di effetto rispetto alla dipendenza.
Ebbene, porto la mia esperienza di persona che dovrebbe prendersi cura del proprio familiare affetto da questo male: siamo lasciati completamente soli dalle istituzioni sanitarie. Il mio familiare è una persona maggiorenne convivente con me, anche se in tutto e per tutto dipendente da me. Dietro il paravento del cosiddetto "diritto" del paziente a rifiutare le cure (anche questo, credo, un simpatico "portato" della Basaglia), noi familiari siamo completamente in balia del congiunto reticente a curarsi.
E' una situazione intollerabile per le famiglie, che sono devastate da questa piaga e lasciate sole a se stesse. In una prospettiva evangelica, queste situazioni sono oggi quelle che nel Vangelo vediamo raffigurate come miserie umane (il paralitico, il cieco nato, gli indemoniati .... ). Il Signore può liberare da tutto ciò, e talvolta - in questa solitudine - ci si sente come quella donna che pensa: "se solo io riuscissi a toccare il lembo della Sua tunica...".
Un sentito grazie, ed una esortazione a continuare!