Draghi parte in salita, i partiti non scoprono le carte
I primi segnali non sono tutti positivi per Draghi. Solo Renzi si dice entusiasta, i grillini rischiano di spaccarsi, mentre dal Pd ci sono sfumature anche se prevale la linea della collaborazione con il premier incaricato. La situazione più fluida è nel centrodestra, diviso tra favorevoli (Forza Italia) e contrari (Fratelli d'Italia) anche se non del tutto. La Lega alla prova di tenuta, che rischia una lacerazione profonda. Ma l'unica alternativa sarebbe il voto, quindi...
- UN DRAGHI IN VATICANO di Nico Spuntoni
- OCCASIONE PER FERMARE IL DDL ZAN, di Gianfranco Amato
L’accelerazione alla crisi di governo è stata impressa dal fallimento del tentativo esplorativo di Roberto Fico, che l’altra sera è salito al Quirinale con le mani vuote e senza una maggioranza. A quel punto il Capo dello Stato ha estratto dal cilindro Mario Draghi, evocato da più parti come il salvatore della patria e ora incaricato di formare un nuovo esecutivo. Significative le reazioni dei mercati: Borsa di Milano col vento in poppa e spread in picchiata.
Sarà un caso, ma su Facebook gira un post di Francesco Amodeo, considerato un complottista, che il 31 agosto 2020 profetizzava la caduta, entro fine anno, del governo Conte provocata da Matteo Renzi, a seguito di una decisione del Bildelberg del 2019. Ecco il post: «Hanno chiesto a Renzi di rendersi garante dell’accordo Pd-M5s. Di fondare poi un proprio partito ed uscire dal Pd in modo da diventare ago della bilancia in attesa del prossimo segnale. Segnale che arriverà se troveranno un’intesa su un nome tipo Draghi, sostenuto anche da Forza Italia e dalla parte anti-salviniana della Lega». Non si può dire che Amodeo non abbia indovinato. Sarà un caso? Forse si, visto che tantissime previsioni di analisti si avverano senza particolari meriti di chi le fa. Però il dubbio rimane.
Mattarella aveva già dovuto smentire nei giorni scorsi contatti con l’ex Presidente della Banca centrale europea, per non mancare di rispetto al premier Giuseppe Conte. Quindi, forse, il disegno era già molto delineato: riequilibrare in funzione filo-americana la politica italiana, ridimensionando l’asse filo-cinese tutelato dall’alleanza tra dem e pentastellati.
Intanto, però, ieri Draghi è salito al Quirinale, dove Mattarella gli ha conferito il mandato, che lui ha accettato con riserva. Ha incontrato i Presidenti delle Camere e anche il Presidente uscente, Giuseppe Conte. Con quest’ultimo ha avuto un lunghissimo colloquio.
Significative le prime parole del presidente incaricato, che si è detto fiducioso nel Parlamento, quindi sembra certo di avere i numeri per far nascere un esecutivo che possa gestire i nuovi progetti del Recovery Fund e guidare il Paese fuori dalla pandemia e sulla strada della vaccinazione di massa.
Tuttavia, i primi segnali non sono tutti positivi per lui. Se Matteo Renzi, vero facilitatore di questa svolta, esulta e auspica un governo Draghi forte e con un ampio appoggio parlamentare, i grillini sembrano spaccati: da una parte Beppe Grillo e il coordinatore-reggente Vito Crimi, che confermano la loro indisponibilità ad appoggiare un governo Draghi e ribadiscono la loro fedeltà a Giuseppe Conte; dall’altra alcuni più vicini alle idee del centrodestra, che vorrebbero sostenere un esecutivo Draghi, anche per non tornare alle urne. Eh già, perché lo spauracchio del voto anticipato funziona ancora di più dopo il naufragio del tentativo di ricomposizione della vecchia maggioranza. Mattarella ha lasciato chiaramente intendere che dopo Draghi non ci sono altri tentativi ma solo lo scioglimento anticipato delle Camere. Dunque i parlamentari grillini, che sono quasi certi di non essere rieletti, faranno di tutto per blindarsi alla poltrona fino al 2023, dando il loro voto a qualsiasi governo.
Tra i dem ci sono diversi punti di vista ma tutti più sfumati e in generale sembra prevalere la linea di collaborazione lanciata da Nicola Zingaretti, che manifesta sostegno a Draghi e elogia l’operato di Mattarella, che ha fatto di tutto per aiutare il centrosinistra nelle consultazioni ma poi si è dovuto arrendere di fronte alle divisioni tra gli alleati che sostenevano Conte.
Sul fronte del centrodestra si rischiano spaccature altrettanto laceranti. Forza Italia e i centristi come Maurizio Lupi guardano con interesse al tentativo di Draghi e non escludono affatto di sostenere un esecutivo guidato dall’ex Presidente della Banca centrale europea. Nella Lega i salviniani spingono per il voto subito mentre l’ala più moderata e dialogante, che fa riferimento a Giancarlo Giorgetti, sarebbe per un appoggio convinto e deciso a Draghi, in nome dell’europeismo e della fedeltà all’alleanza atlantica.
Giorgia Meloni, da sempre per il voto anticipato, mostra aperture e dichiara di voler valutare volta per volta le scelte dell’eventuale governo Draghi, pur restando all’opposizione.
E’ ancora presto per fare previsioni, ma la strada del presidente incaricato appare in salita e piena di ostacoli. Ce la farà SuperMario, come sperano oltreoceano? Se ce la facesse, di certo il quadro politico attuale si scomporrebbe e nascerebbero altre aggregazioni. Tutto dipenderà dalla durata dell’eventuale esecutivo Draghi e della sua composizione, se ristretta ai tecnici o allargata ai politici. Nei negoziati con i partiti si discuterà soprattutto di questo.