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CANADA

Dove l'eutanasia è legale si uccide anche chi vuole vivere: la storia di "H"

Weigel, il noto biografo di san Giovanni Paolo II, spiega cosa sta accadendo in Canada attraverso la storia di un uomo malato di cancro. "I medici anziché curare un'infezione lo hanno ucciso contro il suo parere e quello della moglie". Il tutto perché ormai, con la legalizzazione dell'eutanasia, l'omicidio di una persona "improduttiva" è diventato normale, se non un dovere.

 

 

-EUTANASIA PER DEPRESSIONE: PUNTUALITA' SVIZZERA di Elisabetta Broli

Vita e bioetica 03_09_2017
Eutanasia in Canada

Sotto la nostra traduzione dell'articolo di George Weigel, intitolato "E' una guerra culturale, stupido", apparso lo scorso 22 agosto su First Things. Weigel, noto intellettuale americano biografo di san Giovanni Paolo II, spiega cosa sta accandendo in Canada dove la legalizzazione dell'eutansia porta all'eliminazione obbligata di coloro la cui "qualità della vità" non è considerata sufficiente.

Coloro che persistono nel negare che la Chiesa è impegnata in una guerra culturale, i cui le parti in combattimento vengono giustamente chiamate la “cultura della vita” e la “cultura della morte”, dovrebbero riflettere su questo post di giugno sul blog del mio parroco dell'estate nella campagna del Quebec, Padre Tim Moyle:

“Questa sera sto preparando il funerale di una persona (chiamiamolo “H” per proteggere la sua privacy) che, mentre soffriva per un cancro, è stato ricoverato in ospedale a causa di un problema di altra natura, un’infezione alla vescica. La famiglia di H lo ha lasciato in ospedale all’inizio della settimana assumendo che i medici avrebbero curato l’infezione e che così poi sarebbe stato in grado di ritornare a casa. Ma con sgomento e orrore hanno scoperto che il medico curante aveva invece preso la decisione di non curare l’infezione. Quando loro gli hanno chiesto di cambiare la sua decisione di non agire, lui si è rifiutato affermando che sarebbe stato meglio se H fosse morto ora a causa di quell’infezione piuttosto che lasciare che il cancro facesse il suo corso uccidendolo più tardi. Nonostante la loro richiesta e la loro supplica, il medico non ha cambiato idea. Infatti, ha deliberatamente accelerato la morte di H ordinando di somministrargli una grande quantità di morfina per “controllare il dolore”, finendo per privarlo della coscienza mentre i suoi polmoni erano pieni di liquido. In meno di 24 ore H è morto.
Lasciatemi dire qualcosa di H. Aveva 63 anni. Lascia una moglie e due figlie che stanno ancora studiando in università per laurearsi. Non parliamo di una persona anziana peggiorata rapidamente a causa del corso della vecchiaia. Stiamo parlando di un uomo sottoposto a chemio e radioterapia. Stiamo parlando di un uomo che aveva ancora la speranza di poter sfidare ogni probabilità di morte abbastanza a lungo da assistere alla laurea delle sue figlie. Evidentemente e tragicamente, agli occhi del medico incaricato di provvedere alle cure necessarie per sconfiggere l’infezione, quella speranza non era abbastanza degna di essere perseguita.
Ancora, lasciatemi dire con molta chiarezza: era il desiderio espresso sia dal paziente sia dalla sua sposa che il medico curasse l’infezione. Questo desiderio è stato ignorato”.

La  vulnerabilità del Canada rispetto alla cultura della morte è esasperata dal sistema di “pagamento del singolo” vigente nel sistema sanitario canadese. E il fatto brutale è che è più economico praticare l’eutanasia ai pazienti piuttosto che trattare le loro condizioni secondarie che potrebbero diventare letali (come nel caso dell’infezione di H) o di effettuare le cure palliative. L’anno scorso, quando chiesi a un cattolico canadese di punta oppositore dell’eutanasia perché un paese ricco come “il vero Nord forte e libero” non potesse provveder le cure palliative per il fine vita di tutti i malati terminali, alleviando la paura di una morte di sofferenza protratta che incentiva l’eutanasia, mi rispose che solo il trenta per cento dei canadesi ha accesso a quelle cure. Quando domandai perché diavolo fosse così, lui mi rispose subito che nonostante le assicurazioni dei governi sia conservatori che progressisti di risolvere questa situazione vergognosa, i calcoli economici hanno sempre avuto la precedenza: da un punto di vista utilitarista, uccidere H, e altri nelle sue condizioni, con l’eutanasia era la politica pubblica più sensata. 

Ma in Canada, una democrazia matura, quel calcolo utilitarista dei governi in carica non sarebbe sopravvissuta a lungo se un simile e freddo calcolo non lavorasse nelle anime di troppi cittadini. E questa è una delle ragioni per cui la Chiesa dovrebbe ingaggiare una guerra culturale, non solo in Canada ma anche negli Stati Uniti e in tutto l’Occidente: per scaldare i cuori freddi e ricostruire una  società civile devota alla dignità dell’uomo. 

Esiste poi una ragione civica. Ridurre un essere umano ad un oggetto il cui valore è misurato dall’”utilità” significa distruggere una delle fondamenta dell’ordinamento democratico - la verità morale che la Dichiarazione di indipendenza americana chiama diritto “inalienabile alla vita”. Questo diritto è “inalienabile” - che significa innato, ossia non elargito dallo Stato - perché riflette qualcosa di ancor più fondamentale: la dignità della persona umana. Quando perdiamo di vista questo, come comunità umana siamo persi, la democrazia è persa. Quindi la guerra culturale va combattuta. Una Chiesa che prenda sul serio la giustizia sociale deve combatterla.