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a cura di Stefano Fontana

L'ANALISI

Dov’è finita la società civile internazionale?

Dottrina sociale 14_01_2021

Qualche lustro fa si faceva un gran parlare della “società civile internazionale” e anche chi si ispirava alla Dottrina sociale della Chiesa era caduto nel tranello. I vertiti ONU erano sempre accompagnati dai Social Forum delle ONG universaliste (allora ancora antiglobaliste), le agenzie ONU li ospitava o li organizzava per far dialogare le realtà associative della società civile globale e le istituzioni, in occasione dei vari G8 (ricordiamo per esempio quello di Genova) si riunivano anche movimenti e associazioni civili internazionali e così via.

Nella Centesimus annus Giovanni Paolo II aveva parlato della “soggettività della società civile” come terzo elemento insieme al mercato e allo Stato. Egli non si riferiva al contesto mondiale, ma molti svilupparono la cosa anche in quel senso e sembrava che se un cattolico non fosse dalla parte di questa società civile internazionale non fosse cattolico. Era come la nuova parola d’ordine. La giustizia e la pace sarebbero venute da lì.

Pian piano però la realtà si dimostrava per quello che era veramente. Molte ONG erano lautamente finanziate, come hanno anche dimostrato quelle impegnate nel traffico dei migranti; i Social Forum erano integrati nel sistema-ONU in una specie di consociativismo tra associazionismo (presunto) dal basso e nomenklatura delle Nazioni Unite, non erano quindi né alternativi né veramente liberi; l’ideologia dei nuovi diritti lanciata al Cairo e a Pechino fu fatta propria anche da questo variegato associazionismo internazionale; molte ONG sono la longa manus della pianificazione demografica, soprattutto tramite l’aborto, finanziata dalle grandi Fondazioni occidentali che, per agire, si servono di esse.

La società civile internazionale, in altre parole, dimostrò di non essere spontanea, libera e auto-produttrice di se stessa, ma di essere voluta, pianificata, finanziata e di essere a servizio di precisi obiettivi globali. Infatti se un tempo l’associazionismo civile internazionale era no-global ora è generalmente pro-global, secondo i nuovi ordini ricevuti. A meno che non si voglia credere che il fenomeno Greta Thunberg – per fare l’esempio più noto – sia spontaneo ed espressione del tessuto associativo della società civile internazionale. Nemmeno i movimenti popolari cari a papa Francesco possono dirsi immuni da disegni che li sovrastano e che li adoperano.

Se poi entriamo nella galassia internet si potrebbe pensare che il web abbia dato alla società civile internazionale nuove possibilità di aggregazione e di espressione. A ben vedere, però, il controllo dei grandi social-network è molto rigido, chi contrasta con il main stream viene cancellato e si va verso una “dittatura nel web” ormai molto evidente. Anche qui è molto difficile parlare di una società civile internazionale.

Quanto alla Dottrina sociale della Chiesa, bisogna dire che il concetto di società civile internazionale non è in essa presente. La tradizione del magistero sociale parla delle società naturali della famiglia, della nazione e del genere umano, ma non parla né di un potere politico mondiale né di una società civile mondiale. I cosiddetti corpi intermedi, in cui solitamente si fa consistere la società civile, hanno senso dentro le società naturali, quindi nel rispetto della famiglia e della nazione. Ciò non vuol dire che non ci debbano essere legami anche più universali, vuol dire solo che questi non possono essere lesivi degli altri che li precedono perché sradicherebbero le persone dal proprio contesto naturale. Ed è proprio questo che sta oggi facendo la società civile internazionale, uniformando le culture ad un unico modello e presentandolo come spontaneo e sorgente dal basso mentre è imposto dall’alto.