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IL CASO UE E ITALIA

Dopo tanta "pace", in Ucraina diventiamo belligeranti

Dopo decenni di missioni all’estero rigorosamente “di pace” molti stati membri Ue invieranno armi agli ucraini attaccati dai russi, inclusi noi italiani solitamente indecisi quando si tratta di inviare armamenti “letali” a chi ne ha bisogno per difendersi. Se è davvero questa la strada che i leader politici in l’Italia ed Europa intendono percorrere, sarà meglio che si preparino a raddoppiare le spese militari e a mantenere anche in tempi più difficili l’approccio bellicoso che oggi sembrano mostrare con tanta e inconsapevole baldanza.

- FINE EMERGENZA MAI di Ruben Razzante

Attualità 01_03_2022

Per mesi e forse anni ha perso molte occasioni per provare a diventare protagonista della sua sicurezza e di quella dei suoi confini orientali, provando a scongiurare la guerra in atto in Ucraina da mercoledì scorso, l’Unione Europea sembra aver scoperto improvvisamente una sorprendente vocazione bellica.

Dopo decenni di missioni all’estero rigorosamente “di pace”, di distinguo e dubbi sull’opportunità di armare i cacciabombardieri schierati in volo sull’Iraq e sull’Afghanistan per bombardare jihadisti, di valutazioni su quale codice penale applicare ai militari in missione, su quali regole d’ingaggio applicare (abbastanza “robuste” ma non troppo aggressive) e di dibattiti su quali mezzi fossero difensivi e quali offensivi finalmente europei e italiani hanno saltato il fosso.

Molti stati membri invieranno armi agli ucraini attaccati dai russi, inclusi noi italiani solitamente così indecisi quando si tratta di inviare armamenti “letali” a chi ne ha bisogno per difendersi. 

Li negammo a Tripoli (assediata dalle truppe del generale Khalifa Haftar) e alle milizie del governo di accordo nazionale (GNA) libico che tutelavano indirettamente anche i nostri interessi energetici e di contenimento parziale dei flussi migratori illegali, lasciando così ampio spazio ai turchi che hanno assunto il controllo e il ruolo di stabilizzatori della Tripolitania lasciando ai russi quello della Cirenaica (e ormai di parte del Sahel).

Concedemmo un po’ di armi ai curdi, tramite il governo iracheno, nell’estate 2014 quando l’offensiva dello Stato Islamico minacciava di travolgere Baghdad: giubbotti antiproiettile, mitragliatrici e vecchi lanciarazzi anticarro Folgore: un contributo quasi simbolico considerato che i curdi impiegavano armi anticarro e mitragliatrici diverse nella provenienza e nel calibro.

Quando il parlamento approvò la mozione del governo per la fornitura di tali armi, l'ex ministro della Difesa Parisi fece presente di fatto saremmo diventati belligeranti. Se ci si pose il problema di diventare “belligeranti” contro i terroristi dell’Isis al punto da fornire armi ai curdi ma di lasciare disarmati i nostri aerei in volo sull’Iraq, ora che il nemico è la Russia ogni remora sembra rimossa insieme a un ampio dibattito politico e parlamentare a questo proposito.

Vero che diversi stati membri di UE e NATO stanno fornendo munizioni, armi automatiche, artiglieria, missili anticarro e antiaerei portatili all’esercito ucraino mentre l’Alto rappresentante per la Politica estera Josep Borrell, solitamente prudente in tema di armamenti e interventi armati, si è scoperto oggi marziale e bellicoso affermando che “dobbiamo fornire munizioni, cannoni di grosso calibro ed equipaggiamento anticarro, anche carburante per carri armati e aerei e tutto questo deve essere coordinato”.

Insomma Borrell evoca uno sforzo logistico congiunto che alimenti le forze ucraine mentre, oltre la UE, il ministro degli Esteri britannico Liz Truss, ha ventilato l’invio di “volontari”, (ipotesi scoraggiata però dal ministro della Difesa Wallace) che potrebbero coprire l’invio di forze speciali e contractors.

“Dobbiamo fornire munizioni, cannoni di grosso calibro ed equipaggiamento anticarro, carburante per i loro carri armati, per i loro aerei, e tutto questo deve essere coordinato”, ha detto ieri l’Alto rappresentante Ue per la Politica estera Josep Borrell. prima della riunione dei ministri della Difesa dell’Unione. 

In Italia si parla di inviare missili antiaerei Stinger, missili o lanciarazzi anticarro di tipo ancora non noto, oltre a protezioni individuali, armi quindi ben più moderne e letali di quelle inviate ai curdi. Forniture che ci rendono “belligeranti” e sulle quali sarebbe utile un dibattito adeguato alla situazione.

Il fatto che ogni nazione trasferisca le armi in basi NATO e sia poi quest’ultima a trasferirle in Ucraina, richiederebbe ulteriori valutazioni politiche e dei singoli parlamenti. Inviare mezzi militari, anche solo da trasporto, della NATO in territorio ucraino dove è in corso “l’operazione speciale” russa significa un po’ più che teoricamente esporli al rischio di venire coinvolti in combattimenti o attacchi russi alle basi o ai mezzi stessi di trasporto, velivoli o veicoli.

Inoltre chi addestrerà le reclute ucraine all’uso delle nostre armi? Istruttori italiani o di altri eserciti NATO? Peraltro militari e contractors statunitensi, canadesi, britannici, baltici e polacchi sono già presenti da tempo a Kiev. E l’addestramento si svolgerà in Ucraina o fuori dai confini del paese in guerra?

Sempre per restare in Italia, abbiamo negato armamenti a nazioni alleate come Arabia Saudita ed Emirati Arabi Uniti perché avrebbero potuto impiegarli nella guerra nello Yemen ma oggi ne cediamo gratuitamente altri per combattere le forze russe in Ucraina dove divenire belligeranti significa essere nemici della Russia. 

Certo, meglio mandare armi agli ucraini (in parte inutili e in parte che arriveranno forse troppo tardi per venire impiegate) per lavarsi la coscienza che spedire i soldati europei a combattere sul Dnepr. Tuttavia, se è davvero questa la strada che i leader politici in l’Italia ed Europa intendono percorrere meglio che si preparino a raddoppiare le spese militari e a mantenere anche in tempi più difficili l’approccio bellicoso che oggi sembrano mostrare con tanta, forse inconsapevole, baldanza.