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CRISI UCRAINA

Donbass e Crimea, conflitti mai sopiti

Per l’opinione pubblica europea, la guerra in Ucraina è finita dopo gli accordi di Minsk 2 (11 febbraio 2015). Non è così. I combattimenti continuano nel Donbass e da giugno si registra una notevole escalation. E a questo conflitto si somma la crisi della Crimea, che per ora resta una guerra di nervi fra Russia e Ucraina. Ma può sfuggire di mano da un momento all'altro.

Esteri 16_08_2016
Check point in Crimea

Per l’opinione pubblica europea, la guerra in Ucraina è finita dopo gli accordi di Minsk 2 (11 febbraio 2015). Non è così. I combattimenti continuano. L’Ucraina contesta alla Russia il mancato rispetto degli accordi: il governo di Kiev non ha ancora potuto ripristinare il controllo sui confini orientali, un passo che doveva essere completato entro il novembre scorso. Il Cremlino ritiene che Kiev non abbia ancora accettato una riforma costituzionale che dia sufficienti garanzie e autonomia alle regioni del Donbass di Donetsk e Luhansk, tuttora indipendenti di fatto e controllate da milizie irregolari pro-russe. Sulla linea del fronte orientale si intensificano i combattimenti e intanto ricomincia a salire la tensione anche su un fronte che pareva ormai sopito dal marzo del 2014: la Crimea.

La crisi del Donbass non è ricominciata da questa settimana, ma almeno da giugno. A dire il vero non è mai cessata del tutto. Sporadici scambi di colpi di arma da fuoco, bombardamenti d’artiglieria e imboscate sono continuate per tutto il 2015 e il 2016. Si era registrata un’intensificazione dei combattimenti nell’agosto del 2015, ma la guerra vera e propria non riprese. Si assiste a una nuova escalation da giugno. L’Onu ha pubblicato a inizio agosto un rapporto sulle vittime civili, necessariamente incompleto. Solo a luglio sono 73. La causa della maggior parte dei decessi (il 57% dei casi) è il fuoco d’artiglieria. Dunque in piena violazione degli accordi di Minsk 2, che avrebbero imposto a entrambe le parti il ritiro dei mezzi pesanti oltre a una fascia di sicurezza. Se non viene rispettata neppure questa prima condizione preliminare del cessate il fuoco, si può capire come l’applicazione degli altri capitoli dell’accordo appaia utopica.

Al Donbass si sta sommando la seconda crisi in Crimea. Nata apparentemente dal nulla, la tensione ha incominciato a montare a seguito della denuncia russa di un tentativo di incursione ucraina in Crimea per condurvi sabotaggi. Le autorità russe parlano di squadre di forze speciali ucraine che avrebbero provato a entrare in Crimea. Un presunto membro del commando, arrestato dall’Fsb (servizio segreto russo), è stato mostrato, ferito, dalla televisione russa e costretto a spiegare un piano di sabotaggi, che sarebbe stato ordinato direttamente dai servizi segreti di Kiev. Un altro ucraino arrestato, il 30 luglio scorso, mentre scattava foto nell’aeroporto di Simferopoli, ha anch’egli confessato all’Fsb un piano terroristico per colpire aeroporto e stazione dei bus della capitale crimeana. Le confessioni televisive volute dall’Fsb (diretto discendente del Kgb) rievocano oscure memorie sovietiche e non vanno prese come oro colato. Tanto più che molti particolari non tornano. La stampa ucraina denuncia incongruenze e contraddizioni nei racconti, nelle foto e anche nello stesso video della Tv russa sull'arresto degli infiltrati, che sarebbe stato girato in un periodo di luna piena, quindi un mese prima.

Non si tratta solo di accuse, ma anche di manovre militari. La Russia, contestualmente alla crisi, ha dato il via a esercitazioni navali nel Mar Nero e di terra nella Transnistria (Moldova), al confine con l’Ucraina. A Kerch, nella punta più orientale della Crimea, è stata rafforzata la guarnigione russa. In Crimea sono stati installati anche i nuovi sistemi anti-aerei S-400. Miliziani del Donbass e probabilmente anche hacker russi hanno inviato sms ai cellulari dei soldati ucraini e loro familiari, per demoralizzarli e intimidirli. Si tratta solo di guerra psicologica?

La Crimea è stata annessa alla Federazione Russa nel marzo del 2014, dopo un’operazione militare non sanguinosa, prima negata e poi ammessa dallo stesso Putin a un anno dall’annessione. Lo stesso presidente russo ha anche dichiarato di essere stato pronto a usare armi nucleari per difendere la Crimea da un’ingerenza esterna. Da qui si spiega il sacro timore che la regione ucraina annessa dai russi ispira nella comunità internazionale: nemmeno negli accordi di Minsk si è discussa l’eventuale restituzione della Crimea all’Ucraina, di cui, dal 1954, era parte integrante ancor prima dell’indipendenza. La prospettiva di una guerra appare improbabile proprio per questo motivo. La Russia si è assicurata una presa sulla Crimea che nessuno mette più in discussione. Giocare il tutto per tutto con un nuovo conflitto e una possibile (anche se ancora remota) escalation nucleare sarebbe irrazionale. Si può ipotizzare la volontà di Mosca di creare un corridoio di terra che unisca il Donbass alla Crimea. Ma sia l’uno che l’altra possono già ricevere rifornimenti dalla Russia, senza necessariamente dover correre il rischio di un nuovo conflitto. Più probabilmente, la pressione russa sull’Ucraina è solo psicologica e mira a ottenere risultati internazionali e interni. A inizio settembre si terrà il vertice del G20 in Cina e a metà settembre i russi torneranno alle urne per rinnovare la Duma. Forse sono questi appuntamenti, più che la preparazione di una nuova guerra, a costituire la causa di questa nuova crisi. Ciò non toglie che la situazione possa sfuggire di mano. Con il confine della Crimea di nuovo chiuso, relazioni tese e manovre militari, ogni scintilla è buona per far scoppiare l'incendio.