Don Gamper, missionario contro il totalitarismo
Fuori dai confini della sua patria, l'Alto Adige, pochi conoscono la figura di Don Gamper. Il prete sud-tirolese, difese la lingua tedesca dalla censura imposta dal fascismo. Poi perorò la causa della sua comunità contro la deportazione "volontaria" voluta dai nazisti. Il docu-film La missione di Gamper ce lo ricorda.
Fuori dai confini della sua patria, cioè quello che in Italia chiamiamo Alto-Adige e che storicamente è noto come Mitteltirol o Deutsch-Südtirol, solo un pugno di cultori conosce il nome di Michael Gamper. Ma è un peccato, perché il canonico tirolese è stato un eroe della fede e un patriota autentico contro tutti i nazionalismi. Per questo sono un autentico gioiello i 54 minuti di Heimat Südtirol. La missione di Michael Gamper, il docu-film prodotto in due lingue (italiano e tedesco) dalla SD Cinematografica di Roma e da VeniceFilm di Padova per la regia del talentuoso 34enne Renzo Carbonera, nativo della provincia di Udine.
Nato 130 anni fa nell’impero asburgico, il 7 febbraio 1885 a Prissiano di Tesimo (provincia di Bolzano), nel cuore storico del Tirolo sin dal Medioevo, Gamper cresce nel mito di Andreas Hofer (1767-1809), l’oste prestato alla guerra che guidò i tirolesi tedescofoni, ladinofoni e italofoni contro l’invasione dei giacobini francesi in nome di Dio, dell’imperatore e dell’autonomia regionale. Studia prima a Merano, poi s’iscrive a Teologia nell’Università d’Innsbruck e infine entra nel seminario di Trento. Parroco in Trentino, nel 1908 diviene canonico del duomo di Bolzano. Qui incontra don Ämilian Schöpfer (1858-1936), teologo, giornalista, editore, esponente politico conservatore e in seguito governatore provvisorio del Tirolo tra il 1916 e il 1917. Nel 1907 don Schöpfer, già fondatore di alcune testate giornalistiche locali, aveva creato a Innsbruck la prestigiosa (tutt’ora esistente) casa editrice cattolica Tyrolia (divisa in due tronconi dopo la Prima guerra mondiale, in Alto Adige esiste oggi autonomamente come Athesia) e ora mette ben poco a intuire le grandi potenzialità comunicative di Gamper. Gli affida così la direzione del nuovo quotidiano, il Südtiroler Volksbote, uscito a partire dal 3 settembre 1919, allorché, annessa la provincia di Bolzano all’Italia, l’importazione del giornale austriaco Tiroler Volksbote è stata vietata.
Nel 1921 Gamper assume la direzione della branca altoatesina della Tyrolia, mutandone il nome nel latino Athesia: il regime fascista lo ha infatti costretto a tagliare completamente con l’etichetta-madre austriaca. Un mero dettaglio, se non fosse l’inizio del calvario del Tirolo tedescofono, ladinofono e italofono annesso al regno italico dopo la Grande Guerra per essere sbranato dalle ideologie.
La prima mossa tocca al fascismo. Nel 1923 il senatore Ettore Tolomei (1865-1952) presenta al governo la “soluzione finale” per l’italianizzazione dell’Alto Adige, da attuarsi con la riforma dell’educazione di Giovanni Gentile (1875-1944): a partire dal 1924 in tutto il bolzanino è vietato l’uso del tedesco a scuola. Il primo a reagire è Gamper, che meglio di tutti sa quanto, in una terra così religiosa, propria la lingua dai padri (e delle madri, e dei nonni) sia il veicolo indispensabile della trasmissione della fede e della sua incarnazione storica in una vita vissuta di usi e tradizioni.
I cattolici tirolesi entrano allora in clandestinità. Su suggerimento di Gamper, organizzano le Katakonbenschulen (o Geheimschulen, “scuole segrete”), prendendo a insegnare l’abbecedario e il catechismo in tedesco nei fienili, nei seminterrati e nei masi più remoti; una vera Vandea nonviolenta, che vede tra gli altri all’opera l’indimenticata maestra Angela Nikoletti (1905-1930), italofona. Intanto fuori, nelle scuole statali, viene imposta la mistica fascista.
Quando, nel 1925, il regime chiude l’ultimo quotidiano in tedesco, Der Landsmann, Gamper si scatena. Chiede, pretende, tira giacche e talari, e alla fine convince Papa Pio XI (1857-1939) in persona, ottenendo il permesso speciale, in sfida aperta al governo di Roma, di stampare un giornale in tedesco tutto nuovo, quel Dolomiten che con il suo inconfondibile logo in caratteri gotici dalla vigilia di Natale 1926 esce ancora puntualmente oggi. In seguito a un accordo tra Italia e Santa Sede (a cui non sono certo estranee le mosse legali e non di quel coraggioso prete dei monti che in Vaticano si conosce bene ed evidentemente si ama molto) nel 1928 all’Alto Adige viene concesso d’insegnare la religione in tedesco tra i 6 e i 14 anni. Ma è solo una tregua; adesso tocca ai nazionalsocialisti.
Il Terzo Reich vuole l’Alto Adige; non gl’interessano i tirolesi tedescofoni, ma un piede in Italia sì. Comunque sia, il trucco della lingua comune è utile; i tirolesi però non ci cascano, tant’è che le cattoliche Katakonbenschulen durano fino al 1943 e invano, sin dal 1935, i tedeschi cercano di sostituirle con le dichiaratamente naziste Notschule (“scuola di emergenza”).
Del resto, le mire naziste sul Tirolo allarmano l’Italia fascista; alla fine si raggiunge un compromesso ignominioso: le terre alto-atesine restano all’Italia mentre le popolazioni alto-atesine passano alla Germania. Deportate “volontariamente”, dato che nel 1939, sull’orlo dell’abisso della Seconda guerra mondiale, alle comunità montane viene chiesto di scegliere lo spartiacque del Brennero in cui abitare. Il Südtiroler Umsiedlung, le cosiddette “opzioni”, spaccano così in due un’unità cattolica popolare antica di secoli: Dableiber da un parte (chi resta alla mercé del nazionalismo fascista) e Optanten dall’altra (chi trasmigra alla mercé del nazionalismo nazista). Gamper si schiera con i primi e vede con tristezza il fratello schierarsi contro il fratello. Ma il peggio deve ancora venire.
I Dableiber sono vilipesi e offesi, discriminati e perseguitati, ma gli Optanten diventano cavie per esperimenti disumani. È ancora una volta il canonico Gamper a suonare l’allarme, nel 1940, con un saggio in tedesco (benché ne sia ancora vietato l’uso), Ein schrecklicher Verdacht ovvero “Un terribile sospetto”, presto divenuto certezza. L’ideologia eugenetica nazista pratica l’eutanasia sui malati di mente e i disabili per purificare la razza e lo fa iniziando dai tirolesi “d’importazione”. Il programma, famoso e famigerato, si chiama Aktion T4; imita lo sterminio eugenetico giacobino del settembre 1792; e in anni recenti è stato confermato archeologicamente dal cimitero dell’ospedale psichiatrico di Hall, nel Tirolo austriaco.
E Gamper? La Gestapo lo dichiara “Nemico pubblico n. 1 in Alto Adige” e lui scompare. Riemerge a Firenze, dove prepara una storia del Tirolo a uso degli Alleati. Sopravvissuto alla guerra, nell’ottobre 1945 torna in patria. Riprende la direzione di Dolomiten e dell’editrice Athesia, e si batte per l’identità tirolese fino a quando l’Italia non spegne nel nulla l’intera questione denunciando l’affair come una “marcia della morte”. I suoi appunti per gli Alleati non sono serviti. Ma per lui, cappellano indefesso dell’Heimat tirolese e patrono dei giornalisti d’inchiesta, la patria geo-culturale non era difendibile se non come espressione storica della fede cattolica. Lui ci si è sempre speso in prima persona, resistendo alle lusinghe, opponendosi ai venti di guerra, proclamando la verità. Il canonico Gamper è morto di cancro a Bolzano il 5 aprile 1956, ma il suo spirito, quello del vero Tirolo cattolico che parla tedesco, ladino e italiano, continua a proteggere la piccola patria tra i monti accanto a quello del comandante Hofer. A ricordarlo a tutti ora c’è il bel film di Carbonera.