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CITATO DAL PAPA

Don Camillo è ritornato. Ma è quello vero?

É tornato don Camillo. Lo ha proposto come modello di prete nientemeno che papa Francesco, al Convegno della Chiesa italiana. Proprio lui, il pretone della Bassa uscito dalla penna talentuosa di Giovannino Guareschi, lo scrittore italiano più letto e tradotto nel mondo, ma allo stesso tempo il più censurato in patria, dileggiato come reazionario. Ma la sua trasposizione cinematografica ne ha in gran parte tradito lo spirito originario.

Ecclesia 13_11_2015
Don Camillo nell'interpretazione di Fernandel

É tornato don Camillo. Nel modo in cui meno ce lo si poteva aspettare. Lo ha proposto come modello di prete nientemeno che papa Francesco, al Convegno della Chiesa italiana. Proprio lui, il pretone della Bassa uscito dalla penna talentuosa di Giovannino Guareschi, lo scrittore italiano più letto e tradotto nel mondo, ma allo stesso tempo il più censurato in patria, dileggiato come reazionario. Con una periodicità pressoché stagionale, le televisioni ripropongono da anni i film del ciclo di Don Camillo, liberamente, forse anche troppo, ispirati ai racconti di Giovannino Guareschi. 

Il favore presso il pubblico o, se si preferisce, l'audience, è sempre di grado elevato, e ciò ha consentito da una parte il perpetuarsi della popolarità delle "maschere" di don Camillo e Peppone a più generazioni, ma non sempre ha reso pienamente merito al loro creatore, dato che la trasposizione cinematografica ha in gran parte tradito lo spirito originario dei racconti, tanto da suscitare a suo tempo le proteste dello stesso Guareschi nei confronti  dei registi e degli sceneggiatori, stemperando spesso in un tiepido irenismo quello che era un confronto onesto, leale, ma anche duro e serrato tra le ragioni del cristianesimo e quelle dell'ideologia, che avvelenava (e avvelena) i cuori e le menti. 

Il pregiudizio che su Guareschi ha gravato per un quarantennio era motivato dal suo essere stato un autore “schierato”, e schierato “male”, agli occhi della cultura dominante. Un reazionario, un seguace quindi del trinomio “Dio, Patria e famiglia”. Può dunque sorprendere l’uscita di papa Francesco, e sarebbe bello sapere cosa ne pensano di tale autorevole indicazione pontificia i cattolici kasperiani, progressisti, aperturisti. Don Camillo, infatti, è un prete che indossa sempre la veste sacerdotale, che non viene mai a compromessi sui principi, che non fa “dialogo” con i “lontani”, ma semmai parla con molta franchezza con tutti, con Peppone, con i comunisti, con lo scopo di annunciare la verità, e amministrare la giusta misericordia cristiana. Cosa ne diranno di questa indicazione quelli che vogliono arruolare nelle loro fila il Papa, i vari Scalfari, ma anche quei teologi pret-à-porter che vogliono “svecchiare” la Chiesa rendendola prona alle mode del mondo? 

Don Camillo a tale proposito non aveva molti dubbi: la storia è una lotta tra la Chiesa che rende presente Cristo nella quotidianità e il mondo che lo rifiuta. Don Camillo, poco prima di morire, con il suo autore, Giovannino Guareschi, nel 1968, aveva avuto modo di esprimere le sue perplessità nei confronti del mondo moderno e anche della Chiesa moderna, quella che viveva la tempesta del post-Concilio, e degli interpreti del cosiddetto “spirito del Concilio”, quei “don Chichì” che descritti nell’opera ultima di Guareschi, quasi un testamento spirituale. Guareschi è stato uno scrittore che ha testimoniato e dimostrato che ciò che corrisponde al disegno di Dio corrisponde per ciò stesso alla natura reale delle cose. Guareschi ascoltò e accolse la risposta buona di Gesù: «La verità vi farà liberi». 

L’accolse e la ritradusse nelle parabole di Mondo Piccolo e di tutti i suoi racconti. Dunque vale la pena ricordarlo a chi oggi, davanti alle parole di papa Francesco, pensasse che in fondo don Camillo è solo una macchietta, da non prendere troppo sul serio. Don Camillo invece è il tipo di sacerdote che ogni cristiano si dovrebbe augurare di incontrare, in parrocchia, nel confessionale, e magari anche nelle sedi episcopali.