Domenica delle Palme
La Domenica delle Palme ricorda l'ingresso messianico di Gesù a Gerusalemme, sul dorso di un'asina, adempiendo così l'antica profezia (Zc 9, 9). La processione che precede la liturgia è documentata a Gerusalemme fin dal IV secolo.
La Domenica delle Palme segna l’inizio della Settimana Santa, come ben ricorda la monizione che precede la liturgia e introduce la processione: “Gesù entra in Gerusalemme per dare compimento al mistero della morte e Resurrezione”. Già queste parole ci consentono di entrare nel cuore della celebrazione, che ha come suo punto d’inizio il ricordo dell’ingresso messianico di Cristo a Gerusalemme, il Re di tutti i secoli e Nostro Signore che entra nella Città Santa sul dorso di un’umilissima asina, adempiendo così la profezia di Zaccaria: “Esulta grandemente, figlia di Sion, giubila, figlia di Gerusalemme! Ecco, a te viene il tuo re. Egli è giusto e vittorioso, umile, cavalca un asino, un puledro figlio d’asina” (Zc 9, 9).
I rami e i mantelli che la folla stese sulla strada sono il segno di un popolo che acclama il suo re, senza tuttavia immaginare che la regalità di Cristo avrebbe trovato il suo compimento sul Calvario. È la logica di Dio, così sorprendente e scandalosa per il mondo, è il mistero della croce che è già contenuto in quello che per la logica umana ha l’apparenza di un ossimoro: il Re su un asino. Un Re al quale i fanciulli cantano “Osanna al figlio di Davide”, che sconcerta chi detiene una qualche forma di potere terreno (“non senti quello che dicono?”, domandano sdegnati gli increduli scribi e sommi sacerdoti). Gesù ricorda quindi la necessità di farsi piccoli per entrare nel Regno dei Cieli, rievocando il Salmo 8: “Sì, non avete mai letto: Dalla bocca dei bambini e dei lattanti ti sei procurata una lode?”.
Ecco perché il culmine della liturgia odierna non può che essere la Passione. Tutte le letture mostrano il commovente legame tra l’Antica e la Nuova Alleanza che si realizza in Cristo, il divin Verbo che ama ciascuno di noi. E perciò abbassatosi fino a noi per mantenere le promesse di salvezza, ossia la liberazione dal peccato e dalla schiavitù a cui ci assoggetta Satana con i suoi inganni. Solo Cristo è la risposta al male, solo dalla sua croce - che ogni cristiano è chiamato a portare - passano la vittoria sulla morte e la gloria eterna. Non per nulla la liturgia della Parola si apre con un’altra profezia avverata, riprendendo un passo cristologico di Isaia, noto come Terzo canto del Servo: “Ho presentato il mio dorso ai flagellatori, le mie guance a coloro che mi strappavano la barba, non ho sottratto la faccia agli insulti e agli sputi” (Is 50, 6). Il Servo cantato da Isaia è la prefigurazione di Gesù sofferente e obbediente in tutto alla volontà del Padre, per espiare i nostri peccati e realizzare il disegno salvifico.
La processione che precede la liturgia è documentata a Gerusalemme fin dal IV secolo, e si estese presto in altri centri della cristianità come la Siria e l’Egitto. Con il tempo la processione accrebbe la sua importanza, arricchendosi di inni sacri e della rituale benedizione delle palme, attestata dal VII secolo. In quest’epoca operò tra gli altri un celebre innografo e teologo come sant’Andrea di Creta (c. 650-740), che sulla Domenica delle Palme scrisse: “Corriamo anche noi insieme a Colui che si affretta verso la Passione e imitiamo coloro che gli andarono incontro. Non però per stendere davanti a Lui lungo il suo cammino rami d’olivo o di palme, tappeti e altre cose del genere, ma come per stendere in umile prostrazione e in profonda adorazione dinanzi ai Suoi piedi le nostre persone. […] Agitando i rami spirituali dell’anima, anche noi ogni giorno, assieme ai fanciulli, acclamiamo santamente: Benedetto colui che viene nel nome del Signore, il re d’Israele”.
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Oggi si celebra anche: SAN FRANCESCO DA PAOLA