Docenti di religione e vaccini, le omissioni del teologo
Nello scritto “L’insegnante di religione cattolica e i vaccini contro il Covid-19”, don Maiolini (Ufficio Scuola Diocesi di Brescia) afferma che il Magistero è “unanime” nel dire che la vaccinazione anti-Covid sia “doverosa”. Ma il teologo include frasi non magisteriali e omette di citare documenti scomodi sull’obiezione di coscienza riguardo ai bimbi abortiti.
L’insegnante di religione cattolica e i vaccini contro il Covid-19 è il titolo di una riflessione di don Raffaele Maiolini, in risposta ad una richiesta dell’Ufficio per la Scuola della Diocesi di Brescia, di cui egli stesso è direttore. Praticamente tutto in casa. La riflessione cerca di identificare quale sia la posizione del Magistero della Chiesa sui vaccini anti-Covid e quale sia il grado di assenso che il fedele, e in particolare l’insegnante di religione, debbano prestare. La sintesi è che “la vaccinazione contro il Covid-19 non solo è possibile, lecita e doverosa, bensì è la posizione più coerente con il Vangelo di Gesù, perché è un atto di amore nei confronti degli altri e di se stessi”.
Maiolini esordisce con un’affermazione a dir poco singolare: “Nei confronti dei vaccini contro il Covid-19 il Magistero della Chiesa cattolica è intervenuto e la sua posizione è molto chiara, precisa, unanime e più volte ribadita a tutti i livelli”, ossia a livello della Chiesa universale, della Conferenza Episcopale Italiana e della chiesa locale (Diocesi di Brescia). Affermazione singolare, anzitutto per la sproporzione tra il dispendio dell’aggettivazione e gli interventi “magisteriali” richiamati; rispettivamente: la Nota della Congregazione per la Dottrina della Fede, che non vincola in alcun modo il fedele al dovere di vaccinarsi; il brevissimo e vago videomessaggio di papa Francesco del 18 agosto 2021; il documento della Commissione Vaticana Covid-19; la lettera della Presidenza della Conferenza Episcopale Italiana, che invoca una vaga raccomandazione alla vaccinazione; e infine persino il messaggio del vicario generale della Diocesi bresciana, che non fa altro che dare linee guida per la gestione della pandemia. Tutto fa brodo, per don Maiolini.
Si tratta di indicazioni tutt’altro che chiare e precise; come, per esempio, il videomessaggio del Papa, nel quale Francesco diceva che “vaccinarsi, con vaccini autorizzati dalle autorità competenti, è un atto di amore. E contribuire a far sì che la maggior parte della gente si vaccini è un atto di amore”. In quel videomessaggio non c’è praticamente altro: nessuna spiegazione sul perché la vaccinazione con questi vaccini, che ormai è assodato non sono in grado di impedire la trasmissione del virus, dovrebbe essere un atto di amore. Nessuna considerazione sulla questione etica legata alle linee cellulari contaminate da aborto, sui problemi legati alla sicurezza, agli effetti avversi, etc. Nulla di tutto questo. Ora, considerando questo videomessaggio con un pizzico di buon senso, come si fa a ritenerlo un atto di Magistero chiaro e preciso?
Il minimo che si possa dire è che don Maiolini abbia ampliato arbitrariamente il raggio di competenza del Magistero e la sua forza vincolante. Una cosa è affermare il principio morale del dovere di preservare ragionevolmente la salute propria e altrui - e questo rientra nella competenza del Magistero; altra è invece pretendere di vincolare la coscienza ad una precisa (presunta) modalità di preservazione della salute; valutazione che dipende invece da altri fattori, soprattutto di natura medico-scientifica, che vanno soppesati in modo prudenziale. Infatti, è proprio la Nota della CDF a ricordare che “non si intende giudicare la sicurezza ed efficacia di questi vaccini, pur eticamente rilevanti e necessarie”. Questi aspetti sono importanti quanto al giudizio morale prudenziale che ciascuno è chiamato a formulare, ma al Magistero non compete pronunciarsi direttamente su di essi; e dunque, in ultimo, il Magistero non può mai vincolare la coscienza del fedele ad utilizzare questo o quell’altro preparato. Può e deve invece dire cosa fare se questi sieri sono in qualche modo contaminati moralmente. Ed anche - e questo è un aspetto carente della Nota - fornire i criteri per illuminare moralmente la somministrazione di massa di vaccini sperimentali.
È altresì curioso che il primo documento richiamato da Maiolini sia la Nota del 21 dicembre 2020, la quale, rimandando al documento più autorevole in materia, ossia l’Istruzione Dignitas Personae della medesima Congregazione, riconosceva pur sempre l’esistenza di un problema etico, con gradi di responsabilità differenti. Per questa ragione, oltre a ricordare che “la vaccinazione non è, di norma, un obbligo morale e che, perciò, deve essere volontaria”, la Nota ammette la possibilità di rifiutare, “per motivi di coscienza”, tutti quei “vaccini prodotti con linee cellulari procedenti da feti abortiti”, con la raccomandazione di “adoperarsi per evitare, con altri mezzi profilattici e comportamenti idonei, di divenire veicoli di trasmissione dell’agente infettivo” (n. 5). Ma di questo Maiolini pare dimenticarsi. Come anche - omissione eloquente - di elencare, tra gli atti del Magistero, la medesima Dignitas Personae del 2008 e l’importante Nota del 2005 della Pontificia Accademia per la Vita, che fu il primo documento sul tema “vaccini illeciti”. Nella valutazione della presente vaccinazione non si può prescindere dalla questione del problema dei vaccini di origine illecita.
Ma anche su questo tema etico si deve registrare un non piccolo problema: su questo argomento, abbiamo infatti documenti di autorità e contenuto molto diverso, che vanno dall’affermazione del dovere di astenersi dalla vaccinazione, se non ricorrono precise condizioni (difendendo pur sempre l’obiezione di coscienza), alla vaccinazione come atto d’amore, fino a considerarla addirittura un dovere morale. Maiolini invece, per poter sostenere che ci sarebbe una posizione magisteriale “unanime”, arriva candidamente ad ignorare i documenti per lui scomodi e invocare così il “religioso ossequio della volontà e dell’intelletto” dovuto al Magistero autentico in base alle sue fonti arbitrariamente selezionate. E questo nonostante sia proprio la lettera della Presidenza della CEI, da lui invocata come atto magisteriale, a ricordare che “la tematica è complessa e la nostra riflessione dovrà rimanere aperta”.
Al contrario, Maiolini ritiene la sua sintesi - quella della vaccinazione “possibile, lecita e doverosa”, nonché “posizione più coerente con il Vangelo” - come fosse dottrina cattolica certa, comune o moralmente certa e intima che “l’insegnante di religione cattolica non deve pubblicamente parlare in maniera contraria rispetto alle indicazioni del Magistero”. Inoltre “l’insegnante di religione cattolica deve evitare di manifestare un dissenso pubblico in merito, soprattutto ricorrendo ai media (ricordiamo che vale anche per le chat di gruppo WhatsApp o Telegram, piuttosto che per altri social network come Facebook o Instagram); e analoga prudenza deve essere usata tanto più nei confronti di alunne e alunni, ma anche nei confronti del personale scolastico e delle famiglie, perché in quel momento l’insegnante di religione cattolica sta parlando ufficialmente e formalmente per mandato della Chiesa cattolica […], e, dunque, è chiamato a esprimere il parere della Chiesa cattolica, non il proprio”. Le sottolineature [qui grassetti, ndr] sono nel testo originale, ça va sans dire, giusto per rincarare la dose.
Dunque lui, Maiolini, può ignorare documenti scomodi, che difendono l’obiezione di coscienza e che sottolineano la presenza di un problema morale, mentre invece gli insegnanti di religione non possono nemmeno dissentire nelle chat da due frasi in croce del Papa, “miracolosamente” trasformate in un atto magisteriale.