Divorziati risposati, la Chiesa tedesca va per conto suo
I divorziati che si sono risposati possono ricevere la comunione ed essere riammessi ai sacramenti? La Chiesa tedesca respinge al mittente il monito di Müller, prefetto dell'ex Sant'Uffizio e procede sulla sua strada.
Al Sinodo straordinario sulla famiglia indetto da Papa Francesco manca quasi un anno, ma i vescovi tedeschi hanno già molto chiare le idee sull'orientamento da dare all'assise. A nulla sono serviti gli inviti alla prudenza e i richiami all'ordine giunti da Roma. Tutti rispediti al mittente, a cominciare dalle prese di posizione del prefetto della congregazione per la Dottrina della fede, monsignor Gerhard Ludwig Müller. A originare la tensione fu, ai primi d'ottobre, il documento rilasciato dall'Ufficio preposto alla cura d'anime della diocesi di Friburgo, retta fino a settembre dal vescovo Robert Zollitsch – rimasto come amministratore apostolico –, presidente uscente della conferenza episcopale locale. In quel testo si invitava «a rendere visibile l'atteggiamento umano e rispettoso di Gesù nel contatto con le persone divorziate e con chi ha deciso di risposarsi con rito civile». In pratica, il primo passo per la riammissione dei divorziati risposati ai sacramenti, a partire dalla comunione. Non appena lo Spiegel rivelò il contenuto del testo, il Vaticano disse che non sarebbe cambiato nulla, perché quel documento era privo della firma del vescovo di Friburgo. Nulla di nuovo, dunque. Nel frattempo, a frenare voli pindarici e a richiamare all'ordine nell'ottica dell'ortodossia cattolica, arrivava il lungo intervento di Müller pubblicato sull'Osservatore Romano, il 22 ottobre.
Presentandolo, il giornale del Papa definì quell'articolo "un contributo" alla discussione in vista del Sinodo, ma a leggerlo sembrava molto di più, quasi una chiara risposta a quei vescovi pronti ad agire unilateralmente sulla pastorale matrimoniale senza il previo e indispensabile consenso pontificio. Un testo, quello del prefetto dell'ex Sant'Uffizio, ancora più importante se si considera che era già stato pubblicato a giugno sulla Tagespost. Una riproposizione, quattro mesi dopo e sull'organo ufficiale della Santa Sede, assumeva così un valore non trascurabile. Müller chiariva che si rischiava di «banalizzare la misericordia, dando l'immagine sbagliata secondo la quale Dio non potrebbe far altro che perdonare». E questo perché, aggiungeva, «al mistero di Dio appartengono, oltre alla misericordia, anche la santità e la giustizia; se si nascondono questi attributi di Dio e non si prende sul serio la realtà del peccato, non si può nemmeno mediare alle persone la sua misericordia». Sul matrimonio, poi, Müller spiegava che esso rappresenta «l'atto personale e libero del reciproco consenso» attraverso il quale «viene fondata per diritto divino un'istituzione stabile, ordinata al bene dei coniugi e della prole, e non dipendente dall'arbitrio dell'uomo». A scanso di equivoci, il prefetto definiva il matrimonio come "indissolubile". In virtù di tali considerazioni, invitava la diocesi di Friburgo a ritirare il documento "incriminato", giudicato «contrario all'insegnamento e al Magistero della Chiesa cattolica».
Ma Zollitsch diceva no, chiarendo che il testo diffuso dall'ufficio per la cura delle anime rappresentava anch'esso un contributo alla formazione delle linee guida che, verosimilmente, saranno approvate definitivamente dalla conferenza episcopale tedesca la prossima primavera. «Noi abbiamo già le nostre linee guida, e il Papa adesso ha chiaramente specificato che certe questioni possono essere decise a livello locale», aggiungeva Robert Eberle, il portavoce della diocesi di Friburgo. Il riferimento è all'esortazione "Evangelii Gaudium" di Francesco svelata al mondo martedì scorso, e in particolare ai paragrafi in cui si parla della necessità di conferire alle chiese locali "qualche autorità anche dottrinale". Secondo Eberle, "molti punti" del documento papale suggeriscono che la Germania "si sta muovendo nella giusta direzione". Idea condivisa anche dal vescovo di Stoccarda, monsignor Gebhard Fürst, che spiegava come l'episcopato tedesco avrebbe adottato le proposte dell'ufficio diocesano di Friburgo in occasione della sessione plenaria di marzo – che, tra l'altro, sarà l'ultima presieduta da Zollitsch. Alle polemiche e alle accuse mosse dai settori conservatori di aprire la strada quasi alla "protestantizzazione" della chiesa tedesca, il portavoce della diocesi di Stoccarda rispondeva che la strada seguita va "nello spirito dell'insegnamento papale".
A rispondere a Müller c'aveva già pensato l'arcivescovo di Monaco-Frisinga, il cardinale Reinhard Marx, che durante l'ultima assemblea dei vescovi bavaresi aveva chiarito senza mezze parole e senza troppi complimenti che «il prefetto della congregazione per la Dottrina della fede non può fermare il dibattito» e che «al Sinodo si discuterà di tutto». Al momento, aggiungeva il porporato, «non è possibile dire quali saranno i risultati del dibattito». Inoltre, «qualcosa al gran numero di fedeli che non comprende perché una seconda unione non è accettata dalla chiesa andrà detto», sottolineava Marx, che esprimeva altresì un giudizio negativo sulla definizione data da Müller del divorzio come "fallimento morale". È "inadeguato", diceva l'arcivescovo di Monaco e Frisinga.
Se la Chiesa tedesca è intenzionata a imprimere un'accelerata riguardo l'accostamento ai sacramenti dei divorziati risposati, cercando così di orientare il dibattito sinodale, anche a Roma c'è chi dà un peso relativo agli ammonimenti del prefetto dell'ex Sant'Uffizio. Primo fra tutti era stato il presidente del Pontificio consiglio per la Famiglia, mons. Vincenzo Paglia, ancora in attesa di conferma ufficiale nell'incarico da parte di Francesco. Tentando di imitare Bergoglio e il lessico del Papa preso quasi alla fine del mondo, l'ex vescovo di Terni aveva detto in un'intervista ad Avvenire che l'urgenza è «di accogliere e ascoltare le famiglie così come sono, tutte le famiglie, nella complessità delle varie situazioni». E questo perché «dobbiamo essere sempre più in grado di parlare a tutti, con un linguaggio capace di coniugare verità e misericordia». Pazienza, insomma, se il custode dell'ortodossia avesse ripetuto che di famiglia ce n'è una soltanto e che il Pontefice in persona, già ad Assisi, avesse chiarito che la famiglia si concretizza nella «vocazione a formare di due, maschio e femmina, una sola carne, una sola vita».
Per Müller, poi, non valeva neppure portare a esempio la prassi ortodossa, la cosiddetta "seconda possibilità" ai divorziati risposati di accostarsi ai sacramenti: «Questa prassi non è coerente con la volontà di Dio, chiaramente espressa dalle parole di Gesù sull'indissolubilità del matrimonio», scriveva il prefetto sull'Osservatore Romano. Ma anche qui, c'è chi entro le mura leonine non è d'accordo. In un'intervista concessa a Vatican Insider, il segretario generale del Sinodo, monsignor Lorenzo Baldisseri, diceva infatti che «quello dei sacramenti ai divorziati risposati è un tema da affrontare con un approccio nuovo» e che, a tal riguardo, «l'esperienza della Chiesa ortodossa può esserci di aiuto, non solo per quanto riguarda la sinodalità e la collegialità, ma anche nel caso di cui stiamo parlando, per illuminare il cammino».