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CORSA AI RIMEDI

Divorzi, Londra presenta il conto

Nei prossimi giorni il governo presenta la legge che intende scoraggiare i divorzi, fenomeno che al Regno Unito costa più di 20 milioni di sterline l'anno.

Attualità 12_01_2011
DIVORZI UK
La promessa di curare la broken society inglese è stata uno dei pilastri della campagna elettorale del premier conservatore David Cameron. E a giorni Maria Miller, sottosegretario al ministero del Lavoro e Pensioni, farà chiarezza su alcune delle misure concrete mirate a sanare le profonde fratture che secondo i Tories sono alla base del malessere sociale del moderno Regno Unito: la fragilità morale, prima ancora che economica, della famiglia e la vulnerabilità della sua componente giovanile. 

La proposta, preannunciata dai media, consiste nell’introduzione di un contributo che le coppie in via di separazione, con figli, dovrebbero pagare per assistere lo stato nelle spese di mantenimento dei minori. Una tassa sul divorzio insomma, come è stata subito ribattezzata. L’iniziativa sortirebbe un doppio vantaggio, secondo i proponenti: da una parte quello di finanziare il complesso e costoso sistema statale che assiste nel mantenimento dei figli di divorziati e dall’altra scoraggiare la rottura del vincolo matrimoniale, inducendo la coppia in crisi a considerare la separazione esclusivamente come un rimedio estremo da evitare a tutti i costi.

Non era questo in origine l’approccio annunciato in campagna elettorale dai Tories, che avrebbero preferito facilitazioni fiscali per le coppie sposate. L’opposizione dei partner liberal democratici della coalizione ha finito per favorire una iniziativa che anziché incoraggiare il matrimonio, scoraggia la separazione mettendone in evidenza le conseguenze più nefande sui figli e sulle finanze. 
Il progetto è solo agli inizi e la Miller intende sottoporlo a consultazione pubblica, ma ha già suscitato un coro di proteste soprattutto da parte di organizzazioni femminili, che temono possa costringere le donne soggette ad abusi anche gravi a rimanere legate a partner violenti.  I suoi sostenitori ribattono che la proposta è ispirata a regolamenti simili già adottati con successo in Norvegia, dove una simile “tassa” e soprattutto l’assistenza di esperti che offrono servizi di mediazione e aiutano le coppie in crisi a valutare tutte le conseguenze negative della separazione, hanno portato ad una drastica riduzione nel numero dei divorzi negli ultimi anni.

Nonostante un calo record dal 1979 al 2008 (dovuto del resto al calo altrettanto record dei matrimoni), il Regno Unito resta uno dei Paesi con il più alto numero di divorzi in Europa. E collegato alla crisi della famiglia, c’è il numero record di gravidanze minorili e il fenomeno della violenza delle gang giovanili nelle metropoli inglesi. Secondo i calcoli di varie organizzazioni di volontariato impegnate in questo settore, circa il 15% dei bambini in Inghilterra cresce senza padre e il 70% della criminalità giovanile è composto da minori con un passato familiare instabile. Senza contare che il costo delle separazioni per  lo stato è stato valutato in una cifra che supera i 20 miliardi di sterline l’anno.

Occorrerà aspettare i dettagli della proposta per farsi un’idea più chiara e capire fino a che punto queste iniziative possano aiutare a risolvere una crisi dalle radici profonde. La combinazione di bastone (la tassa) e carota (la mediazione sponsorizzata e pagata dallo stato) può non bastare, e le preoccupazioni per le donne più vulnerabili sono certamente giustificate, ma il tentativo di recuperare la centralità della famiglia è per molti (inclusa l’opposizione laburista) un passo nella giusta direzione. Come lo è anche il richiamo alla responsabilità individuale che il provvedimento intende chiamare in causa e che ispira un altro pilastro della rivoluzione sociale annunciata da Cameron, quella della big society, nella quale ognuno si assume il compito di fare del suo meglio per costruire una comunità più giusta, più libera e più sana.