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ROMA

Disordine pubblico, una reazione possibile

Sabato 12 aprile, il centro di Roma è stato teatro dell'ennesima manifestazione devastante. Serve qualche riflessione sulla natura di proteste in cui i violenti non sono affatto eccezioni isolate. E suggerire qualche soluzione pratica.

Editoriali 17_04_2014
Roma, guerriglia urbana

Sabato 12 aprile. No global, antagonisti, black e blue block devastano il cuore di Roma e lasciano il solito intollerabile bilancio di feriti, anche gravi, e di danni materiali e di immagine alla Capitale. Tempo qualche ora, e la notizia non è più questa, bensì quella dell’agente che calpesta una manifestante che già si trovava a terra. Sia chiaro: da chi difende l’ordine pubblico si pretende il massimo della professionalità, fra cui rientra anche non farsi travolgere dal nervosismo. Ma far coincidere mediaticamente, come è accaduto negli ultimi giorni, l’ennesima aggressione a una città, a chi ci vive e a chi ci transita con l’equilibrio perduto da un (uno!) poliziotto, quando tutti gli altri agenti impegnati hanno per l’ennesima volta rischiato la pelle per la sicurezza di tutti, è il consueto esercizio di manipolazione della realtà.

Volendo guardare in prospettiva, senza rassegnarsi a che a scadenze periodiche le strade delle città più importanti d’Italia offrano lo spettacolo visto venerdì scorso in via Veneto, è il caso di fissare alcuni punti.

Primo: in piazza quasi sempre si infiltrano dei violenti. Non sono né pochi né disorganizzati, ma si inseriscono in manifestazioni che hanno delle ragioni di protesta. Immaginare che la protesta debba esaurirsi in piazza, senza tentare mediazioni e approfondimenti prima, significa per il governo e per le istituzioni trasformare ogni problema sociale in un problema di ordine pubblico, e scaricare sulle forze di polizia questioni gravi che vanno affrontate prima e altrove;

Secondo: anche le decisioni giudiziarie fanno la loro. Di regola, chi esercita violenza per strada, ammesso che sia identificato e arrestato, viene rimesso in libertà dopo poche ore e, se processato e condannato, va incontro a sanzioni lievi. È evidentemente una tendenza, non una regola: la logica di tutto ciò non è giuridica, bensì ideologica. Il post68 continua a orientare le decisioni di una parte della magistratura: essere consapevoli da parte del violento che il prezzo da pagare è eventuale e – se c’è – è prossimo allo zero incentiva il fumogeno e il lancio del mattone;

Terzo: fra concorsi bloccati o a rilento, turn over ridotto al minimo e risorse finanziarie costantemente tagliate, i poliziotti che affrontano la piazza hanno una età media sempre più elevata, indennità e straordinari pagati sempre meno e con sempre maggiore ritardo, mezzi sempre meno adeguati e corsi di formazione mirati alla gestione dell’ordine pubblico organizzati con sempre minore intensità. Se il governo conferma di voler affrontare certo dissenso solo in piazza, su tutto può tagliare fuorché sulle forze di polizia;

Quarto: non assumere responsabilità politiche ha un risvolto anche nella individuazione dei luoghi della protesta. Sarebbe interessante conoscere la logica dell’aver permesso quale luogo della manifestazione di sabato la via di Roma più densamente popolata da luoghi simbolo, dal ministero dell’Industria a quello del Welfare, dall’ambasciata Usa agli alberghi più lussuosi dell’Urbe. Chi e perché ha operato queste scelte geniali? Si pensa di proseguire così anche in futuro?

Quinto: ci sono altri settori dell’ordine pubblico per i quali, a differenza della piazza, è stata ed è usata una mano più decisa, con risultati soddisfacenti: la violenza negli stadi e nelle immediate vicinanze è a livelli inferiori rispetto al passato grazie a norme che, entrate a regime, hanno prodotto effetti interessanti. È vero che la protesta di piazza è diversa dalla partita di calcio, ma la seconda può offrire qualche spunto alla prima. Per esempio, estendendo l’arresto in flagranza differita; ha funzionato per gli stadi: non si può arrestare l’ultrà violento mentre è nel mezzo di una curva, pena reazioni ancora più violente dell’intera curva, ma – esaminando i fotogrammi che lo ritraggono – lo si può arrestare a distanza di qualche ora. O ancora, introducendo reati di possesso di materiale pericoloso o di oggetti atti ad offendere (compresi gli esplosivi), ovvero il lancio o l’utilizzo di tali oggetti in modo da creare un concreto pericolo per le persone, in analogia a quanto avviene in occasione delle manifestazioni sportive;

Sesto: se manifestare (pacificamente e senz’armi, come recita la Costituzione) è un diritto intangibile, non è vietato – ancora una volta, in analogia con quanto avviene in altri settori meno a rischio – accompagnarlo da qualche cautela; per esempio, prevedendo, tra le prescrizioni imposte per lo svolgimento della manifestazione pubblica, la prestazione di una garanzia economica –attraverso un contratto di assicurazione – per il ristoro di danni eventualmente provocati nel corso della medesima manifestazione, e quindi negando l’autorizzazione se non si provvede a ciò. Se questo diventasse prassi ordinaria, sarebbero i promotori della manifestazione i primi a organizzare propri servizi d’ordine per evitare danni.

Quello che non si può continuare a fare è fare nulla, e cioè rassegnarsi alla devastazione, esasperare le forze di polizia e continuare a negare loro ricambi e mezzi.