Disagio giovanile, cause e rimedi per uscirne
Nel saggio Per amore dei nostri figli Francesca Romana Poleggi individua e analizza le numerose cause dell’attuale disagio giovanile e suggerisce alcune strade percorribili da genitori, insegnanti ed educatori per tornare a essere maestri e testimoni coraggiosi di verità e bene.
Fragili e stressati, bulli e bullizzati, con disturbi dello sviluppo e disagi psicologici. Così si manifestano oggi tanti, forse troppi, giovani. Tra le cause di tale malessere non vi è banalmente la chiusura sociale causata dalla pandemia, ma una serie di ragioni che necessitano di essere indagate in maniera più approfondita, come fa il recente saggio Per amore dei nostri figli (Sugarco 2024, pp. 192) di Francesca Romana Poleggi, direttore editoriale della rivista mensile Notizie Pro Vita & Famiglia e membro del direttivo di Pro Vita & Famiglia, onlus in prima linea nella difesa e promozione del diritto alla vita di ogni essere umano dal concepimento alla morte naturale, della famiglia e della libertà e priorità educativa dei genitori.
Si tratta di un volume particolarmente documentato che mette a fuoco ciò che fa male ai ragazzi attraverso argomentazioni di buon senso, dati e studi per stimolare una riflessione necessaria soprattutto a genitori, insegnanti ed educatori al fine di cogliere, anche dietro gli episodi di cronaca più tragici, le motivazioni profonde di un così acuto disagio nelle giovani generazioni.
«Il problema non sono i ragazzi. Sono i cattivi maestri che essi continuano ad avere. Maestri che non insegnano ma corrompono, poiché vorrebbero che le nuove generazioni fossero veramente le ultime. Sembra che questi maestri abbiano vinto, ma c’è una forza da non sottovalutare: la potenza della verità», scrive Francesco Borgonovo nella presentazione del saggio, individuando nei cattivi maestri una causa imprescindibile e nel riconoscimento della verità il rimedio principale al loro disagio. Lo rilevava in maniera icastica già il compianto cardinal Caffarra: «La loro è una povertà di senso, perché noi adulti abbiamo costruito per loro una dimora dove le supreme distinzioni tra vero e falso, fra bene e male sono giudicate insignificanti. E così abbiamo accorciato la misura del loro desiderio; abbiamo estinto in loro il gusto della libertà».
Rivoluzione antropologica, cultura edonista, società digitale sono infatti senza dubbio alcuni tra i fattori scatenanti «l’epoca delle passioni tristi», per dirla col filosofo Benasayag. D’altra parte il paradigma culturale nichilista imperante inculcato a scuola e diffuso dai media e dalle mode influenza pesantemente la concezione di vita di un adolescente e il suo agire nel mondo, e dunque la sua percezione dell’avvenire che da “futuro-promessa”, fonte di sogni e speranze, diviene piuttosto “futuro-minaccia”, ossia motivo di inquietudine, incertezza e precarietà. Lo testimonia purtroppo tragicamente l’aumento dei suicidi e dei disturbi psichiatrici tra i giovanissimi degli ultimi anni, come osserva la Poleggi.
L’incremento di fenomeni quali consumo di alcolici e droghe, bullismo e cyberbullismo; di episodi di violenza da parte di baby gang affonda le sue radici nell’incapacità di dire ‘no’ e di porre dei limiti ai propri figli da parte di genitori non in grado di esercitare la propria autorità e di testimoniare un senso di responsabilità autentica nell’adempimento dei propri doveri; «perfetti adulti con la sindrome di Peter Pan, cresciuti col mito del “vietato vietare”».
Ad abdicare in larga parte alla propria vocazione figura poi la scuola, sempre più burocratizzata e preoccupata di promuovere i temi dell’Agenda 2030 «infarcita di abortismo, omosessualismo, catastrofismo ecologista ansiogeno» e di veicolare una ‘cultura della morte’, piuttosto che di educare i giovani a sviluppare un pensiero realmente critico e a costruire un bagaglio di conoscenze e competenze spendibili nella vita prima che nel lavoro. D’altra parte avere giovani «fragili e con la testa piena di niente» conviene al potere politico, «a coloro che desiderano un popolo di somari, ottimi consumatori, remissivi, facili da spaventare, facili da governare», come sottolinea l’autrice.
Relativamente al terrorismo psicologico suscitato dagli ambientalisti catastrofisti, la stessa invita a educare i giovani a un sano rispetto del creato; «a spiegare loro, per amore di verità, che l’uomo e il progresso sono molto meno distruttivi della natura; che l’ingegno umano è in grado di rimediare o prevenire i disastri causati dall’uomo o dalla natura in modo sempre più intelligente ed efficiente».
Riguardo al dibattito acceso sull’educazione sessuale nelle scuole, la Poleggi puntualizza con chiarezza che «l’educazione sessuale è compito dei genitori: solo loro sanno i tempi e i modi adatti a ciascun bambino. Se la fanno male, o non la fanno, pazienza. Non è certo lo Stato, la scuola (o le associazioni Lgbtq+) che devono proporre indiscriminatamente a tutti, a tappeto, quella che è una (dis)educazione alla genitalità e all’uso del corpo proprio e altrui come un oggetto di piacere». Di qui denuncia senza mezzi termini la propaganda pornografica, di cui il «potente e pervasivo lavaggio del cervello operato da internet, dai social, dai telefonini» è chiaramente complice. Inoltre si sofferma particolarmente sulla pedopornografia e sul progressivo sdoganamento della pedofilia. A partire dal fenomeno crescente dei detransitioners evidenzia ancora in special modo gli effetti nefasti e spesso irreversibili dei processi di transizione di genere su salute fisica e benessere psicologico degli adolescenti.
Rispetto all’esigenza di arginare la dipendenza dai social degli adolescenti, basti ricordare con l’autrice che persino Steve Jobs preferiva che i suoi figli si tenessero alla larga da smartphone e tablet. Citando studi e dati, la Poleggi decostruisce infine molti falsi miti di progresso, tra cui le menzogne di aborto, contraccezione e fecondazione artificiale, ma anche delle droghe leggere.
Insomma si tratta di un saggio politicamente scorretto che se da un lato intende generare maggiore consapevolezza sulle problematiche legate al disagio giovanile, dall’altro offre anche preziosi suggerimenti perché – ripartendo dalla famiglia, dai principi della legge naturale e dalla fede – genitori, insegnanti ed educatori tornino a essere maestri della cultura della vita, ossia testimoni coraggiosi di verità e bene nella quotidianità «per amore dei nostri figli».