Diminuiscono gli sfollati, ma la situazione in Centrafrica resta drammatica
Dall’inizio del 2018 più di 150.000 persone sono riuscite a tornare a casa, ma gli sfollati sono ancora oltre 600.000 su meno di cinque milioni di abitanti
Nella Repubblica Centrafricana, in guerra dal 2013 nonostante il ripristino della democrazia dopo il colpo di stato che aveva portato al potere una coalizione sostenuta dalla minoranza islamica della popolazione, sono attivi 16 gruppi armati sempre meno motivati dall’appartenenza a una diversa fede (islamici contro cristiani), ma non per questo meno combattivi e pericolosi. Ormai sono soprattutto “bande di predoni”, come li ha definiti don Dante Carraro, direttore dell’associazione Cuamm, arrivato nei giorni scorsi nel paese per seguire un progetto sanitario. Il Centrafrica manca dei servizi di base, soprattutto quelli sanitari. La copertura vaccinale dei bambini – spiegava don Dante all’agenzia Fides il 24 luglio – non supera il 10%, ci sono solo sei ospedali regionali, privi di acqua ed energia elettrica, in tutto il paese c’è un unico ospedale pediatrico pubblico con soltanto 180 posti letto e una sezione medica allo sbando. Tutta la popolazione soffre di questa situazione, ma più di tutti ne patiscono le conseguenze i profughi interni che continuano a essere centinaia di migliaia, circa un abitante su otto. L’ultimo censimento ha individuato 11.850 nuovi sfollati nel mese di giugno. Tuttavia si è registrato al 30 giugno un calo del 7% rispetto al mese di maggio, il che porta il numero complessivo degli sfollati a 608.028. Il 55,3% degli sfollati vive alloggiato in famiglie d’accoglienza: in tutto 354.017 persone. Il 39,5%, 249.522 persone, si trova in campi per profughi e 4.489 sfollati, pari al 5,3% vive nella boscaglia, senza dimora.