Schegge di vangelo a cura di don Stefano Bimbi
Santa Caterina d’Alessandria a cura di Ermes Dovico
PROCESSO A SALVINI

Diciotti, il governo fa quadrato, ma Conte è logoro

Ieri la giunta per le autorizzazioni del Senato ha iniziato a esaminare la richiesta di processo a Salvini sul caso Diciotti. L’orientamento pentastellato è ormai quello di fare fronte comune col Ministro dell’Interno. Ma il “parafulmine” Conte è logoro e insofferente. E l'emergenza finanziaria all'orizzonte non fa ben sperare...

Politica 08_02_2019
La giunta per le autorizzazioni del Senato

Sostegno pentastellato a Matteo Salvini sulla vicenda Diciotti in cambio della resa leghista sulla Tav. Circola da giorni questa voce, che avrebbe dell’incredibile e che confermerebbe le amare considerazioni fatte da molti osservatori politici sull’attuale governo, che somiglia tanto a quelli della Prima Repubblica, almeno per quanto riguarda i suoi aspetti deteriori.

Non c’è la prova di un compromesso del genere, ma i segnali di ieri non sembrano affatto escluderlo, visto che l’orientamento pentastellato è ormai quello di fare fronte comune col Ministro dell’Interno, nonostante i proclami decennali del Movimento Cinque Stelle contro i privilegi della casta e dei politici.

La giunta per le autorizzazioni del Senato, nella riunione di ieri, ha accolto i documenti - allegati alla memoria difensiva del leader della Lega Matteo Salvini - firmati dal premier Giuseppe Conte, dal vicepremier Luigi Di Maio e dal ministro dei Trasporti Danilo Toninelli, nonostante le proteste del senatore di Leu ed ex presidente del Senato Pietro Grasso, membro della giunta, che li considerava irricevibili.

Le parole del premier e degli altri due esponenti del governo avranno quindi un peso nella valutazione della richiesta di autorizzazione a procedere avanzata dai giudici di Catania per il ministro Salvini, accusato di sequestro di persona aggravato. Sulla questione non c’è stato alcun voto, ma solo la decisione del presidente della Giunta per le Immunità, Maurizio Gasparri, che è stata presa “a norma di regolamento“. Il leader della Lega ha preferito non comparire di persona davanti alla giunta. Si legge nella sua memoria: “L'impostazione del tribunale di Catania calpesta le più elementari regole del diritto internazionale e della nostra Costituzione, invadendo poi una sfera di esclusiva prerogativa dell'Autorità di governo”. E ancora: “Lo scalo tecnico a Catania è stata una scelta dell'Autorità marittima esclusivamente per ragioni di comodità legate ai rifornimenti di cibo, acqua ed altro, rifornimenti che potevano avvenire tranquillamente anche in mezzo al mare”. Nel suo documento, il Presidente del Consiglio ha scritto: “Le determinazioni del Ministro dell’Interno sono riconducibili a una linea politica sull'immigrazione che ho condiviso”. L’intero governo rivendica così la propria responsabilità nel caso della Diciotti, quando per cinque giorni fu vietato lo sbarco ai 177 migranti a bordo della nave della Guardia costiera. Quella, secondo la difesa di Salvini e i vari documenti, fu una scelta politica che non consente di processare il ministro per sequestro di persona aggravato come invece vorrebbero fare i giudici del Tribunale di Catania. 

Questo però non vuol dire che non siano stati commessi reati. Il Presidente della Corte Costituzionale, Giorgio Lattanzi, ha spiegato che “un reato può essere commesso da una singola persona o da più persone come da un singolo ministro, da più ministri o dall’intero governo. In presenza di un reato ministeriale c’è un Tribunale dei ministri, quindi un organo collegiale che è garanzia. Questo Tribunale se ritiene che il fatto denunciato costituisce un reato, rimette il caso al Parlamento che deve valutare se questo reato è stato commesso nell’interesse dello Stato o nell’interesse pubblico. Quindi c’è una valutazione giuridica e una del Parlamento; i giudici fanno una valutazione giuridica e il Parlamento una politica”. Le accuse del Tribunale di Catania potrebbero estendersi all’intero esecutivo e la giunta per le Immunità del Senato potrebbe decidere di non votare l’autorizzazione a procedere nei confronti del solo Salvini, scegliendo prima di interpellare i giudici.

All’interno del Movimento Cinque Stelle, che è sempre stato "contro qualsiasi tipo di immunità", ci sono malumori. Secondo il presidente dell'Antimafia Nicola Morra bisogna votare sì, per un fatto di credibilità. Di Maio ha detto che la decisione del Movimento "sarà corale" e sarà presa "dopo il percorso di istruttoria".

Francesco Bonifazi del Pd ha ironizzato: “I lavori della giunta sono praticamente finiti qui: i Cinque Stelle voteranno no alla richiesta di autorizzazione a procedere per Salvini dimostrando la loro proverbiale coerenza: oggi sono diventati tutti ipergarantisti, ma in futuro potrebbero diventare ipergiustizialisti”. Maurizio Martina, candidato alla segreteria del Pd, ha aggiunto: “Mi pare chiaro ci sia un patto scellerato per salvare il Ministro dell'Interno dal processo e in cambio bloccare la Tav. Uno scambio vergognoso sulla pelle del Paese”. Silvio Berlusconi, che ieri era in Abruzzo con Matteo Salvini e Giorgia Meloni per rilanciare il centrodestra unito, almeno in vista delle elezioni regionali di domenica 10 febbraio, ha rivendicato la sua diversità rispetto ai grillini: “Noi non siamo i Cinque Stelle, che non hanno ancora sciolto la riserva su come votare al Senato sulla richiesta di autorizzazione a procedere contro Salvini: davvero una bella prova di solidarietà umana e politica, oltre che di senso del diritto”.

La giunta del Senato si esprimerà entro il 20 febbraio. Ci attendono, quindi, altre due settimane di tira e molla, dichiarazioni e smentite, tensioni, rivendicazioni, accuse e minacce tra due forze politiche che cercano di monetizzare elettoralmente ogni vantaggio tattico, tanto più in vista dei vari appuntamenti elettorali (domenica l’Abruzzo, il 24 la Sardegna, il 24 marzo la Basilicata). Lega e Movimento Cinque Stelle si studiano reciprocamente e con crescente diffidenza, ma non rompono il patto di governo perché al momento conviene ad entrambi. La vicenda Diciotti è solo una delle mine vaganti sul percorso, sempre più accidentato, dell’attuale esecutivo. Il “parafulmine” Conte è logoro e anche un po’ insofferente, come emerge dal fuorionda tra lui e la Merkel, a margine del recente vertice di Davos. E l’esplodere di una nuova emergenza finanziaria potrebbe rappresentare la classica valanga inarrestabile che spazza via tutto.