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Diaconesse, il Papa se la cava con una prefazione gesuitica

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Donne all'altare: ne scrivono cinque autori, tra cui una "vescova" anglicana, almeno due dei quali puntano al sacerdozio femminile. A introdurre il volume è il Pontefice, che non parla certo "papale papale".

Ecclesia 18_07_2024 English Español
Anglican Communion News Service

«Lungo l’epoca moderna, particolarmente segnata dal fascino per le idee “chiare e distinte”, anche la Chiesa è caduta, a volte, nella trappola di considerare la fedeltà alle idee più importante dell’attenzione alla realtà. La realtà, però, è sempre più grande dell’idea, e quando la nostra teologia cade nella trappola delle idee chiare e distinte si trasforma inevitabilmente in un letto di Procuste, che sacrifica la realtà, o parte di essa, sull’altare dell’idea». Così papa Francesco nella sua prefazione al libro Donne e ministeri nella Chiesa sinodale. Un dialogo aperto, fresco di stampa per le Edizioni Paoline, scritto a dieci mani sul tema caldo relativo alle donne e ministeri ecclesiali. Affermazione che condividiamo in toto, purché ci si intenda sull'estensione del termine «realtà», allorché si parla della Chiesa. Ci torneremo.

La pubblicazione mette a conoscenza del pubblico i temi toccati nei quattro incontri del Consiglio dei Cardinali (l'ormai famoso “C9”), che il Papa ha voluto tra la fine del 2023 e la primavera del 2024, con particolare focus sull'incontro del 5 febbraio scorso. Ad essere chiamate a portare il loro contributo sono state tre teologhe: Suor Linda Pocher, Figlia di Maria Ausiliatrice e docente di Mariologia, Cristologia e Teologia Fondamentale II alla Pontificia Facoltà di Scienze dell'Educazione Auxilium; Giuliva Di Berardino, consacrata dell'Ordo Virginum della diocesi di Verona, e insegnante di “danza di lode e di adorazione”; Jo Bailey Wells, “vescova” anglicana e sottosegretaria generale della Anglican Communion. Due i cardinali del C9 a mettere la firma: Seán Patrick O’Malley, arcivescovo di Boston e presidente della Pontificia commissione per la tutela dei minori, e Jean-Claude Hollerich, arcivescovo di Lussemburgo e Relatore generale del Sinodo sulla Sinodalità.

Interessante notare che tra i cinque autori, due si collocano esplicitamente nella linea della possibilità dell'ordinazione non solo diaconale, ma anche presbiterale delle donne. Hollerich, il 17 maggio dello scorso anno, aveva infatti dichiarato che la proibizione del sacerdozio femminile, ribadita da Giovanni Paolo II sulla base della costante ed ininterrotta tradizione della Chiesa, era sì «vincolante, ma non per sempre». Secondo il cardinale, questa sarebbe la posizione in realtà di papa Francesco. Quanto alla “vescova”, è piuttosto chiaro quale siano le sue idee in merito...

Perché mai una questione tanto importante, come quella del possibile accesso delle donne al ministero ordinato, viene dibattuta in un gruppo così ristretto come quello del Consiglio dei Cardinali? Perché coinvolgere solo nove degli oltre duecento prelati che compongono il Collegio cardinalizio?
La sensazione è che si stia avanzando con una certa cautela, per evitare di arrivare ad una reazione simile a quella verificatasi con Fiducia supplicans. Ma allora, che cosa ci fanno due posizioni così estreme, come quelle di Hollerich e di Jo B. Wells, in un libro pubblicato in prossimità dell'ultima sessione del Sinodo, con tanto di prefazione del Papa?

L'intervista di Suor Linda Pocher a EWTN News (vedi qui) può aiutare a comprendere. La salesiana imposta la questione attorno al diaconato femminile in modo da condurre il lettore ad aderire alla posizione desiderata. Suor Pocher ci spiega infatti che esistono tre collocazioni intorno al problema del diaconato femminile: la prima vorrebbe lasciare le cose come sono, dal momento che non siamo in grado di comprendere chi fossero realmente le diaconesse dei primi secoli; la seconda è «una forma di diaconato senza ordinazione, perché è importante da un punto di vista istituzionale riconoscere il servizio delle donne nella Chiesa», mediante il conferimento di un ministero ufficiale; la terza richiede un vero e proprio diaconato femminile, il quale però non comporterebbe la possibilità dell'ordinazione sacerdotale, in quanto costituirebbe una sorte di diaconato permanente, analogo a quello maschile.
Suor Pocher rivela anche che papa Francesco non sarebbe favorevole ad un vero diaconato femminile, perché l'ordinazione delle donne risulta essere una questione «grande come un elefante nella stanza».

Poste così le cose, il lettore medio si sente simpatetico con la posizione “moderata”, ossia la seconda: a queste povere donne bisognerà pur dare un riconoscimento nella Chiesa, senza però quel cancan che inevitabilmente si creerebbe con la concessione di una vera e propria ordinazione. È dunque assai probabile che la soluzione vaticana andrà in questa direzione e verrà affidata al Dicastero per la Dottrina della Fede, in coordinamento con il Segretariato generale per il Sinodo, come anticipato il 9 luglio scorso dal cardinale Mario Grech.

Soluzione provvisoria e interlocutoria, che avrà il grande vantaggio di familiarizzare clero e fedeli con questa nuova figura, in attesa di un ulteriore step. Diaconesse che, dal momento che alle donne è già aperta la strada dell'accolitato, lettorato e quella di ministro straordinario dell'Eucaristia, potranno servire all'altare, distribuire l'Eucaristia (magari con una veste liturgica ad hoc) e assumere il ruolo di guide delle comunità.

Torniamo al realismo a cui ha richiamato il Papa. È assolutamente vero che una visione ideologica della fede è sempre dietro l'angolo; il punto è capire quale sia l'estensione del termine realtà, che giustamente si pone come antidoto a tale deriva. Quando ci troviamo di fronte alla Chiesa e ai suoi ministeri, questa realtà non può essere ridotta ad una dimensione sociologica, ma deve continuare a comprendere la sostanza del mistero. E tale mistero è sponsale. Abbiamo dedicato un libro (acquistabile qui) a spiegare che è proprio per manifestare e realizzare il mistero nuziale del rapporto tra Cristo e la Chiesa che i ministeri istituiti sono sempre stati riservati agli uomini di sesso maschile. Ed è per questa ragione che, anche storicamente, non vi sono mai stati “ministeri femminili” ordinati,  né legati al sacramento dell'ordine (vedi qui).

È importante sottolineare che riguardo alle famose diaconesse dei primi secoli, se è vero che non vi era uniformità pratica  tra le diverse chiese e nei diversi periodi storici (su questo aspetto, rimando ad un articolo del prossimo numero di settembre de La Bussola mensile), tuttavia vi era un dato comune: esse non solo non potevano esercitare un ministero comparabile a quello del diacono, ma nemmeno avvicinabile a quello che oggi è svolto da lettori e accoliti. Né si hanno testimonianze di una qualche loro partecipazione al potere di governo. La loro funzione liturgica era estesa a quegli atti che, per ragione di decenza, non era opportuno fossero compiuti dal diacono, come l'unzione del corpo delle battezzande e la discesa nelle acque battesimali (che avveniva per immersione). Dal punto di vista pastorale, era loro chiesto di visitare le ammalate. Questo realismo simbolico era molto presente nella Chiesa antica, e non può essere sacrificato in nome di un realismo pratico e sociologico, che in fondo non è altro che un nome dell'ideologia. Perché l'ideologia nega la realtà anche nella sua dimensione misterico-simbolica.

L'odierna riproposizione di un diaconato femminile avviene pertanto in contesto estremamente pericoloso, che la Chiesa dei primi secoli non conosceva affatto; contesto caratterizzato segnatamente dal fatto che alle donne già vengono conferiti ministeri che erano di esclusiva pertinenza maschile e che il clima è quello della rivendicazione di un ruolo della donna nella Chiesa, secondo modalità che non tengono conto della dimensione sponsale femminile, profondamente differente da quella maschile. Contesto dunque – questo sì – palesemente ideologico.



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