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BRUTTA FINE

Diabolik, da re del terrore a perfetto radical chic

I lettori mi perdoneranno se torno sul tema “Diabolik”, l’eroe nazionale che incarna perfettamente almeno metà degli italiani medi: furbi, mariuoli e di sinistra. Ma ormai non si capisce più perché continuino a intitolare la testata a lui: non più genio del male, ma penoso paladino della setta radical-chic. 

Cinema e tv 16_08_2016
Diabolik

I lettori mi perdoneranno se torno sul tema “Diabolik”, l’eroe nazionale che incarna perfettamente almeno metà degli italiani medi: furbi, mariuoli e di sinistra. Ricordate la puntata precedente? Mi tolsi un sassolino dalla scarpa perché ero stato televisivamente bacchettato a causa di un mio vecchio articolo che prendeva in giro la svolta gay-friendly del Re del Terrore. 

Voi direte: ma ti pare la Bussola il luogo adatto? Be’, a me sì, sia perché siamo in vacanza e d’estate ogni scherzo vale, sia perché, da buon kattolico, mi piace ridere. Dunque, per tornare a bomba (anzi, a pugnale, dato il tema), la bacchettata sulle mie dita fu dovuta a un mio commento affrettato; sapete, di quelli del tipo «se va avanti così…». Avevo scritto, dopo aver narrato tutti gli outing filomarxisti (o politicamente corretti, è lo stesso) del Personaggio, che, continuando su quella strada, prima o poi si sarebbe schierato a favore dell’eutanasia, l’unico cavallo di battaglia radical-chic ancora mancante alla sua panoplia. 

Invece, mi fu fatta notare la mia ignoranza giornalistica: quel cavallo non mancava affatto ed era stato cavalcato fin dal 1997. Imperdonabile. A mia scusante potei solo addurre che su cinquantaquattro anni di avventure settimanali (più gli Speciali) qualcosa può sfuggire anche a un affezionato lettore come me. Comunque, avevano ragione loro: un giornalista deve informarsi a puntino. Ma l’uomo sotto la maschera di giornalista se l’era legata al dito e tanto fece e tanto disse che, su una bancarella dell’usato, finalmente trovò il cavallo mancante alla sua personale collezione. Letto e divorato, segue commento. 

Il numero è quello del Primo Maggio. La festa dei comunisti. Perciò, doveroso omaggio al nuovo corso. Come aveva puntualmente previsto il filosofo Augusto Del Noce, implosa la casa-madre sovietica, il comunismo divenne PRdM, Partito Radicale di Massa. Diabolik, che aveva già plaudito alla Cina maoista (il primo a notarlo, anche qui, fu il sociologo Massimo Introvigne, a lui il merito), non poteva esimersi. Ed ecco l’avventura imperniata sulla “dolce morte”. Titolo: “La morte dolce” (non si dica che non sono originali). Vedo dalla terza di copertina che ci si sono messi in quattro: due per il soggetto e due per i disegni. Vi risparmio la banalità di una storia “alla Welby” in cui sono tutti d’accordo sul fatto che «quella non è vita». Tutti, perfino Ginko. 

Ma chi “stacca la spina” è un pietosissimo Diabolik, il quale non si fa certo impensierire da una legge che, ahimè, non c’è ancora in questo crudelissimo Paese. Non correte, come ho fatto io, alle bancarelle: l’avventura è una delle più noiose, con dei buchi di sceneggiatura che non vi dico. L’impressione che se ne cava è la seguente: vista la ricorrenza, ci sta bene una “puntata-denuncia” sulla quale metteremo un po’ di “giallo a fumetti” di contorno. Il risultato è triste: il Re del Terrore nerovestito ridotto a un Pannella qualsiasi. Ah, se voleste rifarvi gli occhi con il Diabolik del Terzo Millennio, risparmiatevi la spesa. 

Ormai non si capisce più perché continuino a intitolare la testata a lui. Data la preponderanza assunta dalla Kant nella coppia dovrebbero metterci, che so, “Il Duo Malandrino” (“Il dinamico duo” no, è copyright di Batman & Robin). E magari affidarsi a qualche disegnatore che ridia a Diabolik la “faccia feroce” dei tempi d’oro. Non me ne vogliano i responsabili della testata: il mio è solo un amore tradito, nato quando avevo dodici anni e mi entusiasmavo per il Fantômas de noantri, bellissimo Genio del Male. Che ora coccola i gattini e si intenerisce come il nazista della barzelletta di Gino Bramieri. 

Non la sapete? Eccola. Nell’Italia occupata dai tedeschi una camionetta militare investe il carretto di un contadino che porta le sue galline al mercato. Scende l’ufficiale nazista, vede gli animali agonizzanti e il contadino con le gambe rotte. Il tedesco dice: «Ach! Io non sopporta di vedere bestiole soffrire!». Estrae la Luger e spara alle galline. Poi si volta verso il contadino e gli chiede come sta. E quello urla: «Benissimo!». Scappando sulle mani.