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COSTUME

Di mamme non ce n'è più una sola

Da quella sociale al mammo, dalle trans a quelle multiple, l'ideologia moderna ci impone una grande varietà di mamme. Ma la realtà è ostinata, perché la vera mamma resta sempre la stessa, ma deve avere competenze multidisciplinari.

Cronaca 15_05_2017
Festa della mamma

Matteo Salvini ieri in occasione della festa della mamma così twittava: “Auguri a tutte le mamme del mondo, non genitore 1,2,3, non uteri in affitto”. Alcuni giudici come alcune maestre Fedeli al gender avrebbero da ridire. Costoro infatti ci hanno spiegato da tempo che esistono tante mamme. Il detto “di mamma ce n’è una sola” appalesa evidenti stereotipi culturali, è sessista, non inclusivo, alza muri, abbatte ponti e configura altri illeciti edili e urbani molto gravi.

E dunque la festa è delle mamme. Sì perché ad esempio c’è quella sociale. La donna lesbica che diventa legittimamente, agli occhi miopi della giustizia italiana, madre a tutti gli effetti del figlio dell’altra compagna, figlio naturale o sbocciato nella provetta eterologa. Poi c’è il mammo: due uomini uniti civilmente o che fanno coppia fissa dove uno dei due, o entrambi a turno, impersonano la madre. Una sorta di recita per niente comica che dura una vita. A seguire abbiamo la madre trans. I casi non sono rari, tenendo conto che le persone transessuali sono lo 0,3% della popolazione. Ad esempio in Ecuador Fernando, che prima era una donna, ha partorito un bebè avuto dalla compagna Diana, che prima era un uomo (si domanderà qualche borghese piccolo piccolo: ma non era più semplice che ognuno non cambiasse sesso?). A chiudere abbiamo la mamma fantasma. John Hart, blogger e scrittore gay di Toronto, ha adottato insieme al compagno qualche anno fa una bambina che ora ha tre anni. All’epoca dell’adozione la piccola aveva nove mesi e mezzo. La piccola chiama la mamma quando è triste o fa i capricci. E per tutta risposta non sente che voci da tenore e vede volti con la barba. 

Ma vi sono altre mamme fantasma. Quelle che hanno deciso, in milioni di milioni, di abortire. Dopotutto vogliamo sperare che i loro figli lassù facciano comunque festa alle loro madri mancate. Poi vi sono le mamme multiple. Non ci riferiamo a quelle con due o più figli – oggi così retrò – ma quelle che sono mamme inconsapevolmente multiple. Sono le donne che entrando in una clinica della fertilità (e della morte) ne sono (forse) uscite con il loro bebè, ma facendo volare in cielo altri 6,7,8,9 fratellini. Una sottocategoria di queste mamme multiple sono le mamme di ghiaccio. I loro figli, dopo la fecondazione artificiale, fanno la nanna perenne in azoto liquido a meno 196 gradi. Lontani dal calore dell’amore materno. 

Potevano tutte costoro festeggiare ieri, ne avevano il diritto? A voi la risposta. Dal canto nostro – un cantuccio tutto maschile e che quindi gode sul tema una prospettiva svantaggiata – possiamo solo balbettare che mamma biologicamente si diventa quando il figlio viene concepito, ma poi è un grado militare che bisogna conquistarsi sul campo, dando prova di aver competenze multidisciplinari.

Infatti la vera mamma deve concentrare in sé più professioni, deve essere il coltellino svizzero del focolare domestico. E’ maestra: perché aiuta a fare i compiti (oggi occorre un doppio master su evoluzionismo e gender), spiega perché gli aerei non cadono a terra (“poi però te lo spiega meglio papà”, si aggiunge sempre con prudenza) e il cielo non cade su di noi, che cosa significa essere mancini e, argomento degli argomenti, come siamo venuti al mondo. E’ giudice: dirime le controversie tra fratelli, commina punizioni, assolve con dolcezza i piccoli rei,  grazia quando invece vorrebbe comminare pene capitali, instilla il senso di giustizia con cui il futuro uomo adulto misurerà il mondo, fissa le regole di convivenza (ruolo in realtà più paterno).

E’ medico-infermiere: mette cerotti, innaffia ginocchi sbucciati con disinfettante, taglia unghie incarnite, tra dicembre e febbraio somministra tachipirina come fossero smarties e poi veglia per un’infinità di notti la prole perché basta un respiro un po’ più affannoso del solito per metterla in ansia. E’ psicologa: perché deve saper ascoltare, capire e consigliare. E’ cuoca diventando per la futura moglie del pargoletto pietra di paragone e a volte d’inciampo. E’ tassista, anzi ha messo in piedi un Ncc, un noleggio con conducente, perché ad un orario prestabilito porta a scuola i figli – ovviamente in tre scuole differenti – e poi per tutta la giornata è a disposizione per il trasferimento dei pargoli a scherma, danza, calcio e pianoforte.

E’ regista: sa raccontare la favole e con le parole dipinge interi mondi fantastici. E’ catechista perché deve saper rispondere in modo semplice e in una frazione di secondo ad un paio di domande, che farebbero tremare i polsi anche Tommaso D’Aquino, quali: esiste Dio? Se non lo posso vedere come faccio a dire che esiste? Come fa Gesù a stare in un pezzetto così piccolo di pane? Perché quegli uomini si tengono per mano? Dove vanno le persone quando muoiono? Baffo (il labrador che è morto, n.d.a.) adesso è in paradiso? E, sebbene non di carattere teologico, su tutte svetta: ma Babbo Natale come fa a consegnare tutti i regali a tutti i bambini del mondo nello stesso momento a mezzanotte? (la risposta giusta è: perché alla mezzanotte di Natale si ferma il tempo).