"Demolite la chiesa", se la profanazione è di Stato
Le immagini choc della polizia in Santa Rita a Parigi che trascina a forza preti e chierichetti interrompendo la messa. Il tribunale ha deciso: la chiesa sarà demolita per far posto a un parcheggio. Ma se la profanazione è di Stato non indigna nessuno. Così la Francia prosegue nella distruzione della sua identità.
Ci saranno sicuramente tutte le motivazioni giuridico amministrative del caso, ma alla demolizione di una chiesa cattolica frequentata dai fedeli non ci si può abituare. E neppure alle immagini choc di preti e chierichetti trascinati a viva forza dalla polizia che deve eseguire l’ordine del tribunale. Sono immagini che fanno violenza ai sentimenti e alla ragione, al sensus fidei, almeno quel poco rimasto nelle persone di senno. E che ci portano ad un contesto di persecuzione che non conoscevamo e che non vogliamo accettare.
Quella di ieri mattina a Parigi è stata l’ennesima e forse più eclatante dimostrazione del processo di distruzione delle radici cristiane dell’Europa. Nella chiesa di Santa Rita, nel 15esimo arrondissement la polizia ha trovato al suo interno una 30ina di manifestanti, tra cui sacerdoti e fedeli, ma anche attivisti di associazioni. E ha dovuto usare la forza per interrompere la messa che era in corso e sgomberare tutti. La vicenda è stata riportata in Italia da Zenit che ha documentato ciò che a Parigi stava accadendo. Una vicenda tutta da leggere, con l’associazione belga proprietaria dell’edificio sacro che decide di metterla in vendita per la costruzione di un parcheggio. Una vicenda legale che si trascina da 15 anni e che stamattina ha avuto il suo parossistico epilogo.
Ognuno può accampare le motivazioni che ritiene più congeniali: la scarsa attrattività artistica della chiesa, la forza del diritto di proprietà privata che deve essere esercitato, ma niente: non ci si riesce ad abituare. Una chiesa demolita dalle ruspe è un’immagine da regime totalitario che non si digerisce. Ma nessuno stavolta oserà parlare di profanazione, di empia violenza al Santissimo Sacramento, perché se allo sgozzamento di un prete nella casa di Dio non eravamo abituati, alla cancellazione dei simboli cristiani siamo assuefatti da tempo. Così quello che è accaduto ieri a Parigi resterà né più né meno che un fatto di cronaca. Che farà indignare, ma che non cambierà di una virgola il corso degli eventi.
Nella capitale francese, già sconvolta da attentati terroristici e persino dallo sgozzamento di un prete, si procede a larghe falcate verso la scristianizzazione del paese. La ruspa procede inesorabile davanti a se e non si ferma di fronte alla pietà, alla fede, al sacro, al divino che vengono cacciati a suon di manganello. E’ il modo peggiore di onorare un martire come padre Jacques Hamel, che per celebrare la messa nella sua chiesa ha dato la vita.
Che cosa sta succedendo? Perché si ha la netta sensazione che il cristianesimo debba essere sradicato dalla sua culla? Si è provato con le ideologie che in questi anni hanno snervato il sentimento cattolico, ci si è riusciti parzialmente chiedendo alle istituzioni ecclesiastiche di cedere di volta in volta terreno alla pretesa di creare un uomo finalmente liberato dai lacci del divino. Ma mentre la scristianizzazione avanzava restavano delle sacche di resistenza. Perché il cuore dell’uomo ha bisogno di verità come una pianta del sole e non lo si può inaridire facilmente. Così bisognava passare alle maniere forti: cancellare ogni simbolo, ogni retaggio di un passato oscurantista, per creare l’uomo nuovo. E se serve si entrerà in chiesa con violenza giacobina, con i poliziotti a fare la parte dei cosacchi.
D’altra parte non c’è da stupirci se Parigi è la stessa città che pochi giorni fa ha chiuso la bocca al cardinale arcivescovo André Vingt-Trois che dal pulpito, mentre ricordava il povero confratello primo martire cattolico della violenza jihadista, denunciava il terribile vuoto di valori e di prospettive della nostra società. Un vuoto animato dal silenzio dei genitori davanti ai loro figli e il fallimento della trasmissione di valori comuni, il silenzio delle élite davanti alle devianze dei costumi e la legalizzazione di queste devianze. Ma anche il silenzio al lavoro, a casa, in città. Per quelle parole Vingt-Trois è stato accusato dalla gauche al potere di omofobia. E nessuno si è affrettato a riconoscere il diritto calpestato di un pastore d’anime di dire e denunciare il male che sta avanzando. Niente. Silenzio.
C’è un avvertimento di un grande uomo di Francia che queste scene di violenza le aveva prefigurate: “Togliete le messe dalle chiese e i diavoli balleranno sugli altari”. Il Santo curato d’Ars, di cui oggi si farà memoria distrattamente nelle altre chiese rimaste aperte, non si era spinto fino alla distruzione dei templi, ma sapeva che il diavolo non vede l’ora di distruggere la fede. Così sul futuro parcheggio di rue François Bonvin, in assenza di altari, i diavoli balleranno sui tetti delle auto cariche di borse della spesa.
E nessuno si ricorderà di quando la messa in quel quartiere avvicinava il cielo alla terra facendo l’uomo partecipe del grande sacrificio della croce e sanando con i suoi benefici le anime quaggiù e quelle in Purgatorio. Di fronte ad una Chiesa di Francia così prona e sotto scacco nel concedere la casa di Dio ai muezzin che proclamano il Corano dall’ambone, non deve stupire che i templi cristiani debbano subire l’onta della messa in vendita e della demolizione. Perché ormai non servono più. Alla nuova religione che ormai ci fa chiamare gli islamici “fedeli di rito musulmano”, non servono croci e tabernacoli.