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IL VOTO DI ROUSSEAU

Democrazia diretta, farsa che rafforza Salvini e spacca i 5S

Dai voti della piattaforma Rousseau arriva un no al processo per il ministro degli Interni. Il governo gialloverde è salvo, almeno per ora, ma dopo la votazione di ieri Matteo Salvini è più forte e Luigi Di Maio è più debole. Resta un'amara riflessione sulla democrazia diretta a cui viene delegato il pilatesco imbarazzo dei parlamentari del Movimento 5 Stelle. 

Politica 19_02_2019

Tutto come previsto. I dirigenti del Movimento Cinque Stelle si affidano alla piattaforma Rousseau per evitare una decisione sul caso Salvini che li avrebbe spaccati in due. La base pentastellata vota contro l’autorizzazione a procedere per il Ministro dell’Interno e così salva almeno per ora il governo da una caduta che sarebbe stata invitabile. Su 52.000 votanti on-line nella giornata di ieri il 59% si è espresso contro il processo al leader del Carroccio sul caso Diciotti.

I leader del Movimento 5 Stelle avevano lasciato intendere che la loro volontà era quella di non autorizzare la richiesta del Tribunale dei ministri per procedere contro il ministro dell’Interno, Matteo Salvini. E gli iscritti del M5s si sono adeguati per paura che i loro leader andassero a casa e che crollasse l’esecutivo Conte.

Questa era la domanda posta agli iscritti del M5s: “Il ritardo dello sbarco della nave Diciotti, per redistribuire i migranti nei vari paesi europei, è avvenuto per la tutela di un interesse dello Stato?”. E queste le risposte possibili: “Sì, è avvenuto per la tutela di un interesse dello Stato, quindi deve essere negata l’autorizzazione a procedere”; “No, non è avvenuto per la tutela di un interesse dello Stato, quindi deve essere approvata l’autorizzazione a procedere”. Il paradosso, forse voluto, è stato proprio questo: chi ha votato “si” forse lo ha fatto credendo di votare a favore del processo a Salvini e invece ha votato “si” alla negazione dell’autorizzazione a procedere; chi ha votato “no” forse lo ha fatto credendo di proteggere Salvini dal processo e invece ha votato a favore del processo. Un modo per confondere le acque e per far prevalere la tesi precostituita dai vertici del Movimento: evitare la caduta del governo e quindi proteggere l’odiato leader del Carroccio, venendo meno al principio anti-casta tanto sbandierato per oltre 10 anni ai quattro venti.

Non sono mancati i problemi e le polemiche sul voto avvenuto sulla piattaforma Rousseau: a causa di disguidi tecnici la votazione è slittata prima di un'ora e poi si è deciso di prolungarla fino alle 21.30. Non sono peraltro mancate le accuse di alcuni esponenti, anche interni al Movimento. Per esempio la senatrice Elena Fattori ha attaccato: «L'associazione Rousseau usufruisce di 90.000 euro di soldi ‘pubblici', versati dai parlamentari dai loro stipendi, dal mese di marzo 2018. Quindi ha ottenuto circa un milione di euro per implementare la piattaforma. Ad oggi non è dato di avere né una fattura o una ricevuta del versamento né un rendiconto puntuale di come sono stati impiegati questi soldi. Almeno dovrebbe funzionare come un orologio svizzero. Non riesco neanche a connettermi».

Dopo la votazione in Rete da parte degli iscritti, gli esponenti del M5s che fanno parte della Giunta per le autorizzazioni dovranno oggi pronunciarsi sulla richiesta del Tribunale dei ministri e potranno, con il paravento del voto della base, fare scudo al Ministro Salvini ed evitargli il processo. 

Dunque il governo è salvo, almeno per ora, ma Salvini è più forte e Luigi Di Maio è più debole. Il primo, infatti, è riuscito ad evitare il processo, a promuovere un plebiscito sulla sua persona e a spaccare i Cinque Stelle. Luigi Di Maio, con i sondaggi che vedono i pentastellati costantemente in calo, deve gestire i malumori degli altri vertici del Movimento, destinati peraltro ad accrescersi dopo le prossime elezioni regionali in Sardegna e la probabile sconfitta-fotocopia rispetto a quella di domenica 10 febbraio in Abruzzo.

Resta peraltro una amara riflessione sul tema della democrazia diretta, ammesso che la si possa chiamare democrazia. I cittadini in una democrazia matura devono essere messi nelle condizioni di decidere con consapevolezza e maturità. Che senso ha far votare gli iscritti a un Movimento su una questione delicata come il comportamento di un Ministro sul caso Diciotti? Che conoscenza del caso hanno i votanti sulla piattaforma Rousseau visto che non hanno letto i fascicoli a disposizione dei parlamentari della Giunta per le autorizzazioni?

E allora perché non interpellare la base anche su questioni riguardanti l’adesione all’Europa o i rapporti con la Francia? Troppo comodo mettere abitualmente gli iscritti di fronte al fatto compiuto e poi invece coinvolgerli per lavarsi pilatescamente le mani di fronte alle responsabilità da assumersi e alle decisioni da prendere in casi come quello Salvini, che mettono in gioco la credibilità e la presunta purezza del Movimento Cinque Stelle, nato per combattere i privilegi dei politici e della cosiddetta casta e ora sorpreso, ben più di una volta, “con le mani nella marmellata”.