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LA GUERRA FRA I SESSI/2

Dati e storie di maschi vittime di violenza

Le stime inglesi parlano di un quarto di vittime domestiche maschili, anche se molti non denunciano. Brooks, della Charity Mankind, ha dichiarato che «troppi restano in silenzio». La Bbc ha raccontato di uomini maltrattati che faticano a parlare per paura di non essere creduti, per vergogna e incapacità di difendersi. Le storie dei processi con donne condannate testimoniano che il problema è nelle coppie e nel sovvertimento dei ruoli.

 

Attualità 04_02_2020

Dopo la pubblicazione da parte del governo inglese delle violenze domestiche in aumento subite dagli uomini, intervistato dal Daily Mail Tony Hannington, 57, racconta di quando «ho incontrato Tracy su un sito di incontri» per poi sposarla dopo sei mesi e scoprire che aveva «enormi sbalzi d'umore. Mi telefonava al lavoro, voleva sapere dove fossi, perché stavo vedendo i miei amici…A casa, ogni volta che mi sedevo, mi urlava perché non aiutavo nelle faccende domestiche. Se avessi fatto qualcosa come mettere un cucchiaio nel lavandino, anziché direttamente in lavastoviglie, ci avrebbe provato (a picchiarmi, ndr). All’inizio accadeva ogni fine settimana. Poi i suoi attacchi di collera avvenivano potenzialmente ogni notte, quindi temevo di tornare a casa». L'uomo descrive la moglie come una specie di dottor Jekyll e Mister Hyde, capace di passare dalle minacce con coltelli alla gola a fare finta che nulla fosse accaduto: «Mi prendeva a calci…una volta, mentre stavamo scaricando la spesa, mi colpì in testa con una lattina di fagioli. In un'altra occasione mi colpì in faccia con la testa dell’aspirapolvere. Se non mi alzavo quando voleva lei, mi dava un pugno o mi versava una brocca d'acqua sul letto».

Verrebbe da domandarsi come mai un uomo alto e robusto come Tony non si sia difeso e la risposta è tipica di una cultura che fa sentire in colpa il maschio per essere ciò che è, virile e in grado di difendersi: «Mi hanno insegnato che una donna non si tocca mai (giustissimo, si direbbe, ma da qui a subire senza cercare una soluzione ce ne corre, ndr)». Ma sopratutto quando l'uomo le diceva che sarebbe andato dalla polizia lei «avrebbe detto loro che avevo iniziato io».

Pare quindi che i dati sul cosiddetto "femminicidio", per cui gli uomini sarebbero sempre e comunque delle bestie potenzialmente pericolose, non tengano conto del fatto che la violenza delle donne sugli uomini è solitamente di tipo psicologico. Tony continua infatti così: «Se avessi detto a Tracy che mi aveva fatto male, avrebbe detto: "Che razza di uomo sei?”». Lo stesso Daily Mail ricorda il controllo sull’uomo per mezzo «degli abusi psicologici, tipico delle donne che attaccano i partner maschili». Motivo per cui dalle indagini inglesi emerge l’incidenza degli «attacchi all'autostima di un uomo» che «possono essere particolarmente debilitanti». Tanto che l’ «ONS Crime Survey ha scoperto che l'11% degli uomini maltrattati dalle donne partner tenta di uccidersi, rispetto al 7,2% delle donne maltrattate da partner maschi».

Tony conferma che spesso gli è passata per la mente l’idea di uccidersi: «"Tracy mi ha isolato dalla mia famiglia e dai miei amici, mettendo in discussione il mio bisogno di vederli"», fino a «"dirmi con chi essere amico su Facebook. Mi diceva che non sarei mancato a nessuno se mi fossi ucciso e mi ha suggerito di "trovarmi un angolo tranquillo per impiccarmi"». Dato che lei non avrebbe mai lasciato l'appartamento, non avevo nessun posto dove andare e non riuscivo a vedere una via d’uscita». Grazie ad una parente l’uomo è riuscito poi a denunciare, mentre la moglie è stata condannata a due anni di carcere.

Che Tony sia uno fra tanti non lo dicono solo i numeri pubblicati dal governo inglese, ma anche Huw Jones, 47 anni, insegnante del Pembrokeshire, la cui compagna divenne violenta dopo la nascita del primo figlio: «"All'inizio ho cercato di trovare delle scuse, pensando che fosse una depressione post partum», ma mentre teneva in braccio il figlio la donna cominciò a prendere a pugni il marito, mentre al telefono con la polizia gridava come se fosse lei la vittima: «Così pensavano che l’avessi colpita io. Quando chiamavo e dicevo loro che stava minacciando di bruciare la casa con me e i bambini, mi dicevano: "Probabilmente non lo pensa davvero”». L’uomo arrivò a rifugiarsi in macchina, senza chiedere aiuto agli amici, sapendo che gli avrebbero risposto che «nessuna donna colpirebbe mai così», oppure: «Non puoi difenderti?». Perciò fu solo dopo aver registrato un'aggressione che Jones ottenne giustizia in tribunale, anche se la custodia dei figli è ancora della donna e anche se «in tribunale lei trova comunque più ascolto di me solo perché è una donna».

C’è poi Raymond Reddy, recentemente accoltellato dalla moglie, Joanne Reddy, ad Ashton-under-Lyme durante una lite per il divorzio. La donna è stata condannata a quattro anni di carcere. È invece in corso il processo che vede imputata Carol Robinson, 57 anni, per aver pugnalato con un pelapatate, forandogli un polmone, il marito di 40 anni durante una lite. La vittima, però, non vuole separarsi dalla moglie confermando, come nel caso della presentatrice tv Caroline Flack (autrice di un reato simile) che spesso gli uomini preferiscono subire e non denunciare l'aggressione per via di un legame malato e di sottomissione psicologica che vivono con le loro compagne.

Le stime inglesi parlano di un quarto di vittime domestiche maschili, ma il fatto che molti di loro non denuncino dice che il fenomeno è più diffuso di quanto sembri. Almeno questa è la convinzione del portavoce dell’associazione Charity Mankind, Mark Brooks, che ha dichiarato al The Sun che «stiamo cercando sempre più uomini che si facciano avanti per chiedere aiuto. Ma troppi restano in silenzio. Dobbiamo fare di più perché c’è bisogno di aiuto là fuori».

Anche la Bbc ha raccontato, citando le statistiche inglesi (vedi paragrafo 7), di uomini maltrattati dalle donne che però hanno faticato a denunciare per paura di non essere creduti o perché «mi sento malissimo a parlare male della mia compagna, mi sento come se la tradissi», ha affermato John confermando la tendenza innata dell'uomo a proteggere la sua donna. Dave ha invece ricordato di quando «una volta mi ha dato un pugno - e l'ho spinta via da me, è corsa al telefono e ha chiamato la polizia. Pare che la sua amica le avesse detto “se vuoi sbarazzarti di tuo marito, inizia una rissa, chiama la polizia e lo butteranno fuori di casa”. Ecco cosa ha fatto». La dott.ssa Sarah Wallace, della University of South Wales, ha aggiunto che ci sono numerose ragioni per cui uomini e donne non denunciano le violenze domestiche, «tuttavia, la questione della sotto-segnalazione è ancora più alta tra gli uomini» che «temono di apparire falsi, provando vergogna e imbarazzo».

La dottoressa Elizabet Bates, psicologa della University of Columbia, ha confermato che «lo stereotipo dominante nella violenza domestica ritrae gli uomini come responsabili. Ma la ricerca mostra sempre di più che la prevalenza è uguale per uomini e donne. La realtà è che gli uomini non cercano tanto aiuto. Ciò è in parte dovuto al fatto che la società condanna fermamente la violenza contro le donne, ma prevede poche sanzioni per l'aggressione delle donne nei confronti degli uomini…gli uomini hanno riferito di sperimentare un significativo controllo coercitivo. Spesso descrivevano (la relazione, ndr) come “camminare su gusci d'uovo". Il che ha un impatto significativo sulla loro salute fisica e mentale».

Una ricerca pubblicata sulla rivista Justice Quarterly ha inoltre rilevato che l'82% delle donne violente usa delle armi contro il 25% degli uomini. A dimostrarlo il caso del 24enne Alex Skeel, del Bedfordshire, la cui partner, Jordan Worth, è diventata la prima donna nel Regno Unito ad essere condannata per violenze e incarcerata nel 2018 per sette anni.

Questi gli ulteriori danni del femminismo che hanno reso la donna sempre più mascolina e l’uomo incapace di difenderla e di difendersi. Se infatti la natura maschile è piena di forza (che non è sinonimo di violenza) necessaria per proteggere la donna e la sua famiglia e per insegnare ai figli ad affrontare il mondo con i suoi rischi, la donna è per natura accogliente e permissiva. Il sovvertimento di questi ruoli vede oggi il maschio sempre più fragile e sensibile oppure esasperatamente violento, mentre la donna passa dal vivere un assoggettamento malato all'essere una manipolatrice aggressiva.

In Italia gli ultimi dati disponibili (commentati per La NuovaBq da Tommaso Scandroglio), che indagano non solo il numero di abusi domestici e omicidi, ma la loro motivazione, parlano di violenza crescente sugli uomini da parte delle loro donne. Ma poi né il governo né la Polizia hanno più pubblicato dati sufficientemente dettagliati per comprendere a fondo il fenomeno. Un vero peccato politicamente corretto, perché solo conoscendo le reali motivazioni di violenze ed omicidi si potrebbe cercare la soluzione ad un problema che non viene certo affrontato dal fingere che l'emergenza sia il femminicidio. Anzi, le storie sopra raccontate, come quelle di violenza sulle donne, parlano di separazioni, divorzi, gelosie...