Dallo Yemen parte la guerra generale fra sciiti e sunniti
L'uccisione dell'ex presidente Saleh, nello Yemen, rischia di scatenare quel che sta covando da anni: una guerra generale fra sciiti e sunniti. Un esito ampiamente prevedibile, che tuttavia diventa sempre più chiaro dopo la successione al trono saudita. E le democrazie occidentali come si posizioneranno?
Un altro salto di qualità, l'ennesimo nello scontro ormai aperto fra sunniti e sciiti. L'assassinio dell'ex presidente yemenita Saleh da parte della minoranza ribelle sciita degli Houthi, confermato pubblicamente da fonti del suo stesso partito, apre un altro fronte potenzialmente esplosivo su cui occorre fare alcune riflessioni. La questione dello Yemen è stata la prima ad accendere le luci internazionali sulla grande disputa interislamica in atto; gli Houthi si ribellano e Riad (lo ricordiamo: lo Yemen confina con l'Arabia Saudita) reagisce in maniera brutale, formando una coalizione di Paesi sunniti e bombardando il Paese. Ma non riuscendo di fatto a piegarne la resistenza.
Già da quelle prime avvisaglie datate 2015, che raccontavano di una sorta di 'extraterritorialità' di fatto rivendicata dall'Arabia Saudita sullo Yemen, si poteva comprendere come fra i due universi che da sempre si fronteggiano la tensione stesse salendo. E al centro di tutto il contendere, come se la Primavera Araba non fosse mai esistita compare il Qatar, definito il male assoluto dai sauditi che accusano Doha di foraggiare il terrorismo internazionale e i Fratelli Musulmani. Accuse piuttosto singolari visto che da Tunisi a Istanbul, per riprendere il titolo di un mio vecchio lavoro editoriale Doha e Riad erano state fianco a fianco per sbaraccare, detto in maniera semplice, ogni equilibrio in Nordafrica e in Medioriente. Ma dopo le sconfitte cocenti in Egitto, con Morsi prima eletto e poi destituito dalla rivolta di popolo che ha incoronato Al Sisi, e in Siria con Assad che non ha mollato la presa grazie all'aiuto di Iran e Russia, i destini delle due superpotenze islamiche si sono definitivamente riallontanati. E oggi al Qatar (sotto embargo) viene mossa l'accusa da parte dell'alleanza dei quattro (Arabia Saudita, Egitto, Emirati Arabi Uniti e Bahrein) di essere l'agente monomandatario dell'Iran in tutti gli scenari internazionali, di essere un Paese canaglia che sostiene i Fratelli Musulmani, definiti a loro volta sobillatori di terrorismo e di disordine.
Così accade che l'Arabia Saudita, per bocca del prossimo erede al trono Bin Salman definisca l'Ayatollah Khamenei ''il nuovo Hitler del Medioriente'' e che oggi, a stretto giro di posta, i ribelli Houthi, pericolosamente vicini (geograficamente) a Riad uccidano l'ex presidente Saleh. Non può sfuggire che dai destini dello Yemen e in particolar modo del Libano, vero e proprio ago della bilancia dello scontro, si potranno comprendere elementi fondamentali di questo scacchiere che va via via formandosi; e il cuore di tutta questa storia è la supremazia nel mondo islamico, con gli sciiti in continua crescita e i sunniti che tentano in maniera forsennata di arginarli. E succede che in questo marasma, dove le cose sono molto più complicate di come potrebbero sembrare, i Fratelli Musulmani stiano velocemente scendendo i gradini del potere, divenendo ormai scomodi per Riad che non ha fatto mistero di volerli annientare. Nonostante ancora oggi l'Europa non riesca a dire una parola chiara su di loro, forse perché i denari del Qatar ormai la fanno da padrone nel Vecchio Continente.
Quel che si poteva prevedere anni fa sta prendendo pericolosamente forma, e cioé che è in corso uno scontro interislamico di cui non è dato sapere come e quando avrà fine. Nonostante gli sforzi di mediazione e di dialogo, portati avanti in particolar modo dagli Emirati affinché si elimini l'estremismo ma senza guerre, la situazione è tesa. Lo Yemen è una cartina di tornasole da seguire attentamente: se l'Arabia Saudita riuscirà, come tenta di fare da tempo, a schiacciare gli Houthi e a ristabilire un equilibrio nel territorio confinante e pericolosamente tendente a cadere in mano sciita, allora con ogni probabilità il quadrante rimarrà stabile. Qualora non dovesse riuscire e il colpo di mano dell'assassinio di Saleh sarà il preludio alla caduta definitiva dello Yemen in mano sciita, ci dobbiamo attendere turbolenze pesanti. Con ripercussioni tutte da definire sugli scenari anche occidentali. L'Europa in tutto questo come si colloca? E l'Italia? Sciiti o sunniti? Ovvio che, specialmente se la situazione dovesse prendere una piega critica, ogni Paese sarà costretto a schierarsi.