Dal Kgb a Greta: la madre delle fake news è sempre incinta
Dario Fertilio pubblica Ultime notizie dal diavolo. I segreti della disinformazione dall’antichità alle fake news. Il libro è una miniera di chicche: dal processo farsa al cardinal Mindszenty passando per gli sgambetti della Cia al Kgb fino ai creatori del personaggio Greta: propaganda, disinformatja, fake news. Dove la parte del leone la fanno i giornalisti.
«Nel 1994 la prima edizione del libro che state leggendo la offrii in lettura alla casa editrice Rizzoli, la stessa del giornale – il Corriere della Sera - dove allora lavoravo. Dopo molti mesi la risposta che ricevetti fu: “Per sfortuna, il lettore a cui è stato affidato il suo saggio ha idee politiche diverse dalle sue”». Lo riferisce Dario Fertilio nel suo Ultime notizie dal diavolo. I segreti della disinformazione dall’antichità alle fake news (Guerini, pp. 280, €. 23).
Il libro è una vera miniera di chicche. Come questa: Wilfred Burchett, giornalista di idee comuniste nel 1949 scrisse per il Times il resoconto del processo al cardinale ungherese Mindszenty; dapprima insinuò dubbi sulla correttezza del procedimento onde accreditarsi come imparziale, poi finì col costruire subdolamente un’immagine dell’imputato quale individuo «miserabile, intrigante e ambizioso». A Londra nell’ottobre 1968 seimila persone si radunarono in Grosvenor Square per protestare contro l’intervento americano in Vietnam. Contemporaneamente, davanti all’ambasciata sovietica a protestare contro l’invasione della Cecoslovacchia erano in sette. Potenza del Dipartimento D (dezinformatsija) del Kgb.
Lo stesso che mette in scena il dissidente Vladimir Volkoff nel suo romanzo Il montaggio, non a caso richiamato da Fertilio et pour cause: il protagonista lavora come editor in una grande casa editrice francese; il suo compito è fare l’influencer e indurre gli autori a leggermente modificare quel che scrivono (esempio: non «comunismo» ma «stalinismo»). Già Sun Tzu, millenni fa, aveva spiegato come si fa la guerra; anzi, cosa si deve fare ancora prima di combatterla. E poi Clausewitz ne aveva aggiornato i metodi ai tempi napoleonici. Non a caso questi autori sono stati studiati fino all’introiezione da gente come Lenin e chi per lui. Ma anche prima.
«Crispi era personalmente proprietario di un giornale sovvenzionato, finché egli stava al governo, con i soldi del contribuenti, mentre interi numeri dei giornali d’opposizione potevano essere bruciati e i loro direttori finire in carcere». Quando Bava Beccaris cannoneggiò gli scioperanti milanesi che protestavano per il prezzo del pane, decine di giornali furono soppressi e molti corrispondenti stranieri espulsi. E se questo facevano i liberali, figurarsi gli altri. Il dittatore liberiano Doe, nero, sequestrò il giornale Sun Times reo di aver riportato un suo discorso razzista contro i congoes, neri di origine americana: non si doveva far sapere agli occidentali che c’erano anche altri razzismi in Africa e non solo l’apartheid sudafricano.
Nel 2015 divenne virale il video, falso, in cui un soldato americano, impersonato da un attore, sparava platealmente contro una copia del Corano. Al tempo della prima guerra del Golfo fu il sottoscritto a scoprire, sul settimanale Il Sabato, che il cormorano annegato nella nafta (foto che girava il mondo) non era opera di Saddam ma del precedente naufragio della petroliera Exxon sulle coste canadesi. Fertilio opportunamente ricorda che oggi, con l’avvento di internet, le agenzie hanno perso gran parte della loro importanza. «Ma esse continuano a influenzare pesantemente i grandi media, tanto che il mondo riceve l’80% delle informazioni via Londra, Parigi, New York, e solo tra il 10 e il 30% dalla totalità dei paesi poveri, ovvero i tre quarti dell’umanità».
Sentite questa: fu la Cia a rivelare al Kgb l’identità del poeta dissidente Abram Terc, che costò ad Andrej Sinjavskij sette anni di carcere. Perché? Applicazione di Sun Tzu: «In una fase di appannamento dell’immagine internazionale dell’America, Washington pensò di migliorarla facendo risaltare la natura repressiva dell’Urss». Contraccolpo: nel 1986 fu il dissidente ebreo Sharanski, liberato in Israele, a raccontare che nei gulag si stava male, sì, ma non così tanto. Il dipartimento D del primo direttorato del Kgb era stato creato nel 1957 dal generale Ivan Ivanovic Agayants, d’origine armena e morto verso il 1970. Diffuse anche che l’Aids era stato creato in laboratorio dagli americani nel quadro di un progetto di guerra batteriologica (c’è poco da ridere, c’è chi ancora ci crede).
Lenin in un memorandum indirizzato a Georgij Vasilevic Cicerin, commissario agli affari esteri, scriveva: «Dire la verità è un pregiudizio borghese meschino poiché la menzogna è spesso giustificata dagli obbiettivi». Il nome dell’idea l’aveva preso da Paolo V, che, in latino, la congregazione per la diffusione della fede l’aveva chiamata «propaganda».
L’ultimo, per ora, è l’esperto di pubbliche relazioni Ingmar Rentzhog, fondatore dell’agenzia We Don’t Have Time (Non c’è più tempo), creatore della campagna attorno a Greta Thurnberg, tra cui il libro Scenes from the Heart (Scene dal cuore) «fatto scrivere per l’occasione ai genitori della ragazza». Con buona pace del nostro Nobel per la fisica, Carlo Rubbia, che all’emergenza climatica non crede. Ma la propaganda è ormai in moto, ed è più forte anche di lui.