Da Wilson a Burch, 41 anni di ambasciatori americani in Vaticano
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Il 10 gennaio del 1984 venivano stabilite relazioni diplomatiche formali tra Stati Uniti e Santa Sede dopo 187 anni di rapporti informali. Dall'eroe di guerra al teologo gay (dopo l'incarico in Vaticano), tutti gli ambasciatori erano cattolici. Attesa per il neo-nominato Burch.
Il 10 gennaio 2025 il Vaticano ha celebrato i 41 anni dall'inizio delle relazioni diplomatiche formali tra la Santa Sede e gli Stati Uniti d'America, decise da papa Giovanni Paolo II e dal presidente Ronald Reagan. Il 9 aprile 1984, gli Stati Uniti aprirono la loro prima ambasciata ufficiale presso la Santa Sede.
L'instaurazione di relazioni diplomatiche ufficiali tra la nazione più potente del mondo e il centro spirituale della più grande religione globale potrebbe sembrare sorprendentemente tardiva. Per oltre un secolo, il sentimento anti-cattolico tra le élite protestanti degli Stati Uniti ha dipinto il Vaticano come una «forza malvagia» da contrastare. Questo pregiudizio raggiunse il suo apice con i "Know-Nothings", un movimento politico nativista formalmente noto come "Partito Americano", che nel XIX secolo guadagnò importanza grazie alla sua posizione anti-immigrazione, in particolare verso i cattolici irlandesi, e al suo sentimento anti-cattolico.
Tuttavia, gli Stati Uniti mantennero già dal 1797 relazioni consolari con lo Stato Pontificio. Prima dell'istituzione formale di legami diplomatici, il direttore generale delle Poste del presidente Franklin D. Roosevelt, James Farley, normalizzò le relazioni con la Santa Sede nel 1933. Durante la seconda guerra mondiale, Myron Taylor servì come emissario del presidente Roosevelt presso papa Pio XII, un pontefice di grande prestigio internazionale.
Dal 1951 al 1968, gli Stati Uniti non hanno avuto alcun rappresentante ufficiale accreditato presso la Santa Sede, fino a quando il presidente Richard Nixon nominò Henry Cabot Lodge Jr. come «rappresentante personale» per aggirare la vecchia legislazione che proibiva alla presidenza degli Stati Uniti di utilizzare denaro federale per finanziare una rappresentanza presso la Santa Sede.
Il presidente Jimmy Carter adottò una strategia simile nominando l'ex sindaco di New York Robert F. Wagner Jr.
Solo l'immensamente popolare Ronald Reagan ebbe la forza politica per stabilire piene relazioni diplomatiche con la Santa Sede, nominando William Wilson come primo ambasciatore degli Stati Uniti. Wilson, un devoto cattolico, era un eroe di guerra decorato e un uomo d'affari di successo della California che negli anni Sessanta aveva stretto una profonda amicizia con l'allora attore hollywoodiano Ronald Reagan e sua moglie Nancy.
Una volta assunto l'incarico nel 1981, Reagan lo nominò suo inviato personale presso la Santa Sede e, nel 1984, lo elevò al rango di ambasciatore, dopo che il Congresso aveva abrogato la legge del 1867 che vietava i finanziamenti federali per le missioni diplomatiche in Vaticano.
Ma fu il secondo ambasciatore di Reagan in Vaticano, Frank Shakespeare, a svolgere un ruolo fondamentale nel sintonizzare papa Giovanni Paolo II e il presidente su questioni globali critiche. Shakespeare, dirigente di successo nel settore dei media e devoto cattolico, aveva sviluppato una profonda devozione per la Madonna di Fatima durante il suo precedente incarico di ambasciatore in Portogallo.
Contrariamente a quanto comunemente si pensa, Giovanni Paolo II e Reagan non avevano visioni del mondo identiche, al contrario vi erano differenze significative. Shakespeare però fu determinante nel promuovere la comprensione reciproca e la collaborazione tra i due leader, che svilupparono una stretta amicizia. Fece in modo che Reagan potesse incontrare il Papa il 6 giugno 1987, prima del vertice del G-7 a Venezia. Shakespeare, molti anni dopo, avrebbe rivelato in un'intervista che in quell'incontro di due ore si parlò di «ogni cosa».
Sebbene non sia un prerequisito per gli ambasciatori statunitensi presso la Santa Sede essere cattolici, tutti gli incaricati da Reagan in poi sono stati membri della Chiesa cattolica romana.
Tra le figure di spicco che hanno rappresentato gli Stati Uniti in Vaticano c'è Raymond Flynn, un devoto cattolico e democratico pro-life, che ha ricoperto l'incarico di ambasciatore dal 1993 al 1997. Flynn, ex sindaco di Boston, ha ripetutamente esortato il presidente Bill Clinton e il Dipartimento di Stato ad accogliere le richieste di Papa Giovanni Paolo II, che nel 1994 e nel 1995 aveva cercato di ottenere la neutralità degli Stati Uniti durante il Vertice mondiale sulla popolazione, che si è tenuto al Cairo, e la Conferenza mondiale sulle donne, che si è tenuta a Pechino. In entrambi gli eventi, i funzionari delle Nazioni Unite e le principali organizzazioni pro-aborto hanno spinto per l'istituzione dell'aborto come "diritto umano" a livello mondiale.
Gli sforzi di Flynn nell'amministrazione Clinton furono vani. Per controbilanciare la delegazione statunitense, Papa Giovanni Paolo II nominò la dottoressa Mary Ann Glendon, un'eminente studiosa di diritto, per rappresentare la Santa Sede a Pechino. La Glendon difese con successo le posizioni cattoliche sulle questioni relative alla vita e alla famiglia, contrastando la delegazione del suo Paese, guidata nientemeno che dalla first lady Hillary Clinton.
La dottoressa Glendon ha concluso una notevole carriera accademica e, dopo aver ricoperto diversi incarichi in Vaticano, è stata nominata ambasciatrice degli Stati Uniti presso la Santa Sede dal presidente George W. Bush nel 2008, durante il pontificato di Papa Benedetto.
Un'altra figura di rilievo è stata Callista Gingrich, che ha ricoperto l'incarico di ambasciatrice dal 2017 al 2021 sotto il presidente Donald Trump. Inizialmente accolta con scetticismo a causa del suo matrimonio con Newt Gingrich, un politico conservatore noto per la sua veemenza, alla fine ha conquistato i funzionari vaticani. Un rappresentante del Vaticano ha descritto il suo incarico come «una piacevole sorpresa», in particolare per la sua dedizione nel portare avanti iniziative bilaterali contro il traffico di esseri umani e nel promuovere la libertà religiosa nel mondo.
Se la nomina verrà confermata dal Senato, Brian Burch (nella foto), presidente di CatholicVote e padre di nove figli, sarà il secondo ambasciatore statunitense a portare i figli a Villa Richardson, la residenza degli ambasciatori che dal Gianicolo si affaccia sulla Città del Vaticano. Il primo è stato Miguel H. Díaz, nominato dal presidente Barack Obama e in carica dal 2009 al 2012.
La vita di Díaz dopo l'incarico di ambasciatore è stata molto diversa. Dopo un mandato relativamente tranquillo, nel 2013 ha dovuto affrontare accuse credibili di molestie sessuali presso l'Università di Dayton, si è separato dalla moglie nel 2015 e in seguito ha intrapreso una relazione omosessuale.
Nel 2020, Díaz si è unito a diverse organizzazioni pro-LGBT sostenendo l'esclusione da Philadelphia di un'agenzia cattolica di adozioni che non intendeva affidare bambini a coppie dello stesso sesso. La Corte Suprema degli Stati Uniti si è infine pronunciata all'unanimità a favore dell'agenzia, citando le tutele previste dal Primo Emendamento.
Nel 2022 ha pubblicato il libro Queer God de Amor, che, secondo la sua descrizione ufficiale, «fa uscire Dio dagli armadi eteronormativi e ripristina la sessualità umana come risorsa per la teologia».
Se il Senato degli Stati Uniti lo confermerà, Burch, sposato da 27 anni con la moglie Sara e già nonno nonostante la sua età relativamente giovane, si trasferirà nell'ambasciata con quattro dei suoi nove figli.
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