Da santa Margherita a don Elia, mistici del Sacro Cuore
Sono molti i santi che hanno contribuito a diffondere il culto al Sacro Cuore, tra cui spicca santa Margherita Maria Alacoque (celebrata oggi), che ricevette dal Signore diverse rivelazioni al riguardo, unite a promesse per tutti i fedeli. Un altro grande apostolo di questa devozione è stato don Elia Bellebono, a cui Gesù chiese di far erigere un santuario al Sacro Cuore. Che oggi sorge a Urbino.
Devozione antica, quella del Sacro Cuore di Gesù. Una devozione che andrebbe sempre alimentata e riscoperta, soprattutto in questi tempi di profondo smarrimento. Il passato non è solo polvere, bensì è terreno fertile su cui gettare le basi del futuro. La devozione al Sacro Cuore è una delle più belle pie pratiche della Chiesa. Le origini si possono ritrovare in più santi, in particolare: san Giovanni Eudes (1601-1680) e soprattutto santa Margherita Maria Alacoque (1647-1690). È stata lei, infatti, ad avere, per ben 17 anni, delle apparizioni di Gesù che le domandava appunto una speciale devozione al Suo Sacratissimo Cuore.
La prima visione al riguardo risale al 27 dicembre 1673. Era la festa di san Giovanni Evangelista e la santa francese, monaca visitandina nel monastero di Paray-le-Monial, racconta così - nella sua autobiografia - questo sorprendente incontro che cambiò, per sempre, la sua vita: «Ed ecco come, mi sembra, siano andate le cose. Mi disse: “Il mio Divin Cuore è tanto appassionato d’amore per gli uomini e per te in particolare, che non potendo più contenere in sé stesso le fiamme del suo ardente Amore, sente il bisogno di diffonderle per mezzo tuo e di manifestarsi agli uomini per arricchirli dei preziosi tesori che ti scoprirò e che contengono le grazie in ordine alla santità e alla salvezza necessarie per ritirarli dal precipizio della perdizione. Per portare a compimento questo mio grande disegno ho scelto te, abisso di indegnità e di ignoranza, affinché appaia chiaro che tutto si compie per mezzo mio”».
A questa apparizione ne seguirono altre. Alla terza, Gesù chiese a Margherita di comunicarsi ogni primo venerdì del mese e di prostrarsi con il viso a terra per un’ora nella notte tra il giovedì e il venerdì, in ricordo della sua agonia nel Getsemani. Sarà da questa apparizione che nasceranno due espressioni importanti della devozione al Sacro Cuore: la Comunione nel primo venerdì del mese e l’Ora Santa, in riparazione ai torti subiti dal Cuore di Gesù. Alla prima pratica, Gesù legò 12 promesse, di cui l’ultima è questa: «Io prometto nell’eccesso della misericordia del mio Cuore che il mio amore onnipotente concederà a tutti quelli che si comunicheranno il primo venerdì del mese per nove mesi consecutivi la grazia della penitenza finale. Essi non moriranno in mia disgrazia, né senza ricevere i Sacramenti, e il mio Cuore sarà loro rifugio sicuro in quell’ora estrema». È la cosiddetta Grande Promessa, che Gesù fa a tutti noi.
Nella quarta rivelazione - avvenuta l’ottavo giorno dopo la festa del Corpus Domini del 1675, la stessa data in cui oggi viene celebrata la solennità del Sacro Cuore - Gesù chiese alla santa che il primo venerdì dopo l’ottava del Corpus Domini fosse consacrato a una speciale festa in onore del Suo Cuore. Questa festa fu poi celebrata - per la prima volta - proprio a Paray-le-Monial. Una festa nuova che successivamente, nel 1856, fu estesa a tutta la Chiesa dal beato Pio IX.
Ripercorrere le tappe spirituali e umane che hanno fatto parte del cammino storico della devozione al Sacro Cuore riesce a darci l’occasione di soffermarsi su un dato che, forse, molte volte diamo per scontato: la Chiesa viene portata avanti dai santi, uomini e donne che grazie al loro dialogo con il Signore hanno cercato la volontà del Padre in ogni loro azione. Così è stato per santa Margherita. Ma la storia della devozione al Sacro Cuore non si ferma con lei, ovviamente. Altre biografie si sono intrecciate - quasi come ramificazioni del cuore, appunto - a questa antica devozione al Cuore Divino del Maestro, lo stesso su cui il prediletto Giovanni si era appoggiato. E anche noi possiamo imitarlo, se vogliamo.
Facciamo, allora, un salto di anni. Molti anni. Arriviamo al XX secolo e ci trasferiamo in un piccolo paese del bergamasco, Cividate del Piano. Una località sconosciuta a molti. In fondo, Gesù sceglie spesso le città lontane dal centro, così come Betlemme, che ha visto la Sua nascita. In questa piccola località bergamasca nasce Elia Bellebono. È il 7 ottobre 1912, giorno della Madonna del Rosario. Elia è il penultimo di 18 figli. Il padre Gianmaria Bellebono e la madre Teresa Bonomelli registrano la nascita il giorno seguente, l’8 ottobre, data del suo Battesimo. Ma chi è questo personaggio del nostro Novecento? E, perché la sua vita si intreccia con il Sacro Cuore di Gesù? Il percorso spirituale di Bellebono è davvero speciale. Dopo la morte del padre - Elia aveva solo quattro anni - dovrà aiutare economicamente la sua povera famiglia e, così, comincia a lavorare nei campi, assieme ai fratelli, fino ad arrivare a imparare il mestiere del calzolaio. Ma il Signore lo chiama ad altra via: quella del sacerdozio, al servizio di Gesù e dei fratelli.
Come descrive nelle sue pagine autobiografiche, questo cammino sarà però lungo e, soprattutto, non facile, caratterizzato sia da tanti impedimenti al ministero (avrà diversi scontri con il demonio, in persona), sia da tanti carismi e grazie. Elia vivrà numerose esperienze mistiche che lo proveranno per l’intera vita. Fondamentale è il suo incontro con Gesù. Non ancora sacerdote, nell’ottobre 1969, soggiorna ad Urbino dopo esser stato ad Assisi. Leggiamo il racconto, scritto da Bellebono stesso, di questo straordinario incontro tra lui e Cristo: «Dopo aver ascoltato la Santa Messa e fatta la Comunione, sono andato nella Cappella dove è esposto il Santissimo Sacramento (...). Durante la visita mi apparve Gesù», così scrive Bellebono, aggiungendo che Gesù stesso gli disse: «Desidero che tu faccia costruire un santuario da dedicare al mio Cuore Sacratissimo. Farai dipingere un quadro come tu mi vedi, che abbia a regnare nel centro del Santuario stesso e lì farò piovere tante grazie».
Il quadro - che rappresenta Gesù su una nube, ricolmo di luce, con il Sacro Cuore che sparge gocce di sangue - verrà poi dipinto da un giovane studente dell’Accademia di Belle Arti di Urbino, Adel El Masry. Oggi, quel piccolo quadro, è nel santuario che il 2 settembre di quest’anno ha visto finalmente la luce, proprio ad Urbino, nella località di Ca’ Staccolo. Dopo anni di peripezie e di ostacoli, il santuario richiesto dal Signore ha potuto, finalmente, far risuonare le campane a festa. Tanti anni sono trascorsi da quell’ottobre del 1912: si sa bene che quando le opere sono spinte, sostenute, volute dal Signore, i “bastoni fra le ruote” di Berlicche - tanto per definire il Maligno con il nome che lo scrittore C.S. Lewis conierà nella sua famosa opera letteraria, Le lettere di Berlicche - non possono mancare.
Ma alla fine il Sacro Cuore ha vinto. Così come aveva vinto nella vita di Bellebono che solo a quasi 65 anni - l’11 aprile 1977 - verrà ordinato sacerdote. Don Elia morì il 2 settembre 1996, senza appunto vedere realizzato il santuario desiderato. Ma con la certezza di aver condotto la sua missione di “apostolo del Sacro Cuore”, così come aveva fatto santa Margherita Maria Alacoque trecento anni prima. Sono biografie, queste, che apparterranno per sempre alla spiritualità della Chiesa che, come affermò san Giovanni Paolo II in un discorso ai Gesuiti, il 5 ottobre 1986, «fin dall’inizio, alzò il suo sguardo al Cuore di Cristo trafitto sulla croce». Aggiungeva Wojtyla: «Sulle rovine accumulate dall’odio e dalla violenza potrà essere costruita la civiltà dell’amore tanto desiderata, il Regno del Cuore di Cristo!».