Cronaca di una giornata di dibattito sulla Cirinnà
Dibattito surreale in Senato. Vietato prendere appunti se si è nel pubblico. Ma se gay e lesbiche si baciano in aula, da sinistra si grida che non è vietato. E tutto il corso della discussione si sposta su un falso bersaglio: la stepchild adoption. Anche stralciando quella, passerrebbe un "matrimonio" gay sotto falso nome.
Palazzo Madama, giovedì 11 febbraio, ore 9 e 30. Chiedo e ottengo di poter assistere, dalla tribuna riservata al pubblico, alla discussione senatoriale del ddl Cirinnà riguardante le cosiddette unioni civili. I commessi m’invitano cortesemente a lasciar fuori dalla tribuna effetti personali, computer, ecc. e, se porto con me il cellulare, a tenerlo assolutamente spento. M’informano altresì che, per regolamento, in tribuna si può assistere ai lavori solo “passivamente”, cioè astenendosi da approvazioni o disapprovazioni, applausi,ecc. Non solo. E’ pure vietato prendere appunti e connessi. Naturalmente mi adeguo, sia pure sorpreso per quest’ultima disposizione, di cui fatico a cogliere il senso.
Nel corso del dibattito, a un tratto un senatore, nel prendere la parola, chiede al Presidente pro tempore dell’Assemblea di invitare alcuni ospiti della tribuna, omosessuali e lesbiche, ad astenersi da atteggiamenti messi in atto e chiaramente provocatori, come sberleffi, pernacchie verso qualche senatore, il baciarsi. E mentre i commessi addetti alla tribuna invitano i responsabili a un atteggiamento più confacente, si leva dalla sinistra dell’Aula un coro di urla nei confronti dell’anzidetto senatore, reo di aver chiesto semplicemente un minimo di decoro e il rispetto del regolamento.
Da quel coro qualche voce afferma candidamente che il cennato regolamento non vieta il baciarsi, ergo... Probabilmente pensa a un principio generale del diritto, per il quale è consentito tutto ciò che non è espressamente vietato. Est modus in rebus, mi vien da dire. E naturalmente è vietato prendere appunti.
Vi è un che di surreale nel dibattito in corso sulle unioni civili, cioè il fatto che la gran parte dell’attenzione sia rivolta alla possibilità per il compagno di una coppia omosessuale di “adottare” il figliastro concepito con il seme del partner (la cosiddetta stepchild adoption). Con la conseguenza di presentare l’eventuale stralcio della norma che la prevede come una preziosa conquista. Una vittoria di Pirro! Infatti, quand’anche si ottenesse detto stralcio, rimarrebbe integrale il vulnus al cuore dell’istituto familiare, poiché il problema è nella testa del ddl Cirinnà : si scrive “unione civile” ma si legge “matrimonio”. Il diritto ha una sua semantica, che va rispettata. E che si tratti di matrimonio e non di unione è comprovato già dai primi articoli che – discostandosi dalle indicazioni della Consulta, la quale ha tracciato uno spartiacque netto tra unioni civili e famiglia naturale, spostando l’asse dall’art.29 all’art.2 Costituzione e indicando al Legislatore quest’ultima norma quale alveo entro cui esercitare la sua funzione – nella sostanza equiparano le cennate unioni al matrimonio, estendendo ad esse la gran parte del regime giuridico vigente per i coniugi.
Divenuti legge quegli articoli, anche fosse stralciata la stepchild adoption, non tarderà qualche Giudice adito ad autorizzare siffatta “adozione”, quantomeno sulla scorta del vincente argomento per il quale la coppia omosessuale, ormai riconosciuta “famiglia”, è discriminata nel vedersi negata la possibilità di chiedere l’adozione, possibilità che l’ordinamento giuridico riconosce a ciascuna famiglia. Serva per tutti l’esperienza della Germania, laddove il crinale dell’adozione di minori da parte di coppie non eterosessuali è stato superato per intervento giurisprudenziale, nonostante una legge del 2011 lo escludesse.
E l’utero in affitto, che Possenti definisce giustamente “crimine contro l’umanità”, è la conseguenza necessaria della disciplina similmatrimonio tra persone dello stesso sesso. L’obiettivo reale, infatti, sta nel soddisfare l’interesse dei due partner di “completare” in qualche modo la loro unione affettiva e solidale con un bimbo che sia ritenuto loro figlio. Con il risultato di figli che avranno sovente due madri e due padri! Come non vedere in tutto questo una rivoluzione antropologica che scuote dalle fondamenta i pilastri di una civiltà plurisecolare?
Degasperi soleva dire che il politico pensa alle prossime elezioni, lo statista alle prossime generazioni. Si interroghi chi sta al Governo, anche chi voterà contro il Cirinnà, quale “pensiero” dedica a quelle generazioni. E sappia che, tantopiù per chi governa, è in questione non solo qualcosa che attiene alla coscienza, ma pure alla stessa alleanza di Governo, attesa la dirimente posta in gioco: lo stravolgimento di una cultura che si è plasmata per secoli su famiglia, matrimonio e maternità, riconosciuta nella sua ragionevolezza anche da molti non credenti (Togliatti fece votare l’art.29 Cost. sul matrimonio), il cui esito sarà sovente la cosificazione dei figli, delle madri e dei padri. I primi abbassati a prodotto; le seconde, a meri “forni” di bimbi a pagamento; i padri a produttori di seme.
*vicepres. vicario Mpv italiano