Croazia al voto, fra un male minore e uno peggiore
La Croazia torna alle urne per scegliere il suo nuovo presidente. Josipović, uscente post-comunista, è ancora il favorito a causa dell'elevato astensionismo. I vescovi velatamente appoggiano Kolinda Grabar-Kitarović, candidata di centrodestra. Che pure è una laicista contraria ai principi non negoziabili.
Oggi, domenica 28 dicembre, poco più di tre milioni e mezzo di elettori croati sono chiamati a eleggere il Presidente della Repubblica scegliendo tra quattro candidati: Ivo Josipović, presidente uscente, candidato del partito socialdemocratico (ex comunista); Kolinda Grabar-Kitarović, candidata della Hdz, il maggiore partito di opposizione di centro-destra; Milan Kujundžić, indipendente di centro-destra, e Ivan Vilibor Sinčić, candidato della sinistra antagonista.
Ivo Josipović, presidente uscente, ha 57 anni, è giurista e professore universitario. Seppur con toni e modi apparentemente più concilianti e meno rozzi, ha proseguito la politica del suo predecessore, Stipe Mesić, di radicalizzazione dello scontro culturale tra le due anime da più di cinquant’anni in conflitto nel popolo croato, vale a dire quella di sinistra, comunista o nostalgica del comunismo da una parte, e quella cattolica, religiosa e conservatrice, molto più numerosa, dall’altra, esaltando frequentemente l’azione di Tito e la lotta partigiana, tacendo invece sui numerosissimi eccidi e violenze perpetrati fino al 1955 e sulla pesante dittatura comunista-jugoslava che ha calpestato il popolo croato fino al 1990. Si è opposto con forza al referendum sulla difesa della famiglia come comunione di vita tra uomo e donna, e non ha pronunciato una sola parola di condanna delle violenze di gruppi filo-gay in occasione della raccolta di firme per il referendum medesimo. Appoggia apertamente la possibilità di adozione per coppie omosessuali, progetta una riforma costituzionale che, tra le altre cose, rimetterebbe in discussione la norma pro famiglia naturale introdotta con il referendum. In ambito economico, non ha contrastato efficacemente il malgoverno del suo compagno di partito Milanović, che ha ridotto il Paese allo stremo. Oltre che dal suo partito, è appoggiato dalla coalizione di sinistra che sostiene l’attuale governo, nonché dalla potente minoranza serba. Anche la Comunità Nazionale italiana, che del resto è un’appendice della Dieta Democratica Istriana, partito autonomista istriano di sinistra, appoggia la rielezione di Josipović.
Kolinda Grabar-Kitarović, avvocato, ex ministro degli esteri dal 2005 al 2008, e in seguito ambasciatrice della Repubblica di Croazia presso gli Stati Uniti, ha 47 anni, ed è attualmente funzionaria presso la Nato. Dalla morte del primo presidente Franjo Tudjman, nel 2000, è forse il primo candidato dell’Hdz con reali possibilità di essere eletto. Punto forte della sua campagna elettorale è la sua esperienza in politica estera. Le viene tuttavia rimproverato l’essere membro della Commissione Trilaterale, e il fatto di godere stretti legami con potenti, ma dubbi ambienti finanziari e politici degli Stati Uniti. Le viene imputato anche di avere contribuito, in qualità di Ministro degli Esteri, all’arresto del generale Ante Gotovina, successivamente assolto dal Tribunale dell’Aja sui crimini di guerra nell’ex Jugoslavia. Suo punto debole è inoltre l’avere fatto parte di un governo, quello di Ivo Sanader, caratterizzato da un altissimo tasso di corruzione - l’ex primo ministro è attualmente in carcere e altri sei ex ministri sono indagati per reati di corruzione. Con riferimento ai principi non negoziabili ha idee molto liberal, simili a quelle del Partito Democratico degli Stati Uniti: è esplicitamente pro choice sull’aborto, e sui cosiddetti matrimoni omosessuali fornisce non-risposte, come quella che gli omosessuali «hanno bisogno di comprensione».
Milan Kujundžić, 58 anni, chirurgo gastroenterologo, è l’unico tra i quattro candidati a difendere esplicitamente il diritto alla vita. Si è dichiarato contrario all’aborto – ma non è favorevole a un suo divieto stabilito per legge -, all’eutanasia e alle unioni omosessuali. Ex membro dell’Hdz, che ha lasciato nel 2013 dopo che non è prevalsa nel partito la sua proposta di far eleggere gli organi interni con il sistema di “una persona, un voto”, è il leader di un’alleanza di partiti di centro destra la cui forza si attesta attorno al 10% dell’elettorato. E’ l’unico, tra i maggiori candidati, a non essere un ‘professionista della politica’ – anche durante la campagna elettorale ha svolto quasi regolarmente il suo lavoro di chirurgo. Il leit motiv della sua campagna elettorale è la necessità di un repulisti radicale dalle sacche di corruzione e degli ambienti nostalgici filo-comunisti esistenti nei partiti maggiori e nell’amministrazione dello Stato, la cosiddetta lustracija (pulizia), già attuata con successo in altri paesi ex comunisti. Addebita ai due maggiori partiti la responsabilità della gravissima crisi economica e propone riforme strutturali in campo economico e politico per fare diminuire la disoccupazione, soprattutto giovanile.
Ivan Vilibor Sinčić, 25 anni, studente universitario fuori corso, rappresentante della sinistra antagonista, è la vera sorpresa di questa campagna elettorale. In passato è stato arrestato cinque volte mentre difendeva proprietari di case sfrattati a forza dalla Polizia, in quanto impossibilitati a pagare le rate del mutuo. E’ molto popolare tra i giovani, e per risolvere la grave crisi economica propone una ricetta molto semplice: fare incriminare e arrestare banchieri, grandi imprenditori, tycoon, e la maggior parte dei politici dei due partiti maggiori, ritenuti responsabili della «rapina» ai danni del Paese, causa scatenante della grave crisi economica. Propone l'uscita della Croazia dall'Unione Europea, vista come un'organizzazione dedita allo strozzinaggio dei popoli, e dalla Nato, considerata uno strumento di generazione imperialistica di guerre e una minaccia alla pace del mondo. E' favorevole alla legalizzazione delle droghe leggere, e non volendo perdere il voto di molti cattolici, rifiuta categoricamente di rispondere a domande sui principi non negoziabili.
E' difficile fare una previsione sull'esito di queste elezioni, poiché ogni giornale pubblica sondaggi che favoriscono questo o quel candidato, a seconda delle simpatie politiche di ciascuna testata. La maggior parte degli analisti, tuttavia, ritiene probabile che nessun candidato otterrà il 50% più uno dei voti necessari per un'elezione immediata, e che il secondo turno vedrà di fronte i due candidati dei partiti maggiori, Josipović e Grabar-Kitarović. In caso di scontro tra questi due, grazie alle sue idee liberal, la candidata dell’Hdz ha il vantaggio di potere attirare le simpatie di potenziali elettori di sinistra insoddisfatti dell’attuale presidente.
Sicuro vincitore di queste elezioni sarà l'astensionismo - si considera già un grande successo se il 40% degli elettori si recherà alle urne - fatto che potrebbe favorire il presidente uscente, giacché l'elettorato di sinistra, seppur minoritario in termini assoluti, è molto più compatto e fedele di quello di centro-destra.
E' proprio questo lo scenario più temuto dai vescovi cattolici, i quali, nel loro consueto appello pre-elettorale, hanno ricordato che l’astensione dal voto può rappresentare un peccato di omissione, e con un chiaro riferimento alle idee della candidata dell’Hdz sui temi etici più cari ai cattolici, hanno sottolineato come si possa votare anche un candidato che non soddisfi pienamente tutte le esigenze della popolazione cattolica, che tuttavia rappresenti un male minore rispetto ad altre situazioni.
Il vero spauracchio è quindi rappresentato da una rielezione di Josipović, e per evitare che si verifichi tale eventualità, i vescovi sono disposti a chiudere un occhio sulla Grabar-Kitarović, una presidente sicuramente più malleabile e con la quale sarebbe più facile collaborare, giacchè la base elettorale dell'Hdz è rappresentata, per la quasi totalità, da fedeli cattolici dalle idee conservatrici.