Cristo Re
La solennità di Cristo Re venne introdotta da Pio XI con l’enciclica Quas Primas dell’11 dicembre 1925, per ricordare la regalità di Dio Figlio sulla storia e il suo significato nella nostra vita, così cercando di porre rimedio a un male che già allora affliggeva la società: il laicismo
«Allora Pilato gli disse: Dunque tu sei re? Rispose Gesù: Tu lo dici. Io sono re». La risposta che Nostro Signore diede a Pilato risuona oggi nella solennità di Cristo Re dell’universo, introdotta da Pio XI con l’enciclica Quas Primas dell’11 dicembre 1925 per ricordare la regalità di Dio Figlio sulla storia e porre rimedio a un male che già allora affliggeva la società: il laicismo. «Ora, se comandiamo che Cristo Re venga venerato da tutti i cattolici del mondo, con ciò Noi provvederemo alle necessità dei tempi presenti, apportando un rimedio efficacissimo a quella peste che pervade l’umana società», scriveva papa Ratti, esplicitando subito dopo: «La peste dell’età nostra è il così detto laicismo coi suoi errori e i suoi empi incentivi».
Era l’epoca in cui sorgevano i totalitarismi atei (il comunismo) e neopagani (il nazismo), responsabili insieme di oltre cento milioni di morti e miranti a eliminare il cristianesimo, mentre in Messico si consumava la tragedia dei cristeros perseguitati dal governo massonico. All’espulsione di Dio dalla sfera pubblica si era arrivati gradualmente, sull’onda dell’Illuminismo ispiratore della Rivoluzione francese e di altre ideologie (che oggi continuano a proliferare, magari trasformate) con in comune la pretesa di poter fare a meno di Cristo. Consapevole delle radici del laicismo, Pio XI ricordava lucidamente che «tale empietà non maturò in un solo giorno ma da gran tempo covava nelle viscere della società. Infatti si cominciò a negare l’impero di Cristo su tutte le genti; si negò alla Chiesa il diritto - che scaturisce dal diritto di Gesù Cristo - di ammaestrare, cioè, le genti, di far leggi, di governare i popoli per condurli all’eterna felicità. E a poco a poco la religione cristiana fu uguagliata con altre religioni false […]; quindi la si sottomise al potere civile e fu lasciata quasi all’arbitrio dei principi e dei magistrati».
L’istituzione della solennità di Cristo Re, celebrata l’ultima domenica dell’anno liturgico nella forma ordinaria del rito romano, aveva ricevuto un grande impulso già nel 1899, quando Leone XIII stabilì con l’enciclica Annum Sacrum la consacrazione dell’umanità al Sacro Cuore di Gesù, e fu presentata una petizione di 49 vescovi per istituire una festa liturgica. A riprova di quanto fosse sentita nel popolo di Dio l’urgenza di onorare la regalità di Cristo, una seconda supplica fu presentata a Pio XI all’inizio del suo pontificato, fino alla terza e definitiva sottoscritta da 340 tra cardinali, vescovi e superiori generali, sostenuta da 200 congregazioni e ordini religiosi, 12 università cattoliche e centinaia di migliaia di fedeli in tutto il mondo.
Era un popolo cosciente che solo riconoscendo i diritti regali di Cristo, principio e fine ultimo di tutte le cose, può edificarsi non solo il cuore dell’uomo ma l’intera società, chiamata a obbedire innanzitutto alla legge del suo Creatore se vuole che in essa regnino giustizia e vera pace. Il venir meno del principio di autorità, spiegava Pio XI, nasce proprio dall’aver allontanato il Redentore «dalle leggi e dalla società […]. Dal che è derivato un generale turbamento della società». E se da un lato il pontefice rimarcava che siamo in attesa del Regno dei cieli, dove entreranno gli uomini che nella penitenza e nell’accettazione della croce faranno la volontà di Dio («opposto unicamente al regno di Satana»), dall’altro affermava che «sbaglierebbe gravemente chi togliesse a Cristo Uomo il potere su tutte le cose temporali» e ammoniva le nazioni sul dovere di venerare pubblicamente Cristo, perché «è Lui solo l’autore della prosperità e della vera felicità sia per i singoli sia per gli Stati».
Per saperne di più:
Enciclica Quas Primas sulla regalità di Cristo (Pio XI, 11 dicembre 1925)