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INTERVISTA

«Cristiani perseguitati, c'è un'unica matrice»

Seminario all'Europarlamento sull'intolleranza e discriminazione in Europa. Introvigne: «In gradi diversi, ma è la stessa cristianofobia di Pakistan ed Egitto». 

Attualità 16_03_2011
crocifisso
Il 16 marzo si svolge a Bruxelles presso il Parlamento Europeo un seminario sul tema Intolleranza e discriminazione contro i cristiani in Europa. Tra gli oratori il capogruppo del PdL al Parlamento Europeo Mario Mauro, il giurista americano Joseph Weiler e Massimo Introvigne, rappresentante dell’OSCE (Organizzazione per la Sicurezza e la Cooperazione in Europa) per la lotta al razzismo, alla xenofobia e alla discriminazione contro i cristiani e i membri di altre religioni. A Massimo Introvigne, che è anche collaboratore regolare de La Bussola Quotidiana, abbiamo posto alcune domande.

Partecipi al seminario nella tua qualità di rappresentante dell’OSCE, incarico che hai assunto il 5 gennaio 2011. Puoi fare un primo bilancio?
L’OSCE è una grande organizzazione con 56 Stati partecipanti: Stati Uniti, Canada, tutti i Paesi europei, compresa la Santa Sede, e quelli – molti dei quali sono in Asia – che risultano dalla dissoluzione dell’Unione Sovietica. Va da Vancouver a Vladivostok. Benché i 56 Paesi – e alcuni altri – mantengano ambasciatori presso l’OSCE a Vienna distinti dai loro ambasciatori in Austria, l’OSCE ha risorse tutto sommato limitate, sia dal punto di vista economico sia da quello del potere. Può approvare documenti e raccomandazioni ma non può mandare truppe o imporre una no fly zone. Né può occuparsi a rigore di cose che succedono fuori dai confini dell’OSCE, per esempio in Pakistan. Buona parte del mio lavoro consiste nel reperire fondi per le iniziative che mi propongo di svolgere. Detto questo, l’OSCE può ottenere risultati su due piani. Quello della consapevolezza del fatto che i cristiani sono il gruppo religioso più perseguitato al mondo, attraverso seminari e convegni: in questo senso, un evento internazionale sui crimini contro i cristiani su mia proposta è stato organizzato a Roma il 4 maggio. Vi parteciperanno i massimi vertici dell’OSCE e i ministri degli Esteri di diversi Paesi. Il secondo piano è quello dell’azione diplomatica discreta per eliminare forme di discriminazione che esistono anche in Paesi dell’area OSCE, tanto più efficace quanto più e silenziosa. Bisogna poi anche considerare che il mio incarico non si limita ai cristiani, ma anche alla lotta contro il razzismo e alle discriminazioni contro i seguaci di tutte le religioni diverse dall’ebraismo e dall’islam (che hanno i loro rappresentanti OSCE “dedicati”). Una parte non secondaria del mio mandato riguarda i Rom e i Sinti, che come è noto hanno problemi non indifferenti in diversi Paesi. Per essere un incarico “onorario” – il che significa, nel gergo diplomatico, non retribuito e non a tempo pieno – devo dire che è molto assorbente.

Joseph Weiler ha coniato la parola “cristianofobia”. Che cosa significa?
Weiler, uno dei massimi costituzionalisti del mondo, è un ebreo praticante. Studiando l’Europa Occidentale si è stupito del grado di avversione contro il cristianesimo e della sua traduzione in leggi e sentenze, fino all’esclusione delle radici cristiane dalla Costituzione europea che, condividendo il giudizio del venerabile Giovanni Paolo II, considera aberrante. La parola “cristianofobia” non è stata accolta da tutti: alcuni temono che il fenomeno sia ridotto a una radice psicologica (fobia, dopo tutto, significa paura), altri che si moltiplichino eccessivamente le “fobie” giuridicamente rilevanti, dall’islamofobia all’omofobia, creando nuovi diritti  e regimi speciali per situazioni che dovrebbero essere piuttosto ricondotte al diritto comune. Nel suo discorso alla Curia Romana del 20 dicembre 2010 Benedetto XVI, per la prima volta, ha usato la parola “cristianofobia”. Al di là degli elementi di carattere giuridico, credo che il Papa abbia voluto segnalare un salto di qualità nell’avversione al cristianesimo, che assume caratteristiche sempre più virulente.

Cristiani sgozzati in Egitto o in Pakistan e sentenze contro i crocefissi in Europa. È la stessa “cristianofobia”?
Nel discorso al Corpo Diplomatico del 5 gennaio 2011 il Papa risponde di sì, ma naturalmente fa notare anche che ci sono differenze di grado. Fra essere ucciso ed essere discriminato e deriso c’è certamente una differenza sostanziale. Eppure il Papa in quel discorso ha detto che anche quelle europee sono “minacce contro il pieno esercizio della libertà religiosa”. Benedetto XVI ha denunciato quella “manifestazione dell’emarginazione della religione e, in particolare, del cristianesimo [che] consiste nel bandire dalla vita pubblica feste e simboli religiosi, in nome del rispetto nei confronti di quanti appartengono ad altre religioni o di coloro che non credono. Agendo così, non soltanto si limita il diritto dei credenti all’espressione pubblica della loro fede, ma si tagliano anche radici culturali che alimentano l’identità profonda e la coesione sociale di numerose nazioni”. Il Papa non si è limitato ai principi generali, ma ha fatto un  preciso riferimento alla sentenza Lautsi della Corte Europea dei Diritti dell’Uomo che vorrebbe vietare l’esposizione del crocefisso nelle scuole italiane, lodando chi si batte perché siano rimossi gli infausti e ingiusti effetti di quella sentenza. “L’anno scorso – ha detto Benedetto XVI – alcuni Paesi europei si sono associati al ricorso del Governo italiano nella ben nota causa concernente l’esposizione del crocifisso nei luoghi pubblici. Desidero esprimere la mia gratitudine alle Autorità di queste nazioni, come pure a tutti coloro che si sono impegnati in tal senso”. Infine nel discorso del 5 gennaio il Papa ha affermato che la “cristianofobia” si manifesta anche nelle minacce alla libertà di educazione e nell’avversione amministrativa alle scuole cristiane. Ne abbiamo avuto alcuni esempi la settimana scorsa negli slogan contro la scuola “dei preti” sentiti nelle piazze e purtroppo anche, lanciati da dirigenti scolastici, in alcune scuole pubbliche italiane.

Siamo alla vigilia della decisione sul ricorso italiano contro la sentenza Lautsi. Che cosa ti aspetti?
La Corte Europea dei Diritti dell’Uomo – che, preciso, non è una istituzione dell’Unione Europea ma del Consiglio d’Europa, il quale comprende molti Paesi che dell’Unione Europea non fanno parte – è talora imprevedibile. Con la sentenza Lautsi ha smentito la sua stessa giurisprudenza e creato un’aberrazione. Spero che questa aberrazione sia rimossa. Confido nel fatto che il membro italiano del collegio che pronunciò la sentenza Lautsi, il laicissimo Vladimiro Zagrebelsky, ha terminato il suo mandato e non fa più parte della Corte.

Sei al Parlamento Europeo. L’Unione Europea è troppo timida in materia di diritti dei cristiani?
Questa iniziativa è incoraggiante, e alla fine di una lunga trattativa un testo che denuncia le persecuzioni dei cristiani, sia pure un po’ annacquato, è stato partorito. Ma è evidente che non tutti i Paesi hanno la stessa sensibilità per questa problematica. Gli italiani debbono però sapere che il nostro governo, e in particolare il Ministro degli Esteri Frattini, hanno svolto un ruolo trainante perché si levasse una voce forte e seria contro le discriminazioni e le persecuzioni dei cristiani.