Crisi in Ucraina Ripartire dagli accordi di Minsk
Iniziamo dalla questione centrale: perché tale scetticismo e questo crescente pregiudizio tra Russia e Europa? Forse è a causa di recenti decisioni della Russia sulla Crimea, forse ci sono diversi interessi economici e speculativi ad aumentare i pregiudizi sulla Russia, forse i nazionalismi ucraini e russi sono in crescita?
Iniziamo dalla questione centrale: perché tale scetticismo e questo crescente pregiudizio tra Russia e Europa? Forse è a causa di recenti decisioni della Russia sulla Crimea, forse ci sono diversi interessi economici e speculativi ad aumentare i pregiudizi sulla Russia, forse i nazionalismi ucraini e russi sono in crescita?
Certamente alcuni fatti sono accaduti in Ucraina, sicuramente il presidente Obama continua ad evocare la guerra fredda, e persiste ovviamente un enorme problema mondiale di disinformazione da parte dei mass media. Infatti, a partire dagli accordi del 21 Febbraio 2014 tra il presidente Yanukovich e i leader dell'opposizione (accordi garantiti dalle diplomazie europee e americane), poco o nulla si è saputo. In verità, questi accordi non sono stati né garantiti né rispettati da parte ucraina (Yanukovich scappò, ci fu una presa di potere ed elezioni anticipate, mentre avrebbero dovuto essere fatte riforme elettorali e “status quo” sino al nuovo Parlamento). Così agendo, però, si è prodotta una ancor più grave crisi e discredito verso la diplomazia occidentale.
Recentemente, in un articolo pubblicato dal Corriere della Sera e da altri media europei in contemporanea, George Soros inneggia a quella drammatica parte della storia recente ucraina e ai suoi fautori e non manca di esplicitare il suo disegno di guerra contro la Russia. Forse non si vuole entrare nel XXI secolo e governare un mondo “multipolare”, forse si preferisce assecondare i grandi speculatori e i loro disegni di distruzione. In qualche modo lo vediamo in altri due esemplari casi: la liberalizzazione della marijuana e la nomina di Moscovici a Commissario Europeo, entrambe decisioni prese da governi sotto l'esplicita e pubblica richiesta di Soros. Tuttavia, è bene sottolineare che la politica e la democrazia non possono scegliere una strada che le contraddica così esplicitamente se non rischiando la propria deflagrazione.
Negli ultimi anni moltissimi richiami e raccomandazioni internazionali sono state rivolte ai vari governi ucraini, ben prima e ben oltre Yanukovich, per promuovere e attuare diverse riforme democratiche e rafforzare lo stato di diritto. Solo poche settimane prima dell'esplodere del conflitto, con la Risoluzione n. 1974 del 30 gennaio 2014 e la raccomandazione n. 2035, il Consiglio di Europa richiamava l'importanza del dialogo nazionale, l'urgenza delle riforme e la fine della violenza. Oggi usiamo invece prendere parte, “tifare” per l'Ucraina o per la Russia senza nemmeno conoscere quanto gli organismi internazionali abbiano mai chiesto e talvolta preteso. Dare giudizi basati solo sul sensazionalismo e l'istintività non è certo congeniale alla obiettività.
La Dichiarazione di Ginevra del 17 aprile del 2014 (tra Russia, Stati Uniti, Unione europea e l'Ucraina) ha richiamato l'urgenza del disarmo e il cessate il fuoco di tutte le parti, l'amnistia e il «dialogo nazionale immediato ampio, che prenda in considerazione gli interessi di ogni regione e delle forze politiche in Ucraina». Nemmeno una riga su questi accordi e nemmeno una semplice attuazione di uno di questi punti. Ancora il 18 agosto 2014 con una dichiarazione congiunta, i ministri degli esteri di Francia, Germania, Russia, Ucraina a Berlino confermano gli accordi di Ginevra e riconoscono la legittimità degli aiuti umanitari dalla Russia al sud-est dell'Ucraina. Nell'estate viene registrata una sola violazione del confine da parte russa senza adeguato controllo da parte degli osservatori Osce sul materiale trasportato. Ben diversa situazione rispetto alla fantasmagorica e giornalistica idea del “via vai” di armi russe alle truppe del Donbass.
In ogni caso, gli accordi e il protocollo, che è stato firmato a Minsk il 5 settembre (trattativa trilaterale di Minsk) non sono stati rispettati. Infatti, l'accordo prevedeva 12 punti fissati dall'Osce, dalla Russia e dall'Ucraina: cessate il fuoco per entrambe le parti; missione di monitoraggio Osce, prosecuzione del dialogo nazionale; le elezioni locali, ipotesi di temporaneo autogoverno a Donesk e Luhansk; ritiro di truppe mercenarie; miglioramento delle condizioni umanitarie nel Donbass. Questi sono i fatti e i documenti e lasciamo i “ma” e i “però” ad altri.
Ricordiamo l'appello del Papa di qualche settimana fa: cessate il fuoco, si torni al dialogo. Ritorniamo al realismo e all'amara considerazione che nonostante la stampa europea e americana, l'una fotocopia dell'altra, ricordino solo i morti di una parte, i cittadini ucraini muoiono nel proprio paese a Donesk come a Mariupol, uccisi dalle truppe di Kiev (incluse pattuglie e istruttori Nato) e da quelle del Donbass (inclusi mercenari ceceni). É il tempo di smettere di ascoltare le sirene partigiane di Soros e delle industrie di armi e guardare ai fatti. Non ci sono “santi” contro “demoni”, evitiamo però che spiritelli maligni abbiano il sopravvento: per il popolo ucraino e per l'Europa questo realismo è l'unico possibile. L’aver emarginato il nuovo Commissario Europeo (Pesc), Mogherini, in questo frangente e su questo fronte, nel colpevole silenzio italiano, è un gravissimo segnale della inconsistenza europea. Ripartire da Minsk è l'unica via per evitarci una guerra e smascherare interessi inaccettabili giocati sulla pelle di migliaia di morti.