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Crisi e giovani depressi, ma la folle Europa non se ne cura

Secondo uno studio compiuto tra il 2014 e il 2018 in Europa e Canada, un adolescente su quattro ha disagi mentali. Un’altra ricerca mostra che la depressione è aumentata notevolmente tra i giovani di 18-34 anni. Ma l’Unione europea rimane sostanzialmente immobile, imbevendosi di ideologia “verde” e continuando a litigare sui fondi. E così si ritarda la ripresa economica.

Attualità 12_06_2020

Una “gabbia di matti”. Questa immagine colorita rappresenta bene la situazione in Europa e noi non ne siamo affatto felici. La crisi sociale viene irrisa, i soldi non arriveranno, le lobby condizionano le scelte. Un folle disastro è alle porte e la rivolta del pane diviene sempre più probabile. Certo, anche la tragedia del Coronavirus potrebbe essere una grande occasione per riformarsi, ma i segnali di confusione si fanno sempre più cupi.

A nulla valgono gli allarmi che dalle stesse istituzioni europee si susseguono settimanalmente: crisi sociale, crescita dei disagi mentali dei bimbi, depressione e ansia montante tra i giovani. Nulla di tutto ciò che dovrebbe impegnare governi e istituzioni comunitarie si trova al centro del dibattito che, invece, prosegue nel perenne moto tragicomico. Aprire gli occhi al futuro nell’affrontare le priorità dovrebbe essere la bussola europea. Le priorità sono chiare, ma per aprire gli occhi è necessario svegliarsi dal letargo.

Un numero crescente di adolescenti europei soffre di problemi di salute mentale, secondo uno studio pubblicato dall’Organizzazione mondiale della sanità (Oms) martedì 19 maggio. Lo studio, Health behaviour in school-aged children (Hbsc), rivela un declino del benessere mentale degli adolescenti in molti Paesi europei. Compiuto dal 2014 al 2018 su più di 227 mila studenti dagli 11 ai 15 anni, lo studio dimostra che, già ben prima della pandemia, il benessere mentale diminuiva con l’avanzare dell’età dei fanciulli. “Un adolescente su quattro riferisce di sentirsi nervoso, irritabile o avere difficoltà ad addormentarsi ogni settimana”, secondo lo studio. In oltre un terzo dei Paesi (tutta Europa e Canada), gli adolescenti di famiglie a basso reddito avevano maggiori probabilità di denunciare molteplici problemi di salute mentale. Le ragazze soffrono più dei ragazzi. Hans Kluge, direttore regionale dell’Oms per l’Europa ha invitato i Paesi e le istituzioni ad investire oggi per il benessere mentale dei bambini perché ciò che si spende oggi sarà guadagnato tre volte in “salute, coesione sociale e sviluppo economici per gli adolescenti e gli adulti di domani e le generazioni future”.

Reazione europea a un ‘investimento’ così profittevole in termini di capitale umano, sociale ed economico? Nulla. Solo i bimbi soffrono? No. «Le persone nell’UE di età compresa tra 18 e 34 anni - riporta Eurofound - dichiarano di sentirsi depresse, sole e ansiose rispetto a quelle di età pari o superiore a 35 anni. I giovani europei dimostrano anche livelli più bassi di resilienza nel trattare i problemi della vita e una significativa riduzione della soddisfazione della propria esistenza, rispetto a prima della pandemia di Coronavirus». Da sempre e sino all’esplosione del Covid-19, dice Eurofound nel suo studio del 25 maggio, i giovani avevano riportato un benessere e una soddisfazione di vita più elevati rispetto alle fasce di età più avanzata: “Questa tendenza si era già parzialmente invertita durante la crisi finanziaria (2008-2010) e ora sembra essersi esacerbata in modo significativo”.

I risultati complessivi della ricerca mostrano che i giovani europei sono alle prese con la crisi, in particolare vivono un crescente senso di insicurezza verso il proprio futuro professionale e finanziario. In totale, il 16% degli intervistati tra i 18 e i 34 anni ha riferito di sentirsi depresso o depresso per la maggior parte del tempo, il 20% ha dichiarato di sentirsi solo e il 21% ha dichiarato di sentirsi particolarmente teso. Per aver chiara la gravità ci basti sapere che nel 2016 solo il 4% si dichiarava depresso e solo il 5% si sentiva solo.

L’Europa rischia di sacrificare, dopo solo 10 anni dalla crisi speculativa del 2008-2010, non una ma ben due o tre future giovani generazioni. Una terribile crisi sociale e occupazionale è in atto, uno tsunami è in arrivo e l’Europa che fa? Discutiamo e ci agitiamo sul nulla. Tutto è ancora possibile, purtroppo in ogni senso. La “Proposta della Commissione” presentata mercoledì 27 maggio riguardo ad aiuti per 750 miliardi - aiuti da destinare in varie forme agli Stati per combattere la devastante crisi economica e sociale provocata dalla pandemia - dovrà essere approvata, tra mille battaglie, dal Consiglio Europeo. La speranza di veder approvati il Piano europeo, il Recovery Fund e annessi e connessi si fa sempre più difficile e, di conseguenza, la disponibilità dei fondi europei potrebbe addirittura essere posticipata alla primavera del 2021.

Ricordiamo che nella gabbia di matti europea solo i sani rischiano di finire in manicomio e, così, tutti si dichiarano a favore dell’urgenza ma ciascuno accampa le proprie ragioni per imporre agli altri i propri punti di vista. Nei giorni scorsi, al di là della passerella italiana, dalla Commissione Europea è trapelata molta preoccupazione e una certezza: il Recovery Plan non sarà approvato a giugno ed è molto probabile che non lo sarà nemmeno alla riunione dei capi di Stato e di Governo di luglio. Lo stesso presidente del Consiglio Europeo, Charles Michel, è quasi certo dell’impossibilità di approvare il Piano europeo e il Bilancio Pluriennale 2021-2027 entro la fine dell’estate. Se lo scorso febbraio le divisioni erano forti tra Paesi del Nord e del Sud, ora anche i Paesi del Centro Europa sono divisi chiaramente tra blocco di Visegrad (“i ricchi vogliono i soldi dei poveri”) e il tandem irremovibile di Olanda e Austria (“ogni euro sarà prestato, non regalato, e solo a fronte di riforme serie”).

Il 19 giugno si terrà il primo faccia a faccia tra i leader europei sulla proposta della Commissione, che prevede 250 miliardi da restituire e 500 miliardi a fondo perduto. L’Olanda stessa ha già comunicato che sino al 15 luglio non è disponibile a discutere alcun dettaglio della proposta. In ogni caso, vista l’inconcludenza e le divisioni europee, è più che probabile che sino alla primavera del 2021 non potranno essere disponibili i soldi per gli investimenti nazionali (clicca qui).

Siamo di fronte a un ritardo assurdo e devastante per la ripresa economica dei singoli Paesi e dell’intera zona-euro, ad una superficialità disarmante nei confronti dei drammatici disagi che affliggono le giovani generazioni. A ciò si deve aggiungere la crescente e pericolosissima azione di lobby multinazionali verdi nei confronti della stessa Commissione.

L’Europa stessa sta soffiando sul fuoco di una prossima protesta sociale che non si limiterà ad abbattere statue di uomini del passato, piuttosto la gente europea ripercorrerà i tumulti di San Martino all’urlo: “Viva l’abbondanza! Muoiano gli affamatori! Viva il pane!”. Non basteranno leggi bavaglio, né quarantene oppressive, né paure di nuovi contagi a fermare la ribellione dei popoli europei.