Schegge di vangelo a cura di don Stefano Bimbi
San Marco a cura di Ermes Dovico

CRISI MILITARE

Crimea, l'insostenibile leggerezza occidentale

Vladimir Putin non è nuovo a mosse decisioniste. Ritiene che la Crimea sia di fondamentale importanza strategica e l'ha già, di fatto, occupata con le sue truppe. La strategia occidentale invece si rivela un bluff: mancano mezzi e strategia.

Esteri 03_03_2014
Truppe russe in Crimea

Lo schema non è nuovo e nessuno dovrebbe sorprendersi davanti al decisionismo del presidente russo Vladimir Putin. Eppure, dopo la guerra in Georgia nel 2008 e la difesa a oltranza del regime siriano, Mosca è riuscita ancora una volta a stupire tutti reagendo in modo spiccio e determinato alla crisi scoppiata ai suoi confini. La “rivoluzione” di Kiev ha confini ancora incerti e il governo ad interim non sembra avere le idee chiare su cosa fare e soprattutto come gestire i rapporti con Mosca e con la popolazione russa, russofona e filo russa numericamente consistente soprattutto in Crimea e nelle province orientali. Un contesto sociale che non potrebbe venire risolto agevolmente con una secessione formale di queste regioni (ipotesi valida forse solo per la Crimea, già repubblica autonoma e fino a pochi decenni or sono territorio russo) dal momento che la popolazione è disseminata a macchia di leopardo come in Bosnia e Kosovo (solo su scala ben più ampia) giusto per citare due esempi che dovrebbero scoraggiare tutti dal soffiare sul fuoco della crisi ucraina.

In assenza di un deciso intervento stabilizzatore esterno l’Ucraina rischia di andare in frantumi ma dopo aver sostenuto le aspirazioni libertarie e filo europeiste degli insorti che oggi hanno preso il potere a Kiev l’Occidente sembra accovacciarsi nella sua inerzia ad attendere gli eventi invece di cercare di determinarli. Certo Barack Obama aveva ammonito Mosca a non inviare truppe in Crimea ma quando Putin ne ha inviate a migliaia assumendo il controllo dell’intera Penisola la Casa Bianca è riuscita solo a minacciare di disertare i vertice del G-8 previsto a Sochi, dove si sono appena chiuse le olimpiadi invernali. Un po’ poco per la grande potenza globale beffata ancora una volta dalla volpe del Cremlino al punto che il Washington Post ha messo a nudo la debolezza di un  Obama “troppo vago” rilevando che “Putin ha impiegato appena un giorno a calpestare il monito della Casa Bianca contro un intervento militare russo in Ucraina” .

Che dire poi dell’Unione Europea che sabato ha convocato i vertici per una riunione d’urgenza prevista però in agenda solo lunedì, forse per non rovinare il week end ai pezzi grossi di Bruxelles. Eppure la Ue aveva sostenuto a parole il nuovo corso di Kiev e Paesi come Polonia e Germania premono da tempo per far transitare l’Ucraina al di fuori dell’orbita russa per ragioni economiche e strategiche che piacciono anche a Washington. Nessuno sembra però pronto a morire per Kiev, o almeno a sporcarsi le mani, e con simili avversari Putin ha gioco facile nella difesa degli interessi strategici di Mosca che teme di trovarsi in pochi anni radar e missili statunitensi e della NATO in territorio ucraino e guarda con preoccupazione alla destabilizzazione della Bielorussia, ultimo alleato di Mosca in Europa.

Da un punto di vista russo è difficile considerare "invasione" quella condotta nel loro giardino di casa e in un Paese dove 10 milioni di cittadini hanno anche il passaporto russo o sono di ceppo russo e dove è presente la più importante infrastruttura militare del sud della Russia. A Sebastopoli c’è la base navale della Flotta del Mar Nero con 40 unità d’altura, due aeroporti capaci di ospitare fino a 160 velivoli, 26 mila militari più i rinforzi giunti negli ultimi giorni e importanti magazzini e depositi. Da queste basi Mosca estende il braccio operativo della sua flotta nel Mediterraneo e nell’Oceano Indiano ed è da Sebastopoli che partono la gran parte dei rifornimenti per la base di Tartus, in Siria, e per il regime di Bashar Assad.

Non c’è da stupirsi se Mosca difenda i suoi interessi in Crimea e si prepari a gestirne una secessione dall’Ucraina e una successiva adesione alla Federazione Russa. Nonostante Putin abbia ottenuto il via libera dal Parlamento per impiegare le forze armate in Ucraina è difficile ipotizzare un’invasione come quelle dell’era sovietica ai danni di Ungheria, Cecoslovacchia e Afghanistan. Più probabile che Mosca attui interventi più soft a protezione delle comunità russe dell’est ucraino e fornendo armi alle milizie filo-russe come le “forze di autodifesa di Crimea” costituitasi sabato.

Sul fronte della sicurezza la nuova leadership ucraina ha del resto rimediato solo figuracce negli ultimi giorni. Il neo presidente ad interim Oleksander Turchinov aveva diffidato la Russia dal dispiegare le sue forze militari schierate in Crimea al di fuori dell’area della base navale di Sebastopoli ammonendo che un’azione simile sarebbe stata considerata “un atto di aggressione” come disse il 26 febbraio. Ma si trattava di un bluff. L’afflusso di rinforzi russi in Crimea che hanno assunto il controllo dell’intera penisola ha messo in luce l’incapacità dell’Ucraina di controllare il suo territorio. Kiev ha denunciato “l’invasione” ma il premier Arseny Yatseniuk ha dichiarato ieri mattina che l’Ucraina si rifiuta di rispondere “con la forza” alla “provocazione” russa rappresentata dal dispiegamento di forze in Crimea.

Poco più tardi però è stata proclamata la mobilitazione militare e il richiamo dei riservisti ma anche questa misura potrebbe rivelarsi un autogoal. Dei 130 mila militari ucraini in servizio così come tra i riservisti vi sono molti russi, filo-russi o semplicemente fedeli al deposto presidente Viktor Yanukovic riparato in Russia. La chiamata le armi per contrastare “l’invasione russa” in Crimea potrebbe riservare amare sorprese a Kiev come la defezione di reparti e comandanti che (come accadde in Siria) potrebbero rappresentare il primo passo verso la guerra civile. Le avvisaglie in tal senso non mancano. Molti poliziotti dei reparti antisommossa sono già stati accolti in Russia mentre il neo comandante della marina ucraina, l'ammiraglio Denys Berezovsky nominato sabato dal governo ad interim di Kiev, ha assicurato meno di 24 ore dopo con un video la sua fedeltà “alla gente di Crimea”.