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Cricche e appalti, Tangentopoli non è mai finita

Nei primi anni Novanta, Tangentopoli spazzò via il sistema dei partiti, ma non ha debellato la corruzione. Che, anzi, ora si concentra direttamente nelle istituzioni e nelle burocrazie. Le nuove inchieste colpiscono gli esponenti delle istituzioni. Ampliate da media acritici e sensazionalisti, delegittimando tutto il sistema.

Politica 08_07_2016
Inchiesta Fiera Milano

Nei commenti di questi giorni si sprecano gli accostamenti tra le inchieste attuali e quelle di Mani Pulite, quasi che una nuova tempesta giudiziaria stia per abbattersi sui palazzi del potere. A onor del vero le affinità non mancano, ma neppure gli elementi che profondamente distinguono il clima degli anni Novanta da quello odierno.

Nel 1992 il pool di Antonio Di Pietro scoperchia un pentolone di malaffare e corruzione che si annida prevalentemente nei partiti, principali luoghi di aggregazione e mobilitazione politica. Centinaia di parlamentari ricevono avvisi di garanzia, i segretari, i tesorieri e i quadri dirigenti dei partiti di maggioranza, dalla Dc al Psi, dal Pli al Psdi vengono indagati, processati e alla fine in larga parte condannati. Reati ascritti: quasi sempre corruzione, concussione, finanziamento illecito. Le grandi aziende come Eni e Montedison, ma non solo, foraggiavano le campagne elettorali e la propaganda politica e i partiti ricevevano tangenti da esse, in cambio di protezione, aiuti, corsie preferenziali.

Quella valanga giudiziaria spazza via un’intera classe politica, ma risparmia il mondo della sinistra comunista, che vede spalancarsi ampie praterie per poter finalmente conquistare il governo del Paese. Per sbarrare la strada alla gioiosa macchina da guerra di Achille Occhetto scende in campo Silvio Berlusconi, che pagherà le conseguenze di tale scelta, anche in termini di “parossistica attenzione” da parte delle toghe, mai distratte quando si è trattato di indagare sulle attività delle sue aziende e sulla sua vita personale. Perfino gli avversari di sinistra hanno riconosciuto, nel corso degli anni, un imbarazzante accanimento nei confronti dell’ex Cavaliere. Ma anche questa è ormai storia passata, considerato che da anni il leader del centrodestra è fuori dalla vita politica militante ed è decaduto da senatore in seguito all’applicazione della legge Severino.

Oggi, sul versante delle inchieste, sembra succedere qualcosa di profondamente diverso e, per certi aspetti, di molto più preoccupante. In vent’anni i partiti si sono pressochè liquefatti, hanno perso appeal sull’opinione pubblica, oltre che tesserati, e la rappresentanza degli interessi li bypassa sistematicamente e si serve piuttosto di consorterie, cricche, centri di potere. Ma, soprattutto, le inchieste di questi giorni su Expo 2015 e Fiera di Milano e sul faccendiere Pizza e i suoi legami col Ministero dell’Interno svelano profili davvero inquietanti che avvolgono le istituzioni. In altri termini, se vent’anni fa la corruzione si annidava nei partiti e questi ultimi guidavano la politica nazionale condizionando le scelte istituzionali ma senza inquinare direttamente le istituzioni e senza comprometterne la reputazione, oggi a finire nell’occhio del ciclone sono direttamente le istituzioni, i governi, i Ministeri, i Comuni (vedi Mafia Capitale), Expo 2015 e altri enti pubblici come Poste Italiane, che all’epoca dei fatti contestati erano ancora aziende pubbliche non toccate da progetti di privatizzazione. E, per conto delle istituzioni, a gestire questo groviglio di traffici illeciti sono i burocrati, i funzionari, i consulenti, i liberi professionisti che fanno capo a lobby trasversali e per nulla riconducibili agli apparati di partito, ormai svuotati di ogni potere di condizionamento. E’ proprio il caso di dire che Tangentopoli ha travolto il sistema partitico della Prima Repubblica ma non ha in alcun modo isolato il virus della corruzione, che si manifesta e si declina in altre forme e situazioni, coinvolgendo ampiamente altri livelli decisionali.

Tutto questo in barba alle solenni raccomandazioni del governo circa la lotta alla corruzione, ai controlli antimafia, ai proclami dell’Autorità nazionale anticorruzione. Se, nonostante la vigilanza estesa e insistente, la battaglia per la legalità sembra sempre ripartire da zero, il passo dall’illusione di un riscatto morale alla disillusione dell’eterno ritorno di Tangentopoli è sempre più breve.

Le inchieste più recenti, però, a cominciare da quelle che coinvolsero gli ex ministri Lupi e Guidi, fino ad arrivare a quelle esplose nelle ultime ore, finiscono per colpire esponenti e figure simbolo delle istituzioni, non leader di partito. Così facendo, l’effetto finale potrebbe essere la piena delegittimazione delle istituzioni e non solo della politica partitica. Tale processo risulta a dir poco agevolato dall’eterno circo mediatico-giudiziario, fatto di disinvolta pubblicazione di intercettazioni non rilevanti sul piano penale e di stucchevole giustizialismo. I media fanno spesso da acritica cassa di risonanza alle inchieste, alimentando un pericoloso sensazionalismo che è qualcosa di molto lontano dal corretto esercizio del diritto di cronaca volto a informare i cittadini su vicende di interesse pubblico.